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Serie Tv: “Sciame” e gli stalker delle celebrità

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Serie Tv: “Sciame” e gli stalker delle celebrità

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“Questa non è un’opera di fantasia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, o con eventi reali, è intenzionale”.Cartello all’inizio di Sciame.

Gli stalker delle celebrità

Tanto per cambiare la prenderò alla larga, partendo da Eminem e da una delle sue hit più note. Si intitola Stan ed è uscita nel 2000 come terza traccia dell’album The Marshall Matthers LP.Nel testo vengono riportate alcune lettere che Stanley Mitchell, che si auto proclama il più grande fan del rapper, gli ha inviato.Eminem, però, non gli risponde. E le lettere di Stan prendono una pessima piega, fino a quando, l’uomo non decide di inviare al suo idolo, un nastro.

Questo: 

“Hey Slim, ho bevuto mezza bottiglia di vodka, mi sfidi a guidare?Conosci la canzone di Phil Collins ‘In the Air of the Night’Che parla di quel ragazzo che poteva salvare l’altro ragazzo dall’annegareMa non l’ha fatto, e poi Phil ha visto tutto e poi ad uno spettacolo l’hanno trovato?Questo è più o meno così, tu potevi salvarmi dall’annegareOra è troppo tardi — sono a mille giri ora, mi sento rincoglionitoE tutto quello che volevo era una stupida lettera o una chiamataSpero che tu sappia che ho strappato tutte le tue foto dal muroTi amo Slim, potevamo stare insieme, pensaciTu hai rovinato tutto ora, spero tu possa non dormire e sogni questoE quando lo sogni spero non dorma e urliSpero la tua coscienza possa mangiarti vivo e che tu non possa respirare senza di meVedi Slim (urla) ZITTA PUTTANA! STO CERCANDO DI PARLARE!Hey Slim, quella è la mia ragazza che urla nel cofanoMa non le ho tagliato la gola, l’ho solamente legata, vedi non sono come te.Perché se soffoca soffre di più e poi muore ancheBeh, vado ora, sono quasi arrivato al ponteOh, merda, mi sono dimenticato, come si fa a tirar fuori ‘sta merda da qui?”

Seguono il rumore di una frenata e quello di un’auto che va a sbattere. Poi l’inconfondibile splash di qualcosa che cade in acqua.Nell’ultima strofa del brano, a parlare non è più Stan, ma direttamente Eminem che, ignaro di quello che è accaduto e non avendo potuto ascoltare il nastro che è rimasto dentro l’auto, risponde finalmente al suo fan – “Avevo intenzione di risponderti prima, ma sono stato impegnato” – e conclude la sua lettera con queste parole:

“Perché sei così incazzato? Cerca di capire, che ioCerto ti voglio come fanSolo non voglio tu faccia delle stronzateHo visto questa stronzata al notiziario un paio di giorni fa che mi ha fatto schifoUn tipo era ubriaco e ha guidato la sua macchina giù per un ponteE aveva la sua ragazza nel cofano, e lei era incinta di suo figlioE nella macchina hanno trovato un nastro, ma non hanno detto di chi fosse…”

Gli stalker più famosi

L’impatto della canzone di Eminem è tale che, da quel momento, il termine “Stan” viene usato, in gergo, per indicare chi perseguita cantanti o attori.

Sono partito da Eminem, ma per iniziare questa recensione avrei potuto citare altri due stalker piuttosto famosi. Anne Wilkes l’infermiera che appare in Misery, il capolavoro di Stephen King – ricordate? “Sono la tua fan numero uno”, diceva a Paul Sheldon, il famoso scrittore, prima di vessarlo in ogni modo possibile . E il Rupert Pupkin (Robert De Niro) di Re per una notte che perseguita il suo idolo, il comico Jerry Langford (Jerry Lewis), arrivando perfino a rapirlo.

Non è casuale che sia proprio dal film di Scorsese che parte Donald Glover (Atlanta) per ideare Sciame, la serie di Amazon Prime cui parliamo oggi.È Glover stesso a rivelarlo, in un’intervista: “Ho pensato che fosse divertente mescolare La pianista (il film di Michael Haneke del 2002 ndr) a Re per una notte di Martin Scorsese”.E lo è, credetemi.

A colpire particolarmente Glover nel film di Haneke è il personaggio di Erika Kohut, interpretata da Isabelle Huppert, un’istruttrice di pianoforte che si automutila e ha una relazione sadomasochistica e voyeuristica con il suo studente.

