La Francia è da 40 anni sull’orlo di una guerra civile: ecco perché le 'Banlieue' sono spesso in rivolta
Per capire questo fenomeno di malessere sociale costante vi consigliamo un libro del 2010 ma sempre attuale, "Là-bas la banlieue. Rivolte, media e immigrazione nel contesto francese"
"Non chiamatele sommosse, sono solo rivolte" scrivono ogni paio di anni i media francesi. La differenza sta nel fatto che le prime sono tumulti popolari contro il governo o il potere costituito. Mentre le seconde moti collettivi, istintivi e violenti, di ribellione contro l'ordine costituito. La differenza è sottile ma significativa. I francesi bianchi credono, ancora dopo 40 anni, che le 'Banlieue' siano una realtà collerica, senza una guida, mossa solo da una scintilla peiodica di rabbia. Violenza gratuita senza un obiettivo netto.
«La Francia è sull’orlo di una guerra civile». È il messaggio che da quarat’anni ormai accompagna le rivolte che sconvolgono regolarmente le periferie francesi. Quando les indigéns de la Republique, i figli della Repubblica, si ribellano, risolvendo rabbiosamente quel conflitto interiore, ormai parte della loro vita. Un’esistenza che li relega lontano dagli eleganti e spaziosi boulevard, dalle metropolitane e dagli autobus, dai supermercati o dagli stadi, dalle università e dalle biblioteche, al di là dei raccordi anulari. E li costringe a stare là-bas, là nelle banlieue. Luoghi dove la diversità, la varietà culturale e razziale della società francese assume i tratti ineffabili della marginalità, della relegazione, della messa al bando, dove la diversità diventa differenza e i quartieri chic del centro cittadino diventano ghetti: quartieri etichettati come periferie “sensibili” dove i giovani sono disoccupati, i politici assenti, i servizi sociali e sanitari scarsi. Estraniati dal contesto sociale, culturale e spaziale cittadino gli abitanti delle banlieue però non ci stanno. Non accettano questa condizione. E lo manifestano.
Considerati da sempre cittadini di seconda categoria reagiscono in modo violento alla crisi sociale e alla segregazione che li affligge, cogliendo nei media la possibilità di dar voce alla frustrazione accumulata nel tempo. Gli incendi vengono così concepiti come “atti telegenici”, utili per dare visibilità alla collera. Un ruolo ambiguo quello svolto dai media nel racconto delle periferie, che va al di là della rivolta, al di là dei fuochi e dei fumi e si insinua negli aspetti della marginalità francese. Quella che non grida, non protesta, non si ribella. Ma soffre. In silenzio.
Ogni qual volta queste generazioni disperate si rivoltano, l'Europa attonita si chiede perché. Cosa ha sbagliato la Francia in tema di integrazione. Una domanda fatta con la paura di trovare una risposta per tutti i Paesi ex colonialisti che hanno integrato popoli cancellando la loro identità. Vi consigliamo per questo un libro del 2010 ma sempre attuale, "Là-bas la banlieue. Rivolte, media e immigrazione nel contesto francese", che ha ottenuto un importante riconoscimento dalla giuria del Premio Internazionale di Giornalismo Maria Grazia Cutuli. L'autore è Vincenzo Sassu laureatosi alla Sorbona e testimone lui stesso nei suoi anni di studio a Parigi della forte tensione sociale.
Nonostante il libro sia stato pubblicato 13 anni fa, questo volume offre sempre una attuale e puntuale analisi del fenomeno sociale immigratorio della Francia degli anni 2000. La stessa che ha subito più attentati terroristici di matrice islamica di qualunque altra nazione occidentale, da parte di giovani francesi che in alcuni casi non avevano mai visitato in vita loro i Paesi di origine dei loro genitori o addirittura nonni.
In questo libro straordinario si parla di francesizzazione, pratica che modifica i cognomi e non integra ma inglobba individui con storie diverse in un modello occidentale considerato a prescindere migliore. Se i romani lasciavano diritto ai popoli conquistati, 2000 anni fa, di continuare a essere se stessi, i francesi hanno preteso da persone non francesi di scordare le proprie radici, annientare la propria storia e crescere i propri figli senza memoria. Tutto questo, a cicli, porta le banlieue, sobborghi di periferia con una forte e marcata presenza di immigrati di seconda e terza generazione (quindi del tutto francesi) a sentirsi ancora schiavi delle colonie a casa loro.