Che cos'è il Graal? I tanti volti di un mito millenario tra Indiana Jones, nazisti, Dan Brown e Umberto Eco
Lo studioso Matthias Egeler raccoglie in un libro tante storie su questo oggetto del desiderio: dai cavalieri di re Artù a Dan Brown passando per Wagner e Umberto Eco, tra immaginazione e ideologie distruttive
Se c’è un oggetto sfuggente e mitico che ha generato una quantità enorme di storie, musiche, film, ricerche nei luoghi e nei meandri più improbabili e nei castelli, un oggetto che dalle leggende su re Artù porta a Indiana Jones passando per le fissazioni di criminali come il nazista Himmler, quell’oggetto è il Graal. È un calice? In una delle tante versioni, quel calice avrebbe contenuto il sangue di Cristo raccolto durante l’ultima cena per cui, per Dan Brown in testa, la dizione corretta non sarebbe “santo graal” bensì “sang real”, sangue reale, quello di una dinastia segreta generata da Gesù e di Maria Maddalena sparsi per il mondo. Oppure è una coppa di vetro blu come alcuni hanno creduto? Una ciotola? Oppure una pietra fonte di energia che per magia guarisce da ogni male e ringiovanisce? È tutto questo e anche molto altro, il Graal, un autentico ispiratore di storie spesso intricatissime nei secoli e di ricerche concrete e pseudoscientifiche non senza risvolti talvolta comici, più spesso inquietanti.
Storie dal Medioevo a oggi nel libro di Egeler
Lo studioso Matthias Egeler ha scritto un libro che esce ora in italiano per il Mulino: è breve, poco meno di 150 pagine, eppure denso di fatti e storie dal Medioevo ai nostri anni: Il “Santo Graal. Storia del calice di Cristo da Artù a Indiana Jones” (144 pagine, 15 euro, traduzione di Carla Salvaterra). Una carrellata attraverso le epoche e storie di ogni genere: può diventare materia artistica, spunto di ideologie neo-pagane, ispirazione mistica o misticheggiante, restare nell’alveo cristiano, essere fonte di risorse soprannaturali. Una risorsa inesauribile per viaggiare con la fantasia.
Harrison Ford vede gli effetti del Graal
Esiste un Graal per ogni gusto e ideologia: in sostanza dipende dalle nostre inclinazioni, dalle nostre suggestioni quale forma si voglia dare. O diventare perfino parodia: basti pensare a un divertente film di quegli scatenati inglesi dei Monty Python. Mentre l’Harrison Ford nell' “Ultima crociata” di Steven Spielberg, nelle sequenze finali nel tempio scavato nella roccia in cui è custodito da secoli il sacro oggetto, vedrà con i propri occhi quali effetti curativi istantanei può avere l’acqua della coppa versata sul padre catturato dai nazisti e ferito (Sean Connery). L'archeologo pronto alle avventure vedrà quali conseguenze distruttive può avere su chi vuole portare via l’oggetto dal tempio, su chi insegue quel calice per assumere il potere sul mondo. Fanta-archeologia, nazisti, acqua purificatrice, cavalieri che vivono secoli, miscelati con una bella dose di ironia: molti ingredienti delle storie intorno al Graal ci sono tutti e l’esito, lo sapete, è una avventura gustosa, divertente.
Egeler insegna nell’Istituto di Filologia norrena della Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco e parte dall’inizio, dal Medioevo, con le leggende del ciclo di re Artù, dai romanzi in versi del poeta francese del XII secolo Chreten de Troyes. Pagina dopo pagina, in sintesi, Egeler arriva anche alle pagine più inquietanti, là dove il mito – osserva – si intreccia spesso a spinte nazionaliste, di purezza di sangue e della razza, affascinando non a caso gerarchi nazisti di primo piano come Himmler, tra esoterismo e fissazioni, e perfino quel maniaco distruttore di Hitler.
