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"I (social) media che vorrei": ecco le regole a tutela del bene collettivo tra Metaverso e Intelligenza artificiale

Nel nuovo lavoro del professor Ruben Razzante le linee per elaborare la normativa della democrazia della Rete e agevolare, con umiltà e sensibilità, il benessere collettivo con una visione prospettica che guarda al futuro

Ignazio Dessi'di Ignazio Dessi'   

Non è facile stare al passo dell’evoluzione del sistema mediatico. Per farlo occorre dar vita a un “coro polifonico” rappresentativo di tutte le anime e identità che popolano l’ecosistema mediale. Un'ardua impresa cui si è sottoposto col suo nuovo libro I (social) media che vorrei. Innovazione tecnologica, igiene digitale, tutela dei diritti (FrancoAngeli) il professor Ruben Razzante, Docente di Diritto dell’informazione, Diritto europeo dell'informazione e Regole della comunicazione d’impresa all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Docente di Diritto dell'informazione al Master in giornalismo dell'Università Lumsa di Roma. L'ha fatto utilizzando le lenti delle aziende editoriali, delle piattaforme web e social, delle Authority, degli studiosi, dei giornalisti, dei comunicatori e delle nuove figure professionali impegnate nel settore, ed ha ottenuto un prezioso risultato. L'analisi non certo superficiale ha consentito di prefigurare possibili interventi legislativi e nuove linee guida finalizzate a governare al meglio gli urti dei cambiamenti indotti dalla digitalizzazione.

Abbiamo intervistato Ruben Razzante su questo interessante, spinoso ed attualissimo argomento.

Professore, non è facile leggere l’evoluzione del sistema mediatico. Lei però ha sempre cercato di dare una mano a chi volesse comprendere cosa stava accadendo nel settore. Che chiave di lettura offre questa sua ultima fatica?
“Lo sforzo è quello di individuare i criteri della logica evolutiva della problematica. Io credo di essere facilitato dal fatto che, negli anni in cui non produco una nuova edizione del mio Manuale di Diritto dell'informazione e della comunicazione, raccolgo i contributi miei e di grandi esperti all'interno di volumi di approfondimento ma anche di taglio divulgativo. Dentro questa dinamica elaborativa sono nati nel 2018 L’informazione che vorrei, nel 2020 La rete che vorrei ed ora I (social) media che vorrei. Tutte pubblicazioni scritte a più mani. Io scrivo dei saggi ma riporto anche inediti di personaggi delle istituzioni, del mondo della Rete e dei media che approfondiscono aspetti dell'evoluzione in materia”.

Come ha funzionato in concreto?
“A ciascuno dei coautori è stato chiesto di raccontare esperienze, di svolgere riflessioni attinenti al suo ambito di impegno professionale, aziendale e istituzionale e di formulare auspici e proposte, al fine di poter mettere a disposizione dei lettori una rappresentazione fedele di quanto sta accadendo nel mondo dei media e una proiezione verso quelli che potranno ragionevolmente essere gli scenari futuri. Il nuovo volume ospita riflessioni incentrate sul ruolo che le regole, i principi, le competenze, le professionalità, gli asset strategici e le buone pratiche possono avere nella costruzione di una democrazia digitale inclusiva, rispettosa dei valori della persona e imperniata su un corretto e maturo rapporto tra uomini e tecnologie. Informare correttamente su queste tematiche affrontate nei vari contributi raccolti in questo saggio diventa oggi cruciale per l’esercizio di tutti i diritti di cittadinanza digitale”.

Ruben Razzante

Un vero sforzo multidisciplinare
“La multidisciplinarità che anima questa pubblicazione può diventare un sistematico approccio istituzionale alla delimitazione dei confini del terreno di gioco. Scrivere le regole tutti insieme, con una visione prospettica che guarda al futuro senza cedere alla schiavitù del presentismo, vuol dire applicare alla democrazia della Rete il metodo socratico della maieutica. Agevolare, con umiltà e sensibilità al benessere collettivo, la graduale emersione di stimoli costruttivi può orientare l’evoluzione della dimensione digitale verso radiosi approdi, nel segno dell’equità, dell’inclusività e dell’ottimizzazione delle potenzialità di ciascuno”.

