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Tornare a galla di Margaret Atwood

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Tornare a galla di Margaret Atwood

Da questo romanzo, ambientato nella selvaggia natura del Quebec, sono stati tratti due film con i quali però non possiamo confrontarlo: il primo, canadese, risalente al 1979, non risulta nemmeno distribuito nelle sale. Il secondo, australiano, del 1988, non è mai arrivato in Italia. Chissà se sarà mai possibile recuperarli.

Tornare a galla può essere una lettura impegnativa e sconvolgente ancora oggi e chissà come lo sarà stata per i suoi primi lettori. Sulla copertina dell’ultima edizione italiana, il giudizio del New York Times si sbilancia al punto da definirlo “uno dei romanzi più importanti del XX secolo”. Forse è esagerato, ma sicuramente è uno di quei romanzi che non si dimenticano.

Soprattutto perché, in oltre mezzo secolo, è invecchiato benissimo. Anche perché i contenuti che affronta la Atwood – la condizione femminile nelle relazioni tossiche, il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, l’impossibilità di sfuggire al passato quando ormai è così interiorizzato da determinare il destino – sono ancora molto attuali.

Tali temi si presentano con una successione di immagini e sequenze molto forti, tutt’altro che gratuite e comunque capaci di ispirare al lettore un senso di disagio che induce a pensare e a farsi domande. Anche quando si riesce a mantenere la massima distanza dai personaggi, in particolare dalla protagonista.

La protagonista non dice mai il suo nome

La protagonista, che narra in prima persona, non dice mai il suo nome. È una donna ancora giovane, ma ferita indelebilmente da un vissuto di passività e sofferenza che la mantiene in uno stato di continua frustrazione, prossima alla disperazione.

Ha convinto tre persone, il suo compagno e una coppia di amici, ad accompagnarla nei luoghi in cui è cresciuta, nella natura ancora quasi selvaggia del Quebec, in un’area ricca di laghi, paludi, pareti scoscese, vegetazione e animali selvatici. È preoccupata per il padre, uomo eccentrico e solitario, che non invia notizie di sé da parecchio tempo.

Il resto della compagnia

Gli altri hanno accettato di seguirla per ragioni bizzarre: il suo compagno, Joe, e l’amico, David, stanno girando uno sgangherato film senza sceneggiatura, composto soltanto da una serie di sequenze che dovrebbero apparire originali agli spettatori. Si tratta di qualcosa a metà tra Mondo cane (docu-film del 1962) e Un chien andalou (cortometraggio del 1929 di Luis Buñuel), se non che Joe e David sono solo due dilettanti pasticcioni con vaghe ambizioni artistiche e un discreto cattivo gusto.

David, che è il maschio alfa della compagnia, un po’ più intellettuale e ironico del lento e ubbidiente Joe, si è portato dietro anche la moglie Anna, una donna che si illude di avere con lui un rapporto libero e paritario. Questo anche se in realtà David la manipola in tutti i modi, lasciandole giusto la libertà di ricambiare i continui tradimenti che le infligge, ma rivelandosi inflessibile su tutto il resto.

Il rapporto tra la narratrice e Joe è molto meno squilibrato, ma non meno disagiato. Joe è un uomo semplice, un artigiano cui è stato fatto credere di essere un artista, ma nemmeno lui ne sembra troppo convinto.

Anche la narratrice è una specie di artista. Lei è un’illustratrice, Joe un ceramista. Nessuno dei due sembra destinato a un grande successo e il loro avvenire appare molto precario, sempre che ne abbiano uno insieme. Lei fa capire quasi subito che sta con Joe perché avere un uomo accanto, al momento, le fa comodo.

Innamorato come in una canzonetta da juke-box

Joe, invece, sembra innamorato di lei, ma in modo banale e stereotipato, nello stile di una canzonetta da juke-box. E la narratrice, già ferita, anzi pressoché rasa al suolo dalla relazione con un uomo che, come manipolatore, batte persino David, lo disprezza per questo e non perde occasione per dimostrarglielo.

La vivisezione delle due coppie disfunzionali è però, tutto sommato, un tema secondario per buona parte del libro. Nei primi capitoli, al centro del racconto, ci sono le memorie della narratrice su quanto rimane della sua strana famiglia, ormai disintegrata da tempo.

La madre, figura silenziosa ed evanescente ma sempre in armonia con la natura selvaggia del posto, è prematuramente scomparsa. Il fratello è stato l’unico che è riuscito a fuggire e a rifarsi una vita lontano. E infine c’è il padre, una singolare figura di ricercatore, botanico, geografo, etno-antropologo, che per incarico del governo o per seguire interessi personali, ha esplorato, mappato e descritto tutta l’area in cui abitavano. Lì è rimasto a vivere da solo, quando la moglie è morta e i figli se ne sono andati.

La casa in un luogo isolato, oltre il lago

La casa in cui la narratrice è cresciuta, che si raggiunge con molta difficoltà attraversando in barca un lago non privo di insidie, è ancora in buone condizioni, quando i quattro vi arrivano. Lì trovano segni inequivocabili della presenza del padre fino a poco prima, sebbene lui non ci sia. Sembra però che possa tornare da un momento all’altro.

Così, la permanenza in quel luogo isolato, che doveva durare un solo giorno, si prolunga per una settimana, durante la quale la narratrice riesce a convincere gli altri a seguirla in impegnative spedizioni sulle sponde del lago, con la scusa di girare sequenze per il film, mentre in realtà sta cercando tracce del padre. Sospetta infatti che sia morto accidentalmente mentre cercava le antiche pitture rupestri delle quali scrive sugli appunti ritrovati in casa.

Tornare a galla

Questa convivenza forzata in una natura bellissima ma ostile avrà l’effetto di far deflagrare i conflitti tra i membri del gruppo. Farà anche emergere con inaudita violenza, il disagio interiore che la narratrice stessa ha cercato di seppellire sotto un passato fittizio con cui si presenta agli altri per non dover fare i conti con gli esiti di un’esistenza disastrosa.

Anche se questo la spingerà quasi alla follia, una volta intravista la conclusione del delirio in cui trova, scoprirà in sé stessa e in quel poco che le è rimasto una piccola fiammella da ravvivare per andare avanti e provare a vivere sul serio.

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