I volti, gli sguardi, gli oggetti, i luoghi di chi resta dopo un femminicidio: un dolore che dura generazioni
La fotoreporter Stefania Prandi parla della sua mostra The Consequence: "Ho raccolto, nel corso di tre anni, immagini che raccontano lo sguardo di chi sopravvive al femminicidio e non si arrende alla violenza di genere"
"Questi sono i giorni del dopo, i ricordi immobili trattenuti dalle cornici, le spese legali, le umiliazioni nei tribunali, i processi mediatici, la vittimizzazione secondaria".
Stefania Prandi è una giornalista, scrittrice e fotografa italiana che si occupa di questioni di genere, lavoro, diritti umani, ambiente e cultura.
Ha realizzato reportage e inchieste in Europa, Africa e Sudamerica. Ha pubblicato su testate nazionali e internazionali come Il Sole 24 Ore, Azione, National Geographic, Radiotelevisione svizzera, El País, Al Jazeera, Correctiv, BuzzFeed e Danwatch.
Ha scritto i libri Oro rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo e Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta, entrambi per la casa editrice Settenove.
Ha vinto grants e premi in Italia, Svizzera, Germania e Stati Uniti. Tra questi: National Geographic Emergency Journalism Fund Grant, Volkart Stiftung Grant, The Pollination Project, Henri Nannen Preis e Otto Brenner Preis.
Con noi, in questa video intervista, parla della mostra The Consequence, Reportage sulle famiglie delle vittime di femminicidio: il catalogo è edito da Dry-Art e si compone come la mostra di immagini e testi raccolti durante tre anni di lavoro con le famiglie delle vittime della violenza di genere.
"Ho raccolto, nel corso di tre anni, immagini di volti, oggetti, luoghi che raccontano lo sguardo di chi sopravvive al femminicidio e non si arrende alla violenza di genere. A vivere le conseguenze del femminicidio – termine con cui si intende l’uccisione oppure la scomparsa di una donna per motivi di genere, di odio, disprezzo, piacere o senso del possesso – sono madri, padri, sorelle, fratelli, figli".
Per fortuna sono proprio le famiglie che anche dopo che le telecamere si sono spente, intraprendono battaglie quotidiane: scrivono libri, organizzano incontri nelle scuole, lanciano petizioni, raccolgono fondi per iniziative di sensibilizzazione, fanno attivismo online, ci racconta Prandi.
"Lo scopo è fare capire alla società che ciò che si sono trovate a vivere non è dovuto né alla sfortuna né alla colpa, ma ha radici culturali e sociali precise, dovute al fatto che esiste ancora un diffuso senso di proprietà e di dominio degli uomini sulle donne".