Wagner e il cavaliere puro
Il passaggio determinante per la fascinazione del dittatore e dei suoi scherani fu Wagner, nel secondo '800, con due opere: prima il “Lohengrin”, poi l’ultima del musicista, il “Parsifal”, con il cavaliere misterioso che arriva su un’imbarcazione trascinata da un cigno bianco (simbolo di purezza, ci mancherebbe altro). Il compositore considerava il suo “Parsifal” un rito religioso, sacro, mica una semplice opera lirica. “Dal Parsifal costruisco la mia religione”, dirà Hitler come ricorda Egeler. Il quale riepiloga la vicenda, che sfiora il ridicolo se non fosse tragica, di Otto Rahn: storico, militare, scrittore, aderì convintamente al nazismo, cercò il Graal nelle grotte intorno a un castello nei Pirenei francesi dove gli eretici catari avevano subito un assedio dalle forze del Papa e ne uscirono sconfitti. Anni dopo Rahn finì per suicidarsi con il veleno nel 1939 benché fosse sodale, nella ricerca del Graal, di Himmler stesso: era emerso che Rahn era gay, gli omossessuali per i nazisti dovevano fare la medesima fine di ebrei, rom, disabili e oppositori e l’alternativa al veleno era un campo di concentramento. Da Wagner alla svastica nazista, dal saggio si intende bene quanto ideologie ossessionate dall’idea di una presunta “purezza”, mescolando magari cristianesimo, miti celtici, neopaganesimo e altro, abbiano attinto al mito del Graal.
Umberto Eco con ironia
Come questo mito abbia irretito fan dei nazisti, teorie complottiste ed esoterismo lo dimostra, con sapiente ironia e auto-ironia, Umberto Eco nel suo “Pendolo di Foucault”: per un personaggio avido, criminale e già collaboratore del nazismo il Graal sarebbe una fonte di energia, perfino di origine extraterrestre, mescola Gesù, la mitologia nordica, quella ariana, le Crociate, in un calderone volutamente assurdo ma pericoloso. “Eco evidenzia il potenziale oppressivo del mito del Graal se monopolizzato da estremismi politici”, scrive Egeler: Il narratore e semiologo lo collega alle ricerche di Hitler, a Julius Evola, teorico del “fascismo e più recentemente, della Nuova Destra”. Così l’oggetto del desiderio diventa anche “potenziale vessillo di una minaccia estremista neofascista”, annota lo studioso. Dan Brown invece virerà il mito in un simbolo pop e fantasy globale, fra trame oscure, rivelazioni e ricerca della verità, conquistando pacificamente lettori in ogni angolo del pianeta.
Egeler: il Graal, una storia per tutti i gusti
Egeler scrive nelle pagine finali: “Il Graal, che secondo i testi originali è stato sottratto a questo mondo e quindi si supponeva che non fosse da nessuna parte sulla Terra, in realtà sembra poter essere trovato ovunque. Una ragione essenziale di questa versatilità sembra risiedere nel suo vuoto di significato. All’inizio della storia del Graal può esserci stato un mito precristiano dei Celti delle isole britanniche”, poi la leggenda ha preso diramazioni di ogni genere.
La domanda essenziale è: “cos’è il Graal”? “Le risposte […] sono così diverse che non hanno quasi più un punto in comune”. Le credenze prendono quindi strade perfino opposte: può rimandare a una “Grande dea pagana”, precristiana, oppure a una “linea di sangue di Gesù che sarebbe sopravvissuta fino ai giorni nostri”, che è il filo seguito nel “Codice da Vinci”. In pratica è come una “tela bianca” su cui epoche e luoghi diversi proiettano sogni e desideri diversi in rapporto ai bisogni culturali ed emotivi, magari sotterranei, di quella civiltà. “La sua qualità essenziale, e il segreto del suo successo, sembra essere la capacità di riflettere quasi ogni idea e desiderio concepibile”, conclude lo studioso. Che pare essersi divertito molto a tracciare una selezione di storie che potrebbe essere infinita.