Tensione costante verso l'infinito: la pittura di Lucio Saffaro
Trieste, 11 mar. (askanews) - Un artista, scienziato, intellettuale, legato tanto alla lezione rinascimentale quanto alla cultura della Mitteleuropa. Lucio Saffaro torna nella sua Trieste con una mostra che trasforma in sensazioni visive i concetti di immensità e di limite. A curare l'esposizione, promossa dal Comune di Trieste e dalla Fondazione Lucio Saffaro e organizzata da Villaggio Globale, è stato chiamato Claudio Cerritelli."Un artista estremamente poliedrico - ha detto ad askanews ricordando la figura di Saffaro - autore di studi scientifici, laureato in fisica pura. Un artista che si è dedicato alla pittura fin da giovane.
Noi esponiamo quello che forse è il suo periodo meno noto, gli anni Cinquanta, con queste figure allegoriche che parlano di universi sconosciuti e di latitudini che non sono quelle della nostra consueta percezione quotidiana".In questa costante dinamica che mette in relazione simboli, poliedri, allegorie e ritratti, la mostra ci porta a riflettere sulla geometria della perfezione, che resta sempre irraggiungibile, ma alla quale, come filosofi illuministi, possiamo però continuare a tendere, all'infinito."Poi il suo lavoro si è sviluppato sulla base di un rapporto molto intenso con la scienza - ha aggiunto Cerritelli - attraverso canoni matematici, che sono stati per lui uno strumento per indagare una cognizione del tempo quasi al di là del tempo, quasi metafisica. Quindi la sua natura è quella di un razionalista che ha però una vocazione mistica nella ricerca dell'assoluto, nella ricerca di tutto ciò che va verso l'infinito".Quell'infinito - artistico, matematico e simbolico - che è stato al centro della ricerca rinascimentale e che in Saffaro ritorna di continuo, come se fosse una costante matematica, una di quelle grandezze che si giustificano da sé. Forse, riguardandole oggi, le opere di Saffaro ambivano, senza sensazionalismo, a fare proprio questo. E la mostra, intitolata "Tra arte e scienza" e allestita al Magazzino 26 nel Porto Vecchio di Trieste, ce lo ricorda con grazia e attenzione.