Maturità nel ricordo di scrittrici e scrittori: Eco prese un voto modesto, Maraini buttò in terra la Commedia
C'è chi ha cancellato quel giorno, chi lo rivive come un incubo. E in un libro della Utet una serie di autori e autrici "gioca" con le tracce che non scelse
Speriamo sia la volta buona: un tema che parta da un testo, un'opera di una donna. Perché la scuola italiana, dal 1999 al 2022, ha cancellato le scrittrici come spunto per l'esame di maturità. Il che la dice lunga, almeno, sul livello di cultura generale di questo Paese per il quale autrici come Deledda, Ginzburg, Elsa Morante o Sibilla Aleramo non sono mai esistite. Maturità, dunque. La prova delle prove, quella che torna come un incubo anche negli anni a venire, persino peggio della discussione della tesi di laurea. Perché è lo scalino tra il prima e il dopo: la giovinezza bambina e l'età adulta delle scelte, del futuro.
Così Ivan Carozzi, giornalista e autore tv, ha coinvolto in un gioco di memoria una serie di autori e autrici. A ogni partecipante sono state consegnate i temi dell’esame di maturità del proprio anno, chiedendo di sceglierne uno e svolgerlo in piena libertà. Il risultato si intitola Che traccia hai scelto (Utet, pagg. 192, euro 17), un libro curioso e divertente che vede schierati, tra l'altro, Bianca Pitzorno, Barbara Alberti, Maria Grazia Calandrone, Alessandro Gori, Diego Marcon, Sandra Petrignani. Pitzorno, in particolare, non ha memoria della maturità ma invece ricorda benissimo un'altra prova. E scrive: "L'anno della mia terza liceo ci toccò di svolgere un tema sull'Unità d'Europa. Io avevo fatto qualche viaggio fuori dalla Sardegna ma non ero mai stata fuori dall'Italia. Eppure ero fermamente convinta che le nazioni europee dovessero unirsi. Quattro anni prima la Ceca (Comunità europea del carbone e dell'acciaio) si era trasformata in Cee, Comunità economica europea, alla quale appartenevano l'Italia, il Belgio, la Francia, la Germania, il Lussemburgo e i Paesi Bassi. Il mio tema conteneva una proposta alquanto drastica (ispirata forse a La città del sole di Campanella, o al fatto che l'anno prima mi ero innamorata di un bellissimo diciassettenne tedesco venuto in campeggio in Sardegna). Bisognava vietare per una cinquantina d'anni tutti i matrimoni tra persone della stessa nazionalità, in modo che i figli di queste coppie e i figli dei figli a un certo punto non potessero più dirsi italiani, spagnoli, francesi, tedeschi, ma soltanto europei". Nonostante il pensiero ardito, il componimento vinse un premio e l'autrice sassarese, con altri trenta coetanei, volò a Torino per il Centenario delle Celebrazioni dell'Unità d'Italia.
Il gioco più in voga, in prossimità della maturità, è dichiarare il voto finale. Che a volte è un'amarezza, anzi "un'ingiustizia" come raccontò Umberto Eco. Che scrisse un tema, di ben otto pagine sugli «Orientamenti del pensiero politico italiano nella prima metà del secolo XIX». Prese un 6,5, una valutazione che non riuscì mai a digerire.
Ascanio Celestini smonta invece la retorica epica dell'esame. «Viene descritto da molti come momento fondamentale e invece secondo me è solo un passaggio. La maturità non è così importante. Io comunque feci il tema d’italiano su Leopardi e all’orale portai storia e filosofia. Ma lo scritto di greco andò malissimo». Dacia Maraini rammenta solo l'imbarazzante incidente di cui fu protagonista: "La Commissione mi consegnò durante l'orale il volume della Divina Commedia che mi cadde dalle mani e rotolò per tutta l'aula, scatenando le risate dei presenti".
Dario Fo, Premio Nobel per la letteratura, serbava invece una memoria dolce della sua maturità e della scuola di un tempo: "C’era un coinvolgimento così stretto fra allievi e professori e un’atmosfera che faceva di quell’evento il coronamento di un percorso di studi. Mentre oggi c’è un senso di esame finale da “prendere o lasciare”, un’angoscia da fine del mondo. Sembra piuttosto che i ragazzi partecipino a un quiz televisivo, dove giocarsi il tutto per tutto».
E voi che ci leggete, che ricordo avete di quel giorno?