E questo ha un senso particolare?
“Il senso è che dopo la pandemia, che ha portato ad un’accelerazione della digitalizzazione, a livello tecnologico si pongono nuove sfide, alcune inimmaginabili, rispetto al passato”.

Che tipo di sfide?
“Sfide che riguardano, per esempio, la tutela dei diritti in rete alla luce della galoppante innovazione tecnologica. Quindi, se prima c’erano "solo" temi  come le fake news, la privacy o le offese in Rete, adesso parliamo anche di metaverso, di intelligenza artificiale. Di nuove frontiere dell’innovazione tecnologica. Come scrivo nel libro l’innovazione tecnologica corre come una lepre e il diritto fa fatica a starle dietro. E questo pone tutta una serie di criticità, perché se non stiamo attenti a proteggere da soli la nostra identità digitale, sia come singoli che come imprese o PA, potrebbero concretizzarsi rischi concreti di degenerazione on line”.

Qual è, sotto questo aspetto, il ruolo pratico del suo libro?
“In questo volume vogliamo stilare una sorta di agenda digitale per questa legislatura, affinché da qui al 2027, si possano realizzare tutti gli obiettivi della digitalizzazione inseriti nei progetti del PNRR, più altri obiettivi. Ciò per fare in modo che questa innovazione digitale si traduca in una crescita delle comunità e delle persone, e quindi l’innovazione tecnologica possa essere messa al servizio di un nuovo umanesimo digitale. Quello che stiamo cercando di costruire in questi anni”.

Una sorta di manifesto?
“Si, un manifesto dell’Italia digitale, su quanto intendiamo realizzare. In 166 pagine ci sono indicazioni su quello che si sta facendo in Italia per digitalizzare la Pubblica Amministrazione e il mondo delle imprese, sugli usi quotidiani della Rete e su quello che dovrebbe essere fatto di qui a fine legislatura per avere un Paese diverso da quello di oggi, sempre più digitalizzato”.

Non può sfuggire tuttavia che c’è anche un problema di equità nella gestione di tali innovazioni. Come si fa a garantire equità, inclusività e ottimizzazione rispetto alle potenzialità che le innovazioni tecnologiche offrono? Un vecchio dilemma, del resto.
“Sì, ha ragione: un vecchio dilemma. Questo perché la rete è intrinsecamente più democratica dei vecchi mezzi”.

O dovrebbe esserlo
“O dovrebbe esserlo. Bisogna sottolinearlo tuttavia, nel senso che tutti possono accedere alla Rete, tutti possono avere una connessione e  collegarsi dove vogliono, scrivere quello che vogliono. In questo senso c’è una grande impronta democratica. E’ chiaro poi che i flussi di notizie, gli algoritmi, sono spesso condizionati da logiche di potere, commerciali e pubblicitarie che confliggono con l’ideale democratico. Per cui inevitabilmente, alla fine, ci si scontra con tali logiche”.

Il pensiero corre alle grandi multinazionali del settore
“Si. Non a caso ci sono dei colossi del web che hanno dei bilanci superiori a quelli degli Stati nazionali. Vuol dire che con i nostri dati si sono arricchiti e continuano a farlo. Tutto questo, come lei dice giustamente, pone un dilemma, che è quello di come conciliare le potenzialità democratiche della Rete con i tentativi predatori da parte di chi, in Rete, fa business e tende a fare razzia dei dati personali per uso commerciale, finanziario e così via”.

Cosa si può fare?
“Tutto questo va normato, disciplinato con leggi sovranazionali, cosa che si sta in gran parte già facendo ma con una avvertenza: le leggi non possono arrivare ovunque e dunque occorre tanta autodisciplina, tanta autotutela ed anche tanta cultura digitale. Soltanto con questo concorso di forze sarà possibile riequilibrare la Rete, renderla più democratica e inclusiva, più responsabile ed equa ed anche più rispettosa del principio di eguaglianza”.

