Alessandro Manzoni, altro che noioso: era un rivoluzionario divertente e perfino un libertino sexy
A 150 anni dalla morte dell'autore ritorna la disputa sullo scrittore meno amato dagli studenti. Ma un saggio intitolato "Il cuore è un guazzabuglio" gli rende finalmente giustizia
Alzi la mano chi non ha detestato quel tomo sul banco, almeno 600 pagine a seconda dell'edizione. Quella di Zanichelli, anni Settanta/Ottanta, aveva una copertina gialla, "a cura di Eurialo De Michelis". Titolo: I promessi sposi di Alessandro Manzoni, ovvero la pietra d'inciampo di eserciti di adolescenti costretti a ripetere a memoria il (quasi) incipit : "Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutte a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte...". Eppure, oltre la costrizione scolastica, quel "mattone" - ovvero una "storia milanese del 17esimo secolo" - è oggettivamente un capolavoro, non solo in quanto primo, vero, autentico romanzo popolare. Ma la disputa tra detrattori ed entusiasti è sempre in agguato quando si parla dell'opera di Don Lisander ("Don Alessandro" in milanese): Edgar Allan Poe se n'era invaghito perdutamente mentre Ken Follett, di recente, ha bollato il libro come "terribile". E che dire del duello tra Moravia e Gadda, l'uno ben critico per via della ipotetica propaganda cattolica, l'altro a difendere "il Manzoni" in quanto "realista della stessa tempra e della stessa temperie di Caravaggio, capace di mettere in risalto la «grave tristezza» di un Barocco che è quasi sentimento più che periodo storico.
Oggi, quasi a ridosso del centocinquantesimo anniversario della morte dello scrittore (22 maggio 1873), la critica si è definitivamente rappacificata con Don Lisander. Pangea, la coltissima rivista culturale on line, lo definisce un gigante al pari di Dostoevskij per quel" proprio, raffinatissimo, linguaggio, una invenzione continua". Un genio che sta "nel sottosuolo dell’uomo, è affascinato dagli sguardi inquieti, dall’ago che turba la quiete. I suoi personaggi, a parte Lucia, vagano nella contraddizione, arsi dal caos". Antonio Gurrado, uno dei più grandi esperti di Illuminismo e docente a Pavia, si è spinto oltre. E sulle pagine del Foglio ha lanciato una provocazione da raccogliere: per salvare Manzoni smettiamo di farlo studiare a scuola. Scrive Gurrado: "Essendo una lettura obbligatoria, si legge per finta. I Promessi sono un affresco sofisticato e capillare del nostro carattere nazionale, incarnato in un lessico adamantino costato decenni di fatica. Trovatemi un autore italiano contemporaneo che lavori così e ne riparliamo. Leggerlo a scuola significa tuttavia sottoporre questo lavoro maestoso alla sintesi, alla parafrasi, alla banalizzazione della verifica, al tema sulla colonna sinistra del protocollo, alla spiegazione approssimativa del supplente". Insomma, mai come di questi tempi il Manzoni è tornato in auge. Lo dimostra un delizioso saggio di Eleonora Mazzoni appena uscito per Einaudi: Il cuore è un guazzabuglio (pagg. 157, euro 14). Ebbene, l'autrice riesce a mescolare la vita avventurosa, addirittura rivoluzionaria di Don Lisander con i protagonisti del suo capolavoro. Scopriremo così un uomo divertente, conversatore amabile, "all’avanguardia su tutto, animato da un ardente fuoco politico, da giovane fu ribelle e libertino, rimanendo inquieto per tutta l’esistenza. (...) I promessi sposi riflette tutte le passioni che hanno agitato una vita avventurosa e piena di tumulti emotivi: l’abbandono materno, l’assenza di un padre, il travaglio spirituale, la lotta civile per un’Italia unita e libera dall’oppressore straniero".
Solo il capitolo dedicato alla Monaca di Monza, audacissimo e controverso personaggio esistito per davvero, merita la lettura di questo libro amorevole, attento, spiritoso eppure profondo che cancella ogni traccia di polvere dalla marsina di Manzoni. In un articolo per Il Fatto Quotidiano Eleonora Mazzoni racconta la scoperta de I Promessi Sposi avvenuta non a scuola ma in una torrida e noiosa estate in cui era una ragazzina. E sottolinea: "In quel libro non c’è il Seicento solo per parlare dell’Ottocento ma anche di noi “inquieti di oggi”. Perché al centro del più grande romanzo popolare d'Italia c'è l'uomo con il suo carico di ombre e luci, bellezza e orrore, miserie e nobiltà. L'uomo che "dovrà sempre affrontare la questione essenziale che si trova alla fine dell'opera: scegliere di coltivare la fiducia oppure cedere alla disperazione". Ben tornato tra noi Don Lisander.