L’obiettivo dichiarato dello showrunner nel momento in cui si mette al lavoro su Sciame è quello di “reinventare quell’archetipo attraverso la lente di una donna nera dei nostri giorni”.

Dre Jackson, la protagonista

La donna, o meglio la ragazza, in questione si chiama Andrea “Dre” Jackson. È di colore, come tutti i protagonisti delle serie di Glover, ed è ossessionata da una pop star in stile Beyoncé, di nome Ni’Jah. Il Beyhive, l’alveare, la comunità online di fan della cantante di Houston, nella serie diventa lo Sciame.

Contrariamente ad Anne o a Pupkin, Dre non se la prende direttamente con il suo idolo, ma con quelli che non le portano rispetto. Li uccide a colpi di mazza, padelle o qualsiasi altro oggetto contundente che abbia a portata di mano. E, subito dopo l’omicidio, come reazione nervosa, mangia tutto quello che trova nel frigo o lì intorno fino a stare male. La fame è importante, centrale nella serie: e non è un caso che, quando Dre incontra per la prima volta Ni’Ja, la morda sulla faccia prima di fuggire.

Lo sciame

La violenza fa da base a una satira di Glover che colpisce in maniera feroce sia il fandom nella sua interezza che i social media, denunciando l’effetto che possono avere sugli emarginati come Dre.

A rafforzare il tutto mi piace segnalare i camei di Paris Jackson, nel ruolo di una spogliarellista bianca convinta di essere di colore. Poi c’è quello di Billie Eilish nel ruolo di Eva, l’inquietante leader di una setta che ricorda un po’ quella di Midsommar, il bellissimo film di Ari Aster.

Una serie horror, ma non troppo

C’è sangue, ma lo splatter è spesso fuori campo. È una black-comedy e ci sono momenti in cui si ride. È un teen-drama che racconta come l’emarginazione possa provocare mostri.

Ha un’atmosfera da film indipendente, di quelli che fanno faville al Sundance. Il tono del racconto è quello surreale a cui Glover ci ha abituato in Atlanta – serie consigliatissima: la trovate sempre su Amazon Prime. In Sciame c’è l’inserto di una dose maggiore di violenza e perturbante.

Molte sequenze mettono insieme realtà e fantasia e in una puntata assolutamente geniale, la numero sei – Fallin’ Through the Cracks – la serie si trasforma improvvisamente in uno show true-crime di quelli che hanno così successo nelle televisioni americane. È nello show che facciamo conoscenza di una detective di colore, interpretata da Heather Alicia Simms, che indaga proprio sui delitti di Dre e che, probabilmente, diventerà la nemesi della serial killer a partire dalla prossima stagione.

In fondo alla puntata dello show True-crime c’è anche il lancio in cui si dice che Donald Glover farà una serie dalla vicenda di Dre e che il personaggio verrà interpretato da Dominique Fishback, per dire.

Gli episodi sono sette e durano 30 minuti l’uno: è una di quelle serie da vedersi di fila, come ho fatto io. Il ritmo agevola questo tipo di soluzione (vedi il trailer).

Dominique Fishback

Se la serie funziona così bene, oltre che per l’indubbio talento di Glover e degli altri autori – tra cui anche Manlia Obama, la figlia dell’ex Presidente degli Stati Uniti – è per la presenza di Dominique Fishback che presta tutta sé stessa a Dre.

L’avevamo già apprezzata nella serie di David Simon e George Pelecanos: The Deuce – serie bellissima e imprescindibile – nel ruolo di una prostituta che poi diventa attrice porno, ma qui offre una performance fuori scala.

È bravissima nello sfoderare, soprattutto nella prima parte della stagione, quando gli omicidi non hanno ancora indurito il suo personaggio, una serie di espressioni che ti strappano il cuore rendendo facilissimo empatizzare con lei perfino quando uccide qualcuno a padellate.

La condanna del fandom e dei social

La condanna del fandom e dei social media è inequivocabile. Non credete a chi dice che Glover non prende posizione, la prende eccome, anche se alla fine la passione di Dre per Ni’Jah non è altro che il veicolo di una violenza che lei ha già dentro.

Il background di Dre, i motivi che l’hanno portata a diventare quello che è, rimangono oscuri, anche se è chiaro che i raptus e questo desiderio di uccidere e mangiare, arrivano da un grande dolore pregresso e dai sensi di colpa per il fatto di non essere riuscita a salvare la sorella Marissa dal suicidio.

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