La galleria d’arte brulicava di persone. Erano tutte di età, etnia e ceto sociale differente. Alcuni osservavano le opere in religioso silenzio. Altri si lasciavano andare ad espressioni di gioia e stupore. Al centro della sala era stato allestito un elegante buffet. Tutte le prelibatezze erano state organizzate in modo esteticamente armonioso. Per alcuni, anche tali manicaretti potevano essere considerati arte.
Il cibo era accompagnato anche da diverse bevande, alcoliche e analcoliche. Ma il nutrimento veniva messo in secondo piano in un posto del genere. L’attenzione di tutti era fissa sulle opere d’arte presenti. Lavori che non seguivano un solo stile, ma diversi, anche se l’autore di quelle tele era soltanto uno.
Era questo il motivo principale che lasciò a bocca aperta il pubblico e che, di riflesso, riempì di orgoglio la direttrice della galleria. La donna passò palmo a palmo la stanza, fermandosi davanti ad ogni dipinto e ascoltando le parole di elogio che tutti avevano nei confronti delle opere. Quelli che la conoscevano, si avvicinavano a lei per esplicitare in modo diretto tali apprezzamenti.
“Salve, signorina Ferret. Non posso che complimentarmi con lei per la mostra. Questi quadri sono sublimi.” disse uno degli osservatori.
“La ringrazio per le sue parole, signor Laurent. Però non deve elogiare me, ma la mente dietro questi lavori.” Replicò, ostentando una certa modestia.
“Ah, anche lei ha ragione. Ne ha fatta di strada, da quando disegnava solo degli schizzi indecifrabili, vero?” proseguì l’uomo.
“Sì, parecchia. Ma, tutto grazie allo sponsor di stasera, la Cyber Electronics & Co. Si sono dati molto da fare.” spiegò la donna.
“Giusto, avevo sentito che con il loro arrivo c’era stato un cambio in tal senso. A quanto pare hanno fatto anche loro un ottimo lavoro.” ammise Laurent.
“Concordo, con gli ultimi aggiornamenti ne hanno migliorato molto le capacità, come può vedere.” aggiunse la direttrice. Aprì la bocca per proseguire, ma venne interrotta da un suono, un bip, per la precisione. Diede uno sguardo allo smartwatch che indossava sul polso sinistro e, dopo aver letto la notifica, tornò a parlare.
“Ora le chiedo scusa, signor Laurent, ma la devo salutare. L’asta sta per avere inizio.” ribadì, per poi salutare con un gesto della mano il suo interlocutore, che ricambiò.
La donna si recò velocemente verso una zona della galleria situata al centro della struttura. Qui era stato allestito un piccolo palco con accanto delle sedie dove i visitatori potevano accomodarsi. Quando arrivò non c’era nessuno, ma la situazione cambiò nel giro di alcuni minuti. Prima arrivarono i suoi assistenti e i rappresentanti dello sponsor, poi tutti gli altri.
Quando la sala fu piena, la direttrice ed altri salirono sul palco. La loro apparizione venne accompagnata dagli applausi dei presenti. Il primo a parlare fu il rappresentante della Cyber Electronics & Co.“Non posso che ringraziarvi uno ad uno per la vostra partecipazione. Per noi è stato un onore potervi mostrare i progressi che la nostra I.A. ha compiuto nel corso del tempo.” Poi fece un gesto con la mano verso uno degli assistenti di Ferret.
Nel giro di pochi secondi un nuovo ospite salì sul palco. Si trattava di un computer. Era pressoché spoglio, non c’era nessun case a proteggere le varie parti che erano visibili, cavi inclusi.“Ecco il nostro artista e protagonista della serata. Come potete