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Fabrizio Gatti racconta a più giovani il naufragio della nave dei bambini: "Il mio è un inno all'amore e alle donne"

Il giornalista milanese affronta il dramma dei migranti morti nel Mediterraneo, protagonista Mabruk, un bambino che sta per nascere

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
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Un inno all'amore e alle donne: così Fabrizio Gatti, giornalista e scrittore milanese, considera il suo ultimo "Nato sul confine", romanzo per ragazzi e ragazze in libreria da pochi mesi con Rizzoli.

Gatti, 57 anni, una vita dedicata al giornalismo di inchiesta e in particolare al giornalismo sotto copertura, è stato a Cagliari pochi giorni fa ospite del festival di letteratura Tuttestorie per raccontare il suo libro, una storia che ha come protagonista e narratore un bimbo non ancora nato.

"Ventiquattro ore prima della mia nascita, alle diciassette in punto del 10 ottobre, mia mamma è seduta accanto all'autista di un furgone nero e arroventato dal sole – così l'incipit del romanzo. - Io sono dentro la sua pancia, probabilmente a testa in giù". La donna viaggia da sola, ha lasciato il marito ad Aleppo con la promessa di ritrovarsi presto, con lei ci sono altre famiglie in fuga da una Siria devastata dalla guerra. Qualcuno ha promesso di portare uomini, donne e bambini al sicuro, in un paese che promette accoglienza: c'è un lungo viaggio in autobus attraverso la Libia e poi in barca verso le coste meridionali del Mediterraneo.

Non conosciamo i nomi e i protagonisti di questo viaggio, tuttavia è una storia che conosciamo fin troppo bene: racconta di persone costrette a lasciare la loro casa e i loro affetti, per fame, necessità o per il terrore di morire sotto i bombardamenti, racconta dell'assurdo paradosso di affidarsi a una banda di criminali per varcare un confine, dell'incredibile viaggio verso un paese, l'Italia, che assicura protezione solo a chi si trova già dentro il suo territorio.

Mentre scorriamo le pagine, inizia a tornarci alla memoria la vicenda che Fabrizio Gatti racconta qui sotto forma di  romanzo di finzione: un peschereccio che trasportava quasi 500 persone soprattutto siriane è affondato a 60 miglia dall'Isola di Lampedusa, è l'11 ottobre 2013. In quella che è ricordata come una delle più gravi tragedie del Mediterraneo, dopo appena una settimana da un altro terribile naufragio nelle stesse acque con 368 vittime, moriranno 286 persone. La barca è stata chiamata "la nave dei bambini" perché portava con sé tantissime madri con i figli: 60 sono morti annegati.

E' una storia triste, assurda, crudele, sulla quale ancora oggi c'è un processo in corso per omissione di soccorso e omicidio colposo: secondo la magistratura il naufragio si sarebbe potuto evitare, se solo i soccorsi fossero intervenuti subito e non cinque ore dopo la prima chiamata. Eppure per Gatti, che ha dedicato al tema un lungo e complesso lavoro di indagine, è anche una storia d'amore, con due sposi che si amano sotto le bombe, un bimbo che resiste al viaggio e alla violenza e che infine viene al mondo nonostante la disperazione attorno a sé con il nome di Mabruk, che significa buon augurio.

E una storia di donne: Naya e Ola sono le due dottoresse che hanno aiutato la giovane madre a partorire nei momenti più drammatici del naufragio, rischiando la loro stessa vita mentre le autorità maltesi e italiane si rimpallavano la responsabilità. "E' una tra le vicende eticamente più abissali della nostra storia – ha sottolineato Gatti durante l'incontro a Cagliari, accompagnato da Annalisa Camilli che ha presentato un'altra storia di confini, 'L'ultimo bisonte' pubblicato da La nuova frontiera - fa venire i brividi pensare di condividere la nostra Costituzione con persone che di fronte alle suppliche di un papà si mettono a calcolare le aree di competenza sui soccorsi”.

"E' importante raccontare ai ragazzi e alle ragazze, che sono i cittadini di domani, le storie come avvengono nella realtà - ci ha detto Gatti in una breve intervista subito dopo l'incontro - Ho scelto di dare la voce a un bambino che nasce in un peschereccio che lo porterà verso l'Europa, una storia con le informazioni vere, spero che questo bambino prenda per mano i nostri ragazzi e li accompagni lungo le rotte che per fortuna non dobbiamo percorrere ma che è bene conoscere". 

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
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