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Alessandro Zan: quando ho detto a mio padre leghista che sono gay

Dalla solitudine al coming out fino alle battaglie in Parlamento per i diritti civili: con "Senza paura, la nostra battaglia contro l'odio" il deputato Pd svela segreti, sogni e idee per il futuro

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
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Dietro quell'immagine sicura e forte Alessandro Zan, padre del disegno di legge contro odio e discriminazioni che pochi giorni fa è stato affossato in Senato, nasconde un passato di solitudine e paura. Difficile scoprirsi diversi nell'Italia degli anni Ottanta, impossibile confrontarsi, raccontare, cercare amicizia quando nel linguaggio abituale "gay" era un insulto, inimmaginabile pensare a un paese in cui le persone sarebbero scese in piazza a migliaia con le loro bandiere arcobaleno per rivendicare diritti e giustizia. Zan, 48 anni, padovano e deputato Pd, oggi si racconta in "Senza paura, la nostra battaglia contro l'odio", autobiografia che partendo dall'esperienza personale percorre un viaggio verso la conquista dei diritti civili. In questi giorni sta presentando il volume, edito da Piemme, con diverse tappe in tutto il Paese: appuntamenti già programmati ben prima che disegno di legge contro le discriminazioni per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità venisse bocciato da 151 senatori con lo strumento della tagliola e con voto segerto. La presentazione del libro è dunque un'occasione per riflettere su cosa sta accadendo in Parlamento, quali saranno i prossimi passi perché l'Italia abbia finalmente una legge contro i crimini d'odio,  come mai la politica oggi non rispecchi il paese reale. 

 

Sabato scorso a Cagliari la presentazione di "Senza Paura" è stata anticipata da un sit in con un migliaio di persone riunite in sostegno del ddl Zan con lo slogan "Bregungia", vergogna in lingua sarda. "Vergogna, già: la fotografia di questi senatori che hanno applaudito in maniera così sgangherata e cafona all'esito del voto ha fatto il giro del mondo - ha detto Zan ai giornalisti - ma non rappresenta il paese reale, e certamente non le migliaia di persone che in questi giorni stanno scendendo in piazza in maniera pacifica e civile ma determinata".

La solitudine e il coming out

Il paese reale, quello che vorrebbe combattere le discriminazioni e regalare una società inclusiva e giusta per tutti, è quello ben ritratto da Alessandro Zan nel suo libro: oggi è certamente più facile per i giovani esprimere la propria identità, fino a pochi decenni fa il coming out era un percorso di sofferenza. "Da ragazzo ho vissuto una grande solitudine - ha raccontato durante la presentazione - non avevo la possibilità di confrontarmi e credevo di essere sbagliato in una città che usava 'gay' e 'frocio' come un insulto. Nella mia stessa famiglia mi sentivo solo. Tutto è cambiato con la mia esperienza Erasmus in Inghilterra, ho scoperto che esisteva un mondo in cui mi sentivo davvero me stesso". Al ritorno la confessione davanti ai genitori: "Mio padre, allora leghista, non mi ha parlato per mesi. Ho affrontato un percorso doloroso e complicato, ma alla fine ho imparato a essere me stesso e gli altri hanno capito". La soddisfazione più grande, sottolinea Zan, quando ha deciso di candidarsi alla Camera con il Pd: "Mio padre mi ha sostenuto, e agli stessi amici con cui un tempo avrebbero deriso gli omosessuali ha portato i miei volantini elettorali: 'Questo è mio figlio, si chiama Alessandro". 

 

Dalla battaglia personale a quella politica

Il percorso individuale lo ha convinto a portare in Parlamento il disegno di legge contro le discriminazioni. Il lungo lavoro per scrivere un documento condiviso con associazioni e movimenti per i diritti lgbtq+ non è bastato: mercoledì scorso è stato bocciato e ora dovrà tornare in Commissione; difficile che venga approvato in questa legislatura. "La responsabilità è ben precisa - ha sottolineato Zan - Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia hanno affossato la legge con la spalla di Italia viva, che ha votato a favore alla Camera ma non in Senato. Trovare una ulteriore mediazione non aveva senso, perché il testo è frutto di un lavoro lungo e coeso; in Senato la Lega aveva pronti ben 700 emendamenti, ma il fatto che si sia scelto di votare il disegno di legge nel suo complesso e non i singoli articoli è la chiara dimostrazione che queste forze politiche non volevano mediare su niente. Si tratta di giochini politici che nulla hanno a che fare con il merito della legge ma toccano la vita e i diritti delle persone". 

Manifestazione a Cagliari, foto di Dietrich Steimetz

Impossibile non notare sul tema la frattura profondissima tra il Parlamento e le piazze: di là senatori pronti a bloccare un provvedimento nell'unico stato europeo che ancora non ha una legge contro i crimini d'odio, di qua le piazze piene di manifestanti di ogni età che chiedono parità, giustizia, diritti. "Dobbiamo dire ai ragazzi e alle ragazze che non devono essere sfiduciati ma anzi possono realmente cambiare questo paese con il loro voto: dal 2023, grazie alla riforma costituzionale, potrà votare per il Senato anche chi ha meno di 25 anni, e questo significa che potremo avere una rappresentanza più vicina al paese, certamente con più donne e giovani. Intanto stiamo valutando come proseguire, sicuramente useremo ogni mezzo per dare al paese uno strumento normativo adeguato, stiamo studiando una proposta di legge di iniziativa popolare perché a fine legislatura è difficile che il ddl torni in Commissione, non ci sarebbe il tempo". 

Alessandro Zan lascia la piazza cagliaritana con un messaggio ben chiaro: "Non ci fermeremo, la strada per i diritti è ormai tracciata: continueremo a combattere per un paese inclusivo, dove chiunque veda rispettati i propri diritti". 

Francesca Mulasdi Francesca Mulas   
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