Brunori Sas: "L'identità non deve essere una zavorra, siamo figli di culture diverse"
Il cantautore e produttore calabrese ospite della Notte della Taranta riflette su musica e identità culturali
Padre umbro romagnolo, madre calabrese, cresciuto in mezzo a culture e lingue diverse: Brunori Sas, cantautore e produttore cosentino, rivendica il fatto di essere figlio di tante identità. "Tutto questo mi ha arricchito incredibilmente, perché è sempre positivo confrontarci e mescolarci". 46 anni, nato a Cosenza e vissuto in Calabria, Dario Brunori è intervenuto sul tema poco prima di salire sul grande palco di Melpignano, a pochi chilometri da Lecce, in occasione della 26esima edizione della Notte della Taranta: un evento che ripropone e reinterpreta, in chiave contemporanea, il ricchissimo e variegato patrimonio musicale popolare salentino, e che quest'anno ha avuto tra gli ospiti Brunori Sas, Tananai e Arisa.
Il tema, in questa edizione che ha affidato la regia a Fiorella Mannoia come maestra concertatrice, era proprio l'identità a partire da una riflessione di Italo Calvino: "L'identità è un fascio di linee divergenti che trovano nell'individuo il punto di interesse", scrisse lo scrittore italo cubano nella rivista 'La civiltà delle macchine'.
Identità è un concetto da declinare al plurale, sottolinea Brunori Sas che abbiamo raggiunto per una breve intervista dopo la conferenza stampa della Notte della Taranta: "E' un concetto su cui possono esistere accezioni molto diverse e soprattutto agli antipodi. Per me, la somma di identità differenti può creare un'identità più grande, io sono figlio di un romagnolo umbro e una cosentina, ho vissuto in Calabria e ho vissuto in Toscana, sono cresciuto in una comunità arbereshe e dai dieci anni in una comunità occitana e penso che tutto questo mi abbia arricchito incredibilmente".
L'essere stato a contatto con lingue diverse lo ha portato sul palco della Notte della Taranta, dove è stato invitato a cantare "Lule Lule" in lingua arbereshe e "Aremu" in grico: "Sono molto contento dei brani che Fiorella Mannoia mi ha affidato - ha sottolineato - questa tradizione musicale è nata e si è alimentata in situazioni di marginalità, dove il canto è diventato allo stesso tempo festoso e doloroso. La musica aiuta a trasmettere empatia verso sensazioni che fanno parte della nostra umanità".