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Serie Tv: Sugar e il Neo-Noir

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Serie Tv: Sugar e il Neo-Noir

Se una serie televisiva si intitola Surf Dracula, la maggior parte degli spettatori la guarderà aspettandosi di vedere Dracula che fa surf nel primo o, al massimo, nel secondo episodio.

Se però gli autori usano l’intera prima stagione come un riempitivo, per arrivare al punto in cui Dracula fa effettivamente surf, negli ultimi cinque minuti del finale di stagione, ecco che abbiamo una serie affetta dalla cosiddetta “Surf Dracula Syndrome”.

Il termine esiste, giuro, non vi sto prendendo in giro. E’ stato coniato negli Stati Uniti per definire quelle serie televisive in cui la premessa principale della storia viene tirata per le lunghe al punto da richiedere un’intera stagione o perfino più di una, prima di iniziare a raccontare quello che gli autori hanno promesso e che il pubblico è interessato a vedere.

Come ha spiegato Alan Sepinwall su Rolling Stones, una serie che soffre di questo tipo di sindrome è House of the Dragon che “ha trasformato la sua prima stagione in un prologo per la guerra civile all’interno di Casa Targaryen”.

Sugar

Contrariamente a quello che lo stesso Sepinwall ha scritto nel seguito del suo articolo, e che hanno sostenuto anche molti altri critici americani, Sugar, la serie di cui parliamo oggi, non soffre di questa sindrome, ma di qualcosa di molto più grave. Promette Dracula che fa surf, certo, ma poi te lo mostra fin dall’inizio. E lo fa pure in maniera efficace, toccando tutte le corde giuste con grande abilità. Salvo poi, nella sesta puntata, dirti che tutto quello che hai visto fino a quel momento e che hai apprezzato, non era Dracula che faceva surf, ma Frankenstein che andava in bicicletta, oppure l’Uomo lupo che giocava a tennis.

Vi assicuro che non sono impazzito. Il problema è che parlare di una serie come questa, senza spoilerare, non è semplice. Ci provo comunque.

Los Angeles

Tokyo. L’investigatore privato John Sugar (Colin Farrell) libera, usando una buona dose di furbizia e un po’ di quella violenza che dice fin da subito di detestare, il figlio di un boss della Yakuza che era stato rapito.

Ritornato a Los Angeles, va dalla sua capa, Ruby (Kirby Howell-Baptiste) e le comunica di essere stato assunto dall’anziano e potentissimo produttore cinematografico Jonathan Siegel (John Cromwell) per ritrovare la sua nipote scomparsa: Olivia (Sidney Chandler).

Ruby non è particolarmente felice per quell’incarico, è preoccupata per John, ma lui ha già accettato e non ha nessuna intenzione di fare marcia indietro.I dialoghi tra i due instillano in chi guarda il dubbio che John nasconda qualcosa, un segreto.

Il Neo-Noir

Bastano poche scene per catalogare Sugar come una serie neo-noir.Ci sono tutti gli ingredienti giusti: un detective privato un po’ stropicciato, ma cool e cinefilo, che detesta le armi. Per fare in modo che porti con sé una pistola, Ruby deve regalargli quella originale usata da Glenn Ford sul set de Il grande caldo di Fritz Lang, comprata a caro prezzo da un collezionista. Poi ci sono violenza, Los Angeles e il mondo dorato di Hollywood, una ragazza scomparsa e il nonno ricco che assume un detective privato per ritrovarla.

A definire la parte più neo ci sono una montagna di citazioni cinematografiche – tantissimi i classici del genere: da L’infernale Quinlan a La fiamma del peccato, da Viale del tramonto a L.A. Confidential, il più citato di tutti. Citazioni esibite con tanto di spezzoni che John Sugar richiama alla mente nei momenti in cui gli sembra che la realtà si sforzi di imitare l’arte.

Sugar inizia a indagare e si ritrova ben presto invischiato in un mondo che risponde ai cliché dei noir “del tempo che fu” – l’onnipresente voce fuori campo, i morti ammazzati che costellano l’indagine, i cadaveri che scompaiono dai bagagliai delle auto. Ma è anche un noir “del tempo che è” – il traffico di esseri umani e le molestie sessuali che si richiamano a quel sottobosco hollywoodiano scoperchiato dal movimento MeToo.

Attraverso John Sugar affrontiamo il tema vero della serie: la violenza (e, di conseguenza, che cosa significhi essere umani).

L’uomo completo chandleriano

Lui è l’uomo completo, di chandleriana memoria, che odia fare del male agli altri ma è prigioniero di una professione che, purtroppo, richiede spesso l’uso di una certa dose di violenza.

È diverso dalla maggior parte delle persone con cui interagisce. Ed è un’anomalia: di uomini come lui, a L.A. se ne trovano davvero pochi. È gentile, a volte perfino troppo, e cerca sempre di fare la cosa giusta. È empatico e, malgrado sia un solitario, riesce a creare legami profondi con chi lo circonda senza apparente sforzo.

A fare da contraltare a queste qualità, ci sono i segreti. Sugar ne ha tantissimi, a cominciare da uno strano tremore delle mani che lo coglie di tanto in tanto e che preoccupa molto Ruby. Poi c’è il fatto che, per quanto beva, non si ubriaca mai e c’è la sua dipendenza da una strana sostanza che si inietta segretamente… (vedi qui il trailer).

Ovviamente tutto questo ha a che fare con il twist (la svolta improvvisa nella trama) di cui ho scritto all’inizio dell’articolo e che arriva a metà del sesto episodio. Un twist talmente clamoroso – e disonesto – da farmi smettere seduta stante di guardare la serie.

Due mesi dopo…

Sono passati due mesi abbondanti prima che la riprendessi. Sbollita la rabbia e viste le ultime due puntate, mi è risultato chiaro come l’operazione avesse più senso di quello che sembrava. Tecnicamente ci sono degli errori, il twist doveva arrivare prima, a metà serie e non alla fine, per dare a chi guarda la possibilità di capire meglio che cosa avrebbe visto da quel momento in poi.

Come midpoint sarebbe stato perfetto, così non lo è.

Certo, il giudizio complessivo resta negativo, Sugar non è una bella serie. Partita come un tentativo per rinnovare il noir, ha finito per piegare – malamente – il genere alle proprie necessità.

Peccato, perché i primi cinque episodi sono molto belli e ci permettono di venire cullati dalla memoria di un cinema che abbiamo molto amato e che non esiste più, e dalla struggente interpretazione di un Colin Farrell in stato di grazia. Ma malgrado lui, non so se guarderò l’inevitabile seconda stagione.

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