Le copertine dei libri? Un viaggio tra colori, quadri che parlano, segni grafici e grandi segreti
Al Castello di Santa Severa una mostra celebra "il volto" di romanzi famosissimi. Da Morante a Salinger

Anche nelle librerie più rigorose, nelle biblioteche d'alto lignaggio, diventa difficile non mettere assieme, l'uno accanto all'altro, i volumi dell'Adelphi, quell'arcobaleno pastello. In "L'impronta dell'editore" Roberto Calasso, che con Luciano Foa e Roberto Bazlen inaugurò a Milano la collana di "testi unici", annotava: "Puntammo sul colore e sulla carta opaca. Quanto ai colori, quelli in uso allora nell’editoria italiana erano piuttosto pochi e piuttosto brutali. Rimanevano da esplorare varie gamme di toni intermedi". E così fu. Più giù, nella Palermo barocca, sanguigna ma di pratiche raffinate, arrivarono piccoli libri di un blu mai visto. Enzo Sellerio, editore con la moglie Elvira e il figlio Antonio, spiegò che quel cromatismo, quella tinta, fu una pura invenzione. Ma invece divenne marchio di fabbrica: l'illustrazione d'arte al centro delle copertine e la carta prodotta a Fabriano, porosa e inconfondibile.
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Libri, le copertine che hanno fatto la storia
Non sono semplici particolari ma gesti pensati, oppure miracoli di strategie improvvisate, che rendono unica la produzione letteraria in Italia. A tutto questo, e ai particolari inediti che si celano dietro un romanzo o un saggio, è dedicata una mostra da non perdere. Si intitola "Il volto dei libri", si tiene sulla costa laziale, nel Castello di Santa Severa, tra Roma e Civitavecchia. E fino al 19 di settembre i due curatori - Giuseppe Garrera e Igor Patruno - ci conducono in un mondo parallelo, frusciante, imprevedibile. Sono 70 anni di copertine di libri editi in Italia. Per dirci che l'impatto visivo, talvolta, è esso stesso contenuto.
Sono volumi e storie che hanno "vestiti" celebri "realizzate da formidabili artisti, immaginate da raffinati pubblicitari, fortemente volute da grandi scrittori". Cosa ci dicono queste copertine? Ci raccontano stili, manie, segni d'epoca. E a volte spaccati privatissimi, gesti di definitivo amore, di conflitti senza lieto fine.
Partiamo da Elsa Morante, ad esempio, che nel 1959 a New York conobbe Bill Morrow, pittore. Un amore complicato, l'ennesimo per la scrittrice romana. Un uomo bellissimo, pieno di talento, morto suicida dopo un volo infinito dall'Empire State Building. Morante volle allora due opere di Morrow per immortalare quel rapporto. Dipinti che campeggiano sia sul frontespizio de "Lo scialle andaluso” che sulla copertina de “Il mondo salvato dai ragazzini”.
Anche Carlo Emilio Gadda pretese un quadro per illustrare nel 1963 "La cognizione del dolore", uno dei capolavori del Novecento . E' un'opera di Bernardo Bellotto conservata alla Pinacoteca di Brera: “Veduta della Gazzada con la villa Melzi d’Eril". Sembra una bizzarria d'autore, visto che il romanzo è ambientato in uno stato immaginario del Sudamerica mentre il dipinto raffigura uno scorcio di una dimora storica a Bellaggio, nel comune di Como. Gadda non è però soddisfatto. Ci vorranno cinque edizioni del libro, fino ad arrivare al 1971, perché la copertina sia quella definitiva, quella in cui si vede la casa brianzola dello scrittore e soprattutto la sua famiglia. Ovvero la famiglia dileggiata, massacrata, fatta a pezzi che incontriamo nella "Cognizione", biografia romanzata di Gadda che ha al centro il rapporto crudele e ostile con i genitori.
La mostra al Castello di Santa Severa è davvero un percorso unico per capire quanto l'involucro racconti il contenuto, quanto la forma sia sostanza. Ecco dunque le ideazioni meravigliose di Bruno Munari per Einaudi e soprattutto per Bompiani, quella collana chiamata "Satelliti" con i testi di Eco e Zolla le cui copertine sono estasi grafica e concettuale. Come il bianco accecante, nudo dell'edizione 1989 de Il Giovane Holden su precisa volontà di J.D. Salinger, omaggio alla misantropia dello scrittore americano. Quel suo tentativo di non esserci, non mostrarsi, non apparire pur di lasciarci solo le parole e i pensieri di un sedicenne inquieto, "alto e magro come un chiodo" e con i capelli già grigi.
Garrera e Patruno con questa accurata esposizione - una "quadreria" la definiscono - ci consegnano le loro private collezioni dal 1950 ad oggi, quasi tutte prime edizioni, difficilmente rintracciabili oggi. Un viaggio "tra libri da vedere e non da leggere, ma che già alla vista dicono, esprimono, commuovono".