Il sogno di Gianni Rodari per i bambini ucraini: riaccendere la luna nel cielo di Kiev
Una filastrocca di 70 anni fa diventa virale in questi giorni di guerra e si trasforma in un libro illustrato da Beatrice Alemagna. Tutti i proventi alla Croce Rossa Italiana

"Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”.
All'inizio di marzo, il più crudele dei mesi, una poesia di Gianni Rodari è rispuntata dall'oblio. Nel forsennato tam tam digitale "La luna di Kiev" ha ripreso a brillare come una piccola preghiera. Rodari la scrisse nel 1955 e la pubblicò con Einaudi nel 1960 in un libro intitolato Filastrocche in cielo e in terra. Era quello il tempo della guerra fredda, del ritorno della paura, della corsa agli armamenti Chissà quale fu la suggestione che spinse lo scrittore ad immaginare una notte in Ucraina, una notte in cui la luna può e sa essere bella da Roma al Perù "senza passaporto".

Pochi versi, deliziosi e potenti, per un inno di fratellanza più attuale che mai. Rodari era un uomo di pace, e per questo amava i bambini e detestava i generalissimi. Così "La luna di Kiev" oggi è risorta lungo le rive del fiume Dnepr, tra le strade insanguinate di Bucha e Kharkiv, nel cielo nero che vomita morte a Kramatorsk e Mariupol. Una luna che è diventata segno di speranza a dispetto delle atrocità della guerra. Una luna piena, benevola, accogliente per un libro appena uscito, illustrato dalla mano leggiadra e sognante di Beatrice Alemagna per Einaudi Ragazzi. Tutto il ricavato delle vendite sarà devoluto alla Croce Rossa Italiana proprio per far fronte all'emergenza Ucraina.
Dietro questa storia di per sé già "bella e buona", ne scorre un'altra, una minuscola coincidenza magica che tanto sarebbe piaciuta all'autore di Omegna. Rodari era un giornalista dell'Unità, fu cronista, inviato e capo delle culture proprio come la sottoscritta. Anche Beatrice Alemagna ha lavorato per il quotidiano di Antonio Gramsci inventando per il giornale allora diretto da Concita De Gregorio una creatura che saltabeccava tra editoriali e articoli importanti: la Piccoletta. Alemagna, che ha molto del talento di Rodari nel comunicare con i bimbi, la descriveva così: "Come tutti i bambini, Piccoletta esita, dubita, non capisce e dice cose ingenue, viste dal suo sguardo incuriosito, incapace di analizzare le cose con sicurezza. Eppure, nella confusione del mondo in cui vive, è una bambina decisa e piena di fantasia". Ce ne vuole oggi di fantasia, e bei sentimenti, e coperte morbide come carezze, coperte puntellate di stelle per far fronte a questo tempo infelice.

Gianni e Beatrice insieme sono una coppia fantastica, "fanno lume a tutti quanti", e questa è la seconda volta in cui Alemagna mette i colori alla voce di Rodari. Era già accaduto con l'albo "A sbagliare le storie", altro libro dedicato ai piccini, ma ottimo come antidoto per le amarezze degli adulti dove un Cappuccetto giallo incontra in un bosco, pensate un po', una giraffa (o forse era un cavallo? Chissà).
Rodari arriva nella redazione milanese dell'Unità dopo un percorso all'interno dell'Azione Cattolica: è il 1950. Una decisione, la sua, che gli costerà perfino la scomunica della Chiesa. E' bravo, brillante, sa raccontare le storie al punto che viene chiamato a Roma da Giancarlo Pajetta per fondare e dirigere il Pioniere, il "Settimanale di tutti i ragazzi d’Italia”. Come riporta Paolo Fallai in un articolo su Treccani Magazine dal titolo fulminante ("Il comunista mangiato dai bambini") Gianni "elabora il suo linguaggio giornalistico: da una parte dando voce alla rivolta etica contro il non detto, il taciuto, il nascosto del recente passato fascista; dall’altra rivolgendosi ad una platea di lettori che vive la ritrovata libertà come passione e sete di partecipazione e conoscenza dopo anni di arsura ignorante". E' una palestra formidabile quella dell'informazione quotidiana. Ed è qui che il cronista diventerà il più noto, capace, acclamato narratore per i piccoli. Lo confesserà lui stesso, in un'intervista: «Sono diventato scrittore per bambini per caso. È stata una necessità professionale in una pagina domenicale del giornale dove lavoravo, serviva qualcosa per i bambini. È così che incominciai a scrivere racconti ed è stata una scoperta anche per me stesso, che poi mi ha interessato spingendomi a capire che mestiere era, che senso aveva».

Fallai cita Carmine De Luca che ha studiato il Rodari giornalista e che annota: «egli mostra evidente il gusto di raccontare: concepisce il giornalismo come racconto. (…) Siamo praticamente ai confini tra giornalismo e fiaba senza che nessuno si senta tradito. Il gusto di raccontare è la cerniera tra cronaca e invenzione fantastica». Lo scrittore usa le pagine del quotidiano (prima l'Unità, poi Paese Sera) per parlare ai ragazzi di guerra, di razzismo, di democrazia, di liberta. Ed è profetico, chiaroveggente, mirabile. Per questo oggi rileggere "La luna di Kiev", quasi 70 anni dopo, è un'emozione e un gesto di pace sovversivo. Leggere una filastrocca da dedicare ai bambini, prime vittime delle follie venefiche dei grandi. Riprendiamoci il cielo, restituiamolo ai piccoletti. Come cantava Claudio Lolli: "Siamo noi a far bella la luna". Soprattutto quella che anche stanotte brillerà in Ucraina.