Dovrebbero farlo i governi nazionali o sarebbe auspicabile un intervento di entità sovranazionali? Penso a questioni spinose come quella del fisco che coinvolge i grandi colossi del Web
“Indubbiamente si deve andare avanti sulla strada della disciplina internazionale. Internet è un fenomeno che non ha un suo territorio, quindi è un ambito sovranazionale per definizione. E’ chiaro che le organizzazioni internazionali, come l'OCSE o la UE, devono intervenire dettando una regolamentazione efficace al di là dei confini nazionali, in modo da riequilibrare la Rete anche in termini di profitti, usando la leva fiscale. Quindi sì, le Organizzazioni Internazionali devono avere un ruolo centrale in questa partita”.

In una presentazione del suo libro lei ha parlato di catarsi dell’infosfera, termine che potrebbe far trasalire i meno ferrati in materia. Ci spiega meglio cosa vuol dire?
“Rientra nel concetto, da me sviluppato nel libro, di sanificazione dello spazio virtuale. Ovvero della necessità di depurare la Rete dalle scorie tossiche delle offese, dei reati che vi si commettono. Permangono infatti troppe sacche di utilizzo selvaggio di internet. In effetti la Rete continua ad essere una giungla in certi contesti. La sanificazione è necessaria per rendere la Rete più sana, più etica, più responsabile e più umana. Processo cui dobbiamo dare tutti un contributo per realizzare – appunto - questa catarsi dell’infosfera. Che deve rappresentare una liberazione dalla schiavitù del cosiddetto dataismo e dal fatto che tutti questi dati diventano il petrolio della Rete. Altrimenti non si va da nessuna parte”.

Un concetto filosofico, quello della purificazione tesa a liberarsi dalle contaminazioni per ripartire meglio di prima
“Infatti, io uso anche la metafora socratica del demiurgo indispensabile per uscire dal caos. Può essere una buona metafora, un auspicio per rendere appunto la Rete più democratica e a misura d’uomo”.

 

CONTRIBUTI

Oltre al saggio del professor Ruben Razzante, che offre un corposo contributo da osservatore privilegiato del fenomeno, il libro ospita i saggi di: F. Arzarello (Economic and regulatory policy Manager, Meta), A. Barachini (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Informazione e all’Editoria), C. Bartoli (Presidente del Consiglio nazionale Ordine dei giornalisti), A. Butti (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Innovazione), M. Colasante (Government Affairs and Public Policy Manager, Google Italy), I. Gabrielli (Direttore del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni), C. Mandelli (Amministratore delegato di Mondadori Media S.p.A), V. Melilli (Responsabile del “Design Law department” Bugnion S.p.A), R. Natale (Direttore di Rai Per la Sostenibilità, ESG), G. Nieri (Direttore divisione Affari Istituzionali, Legali e Analisi Strategiche di Mediaset) e P. Stanzione (Presidente dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali).

Le presentazioni 

Il libro verrà presentato in una cena riservata a 200 invitati, selezionati accuratamente tra personalità delle istituzioni, rappresentanti del mondo delle professioni, operatori del settore dei media, lunedì 5 giugno a Milano all’Hotel Melià - Via Masaccio, 19. Interverranno, oltre al professor Ruben Razzante, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’Innovazione, Alessio Butti, il Direttore Rai per la Sostenibilità, Roberto Natale, il Direttore divisione Affari Istituzionali, Legali e Analisi Strategiche di Mediaset, Gina Nieri, l'Economic and Regulatory Policy Manager Meta, Flavio Arzarello e il Responsabile del “Design Law department” Bugnion S.p.A, Vincenzo Melilli. Introduce Antonio Palmieri, Fondatore e Presidente Fondazione Pensiero Solido.È prevista la partecipazione di autorità e rappresentanti del mondo delle istituzioni.

Giovedì 6 luglio alle ore 11 il volume verrà presentato a Roma presso Esperienza Europa - David Sassoli in Piazza Venezia 6c. Al tavolo dei relatori, con il professor Ruben Razzante, siederanno il Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Giacomo Lasorella, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'innovazione e all'editoria, Alberto Barachini, il Presidente dell'Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Bartoli e il direttore del Messaggero, Massimo Martinelli.

Sono anche previste altre presentazioni in varie città d'Italia.

 

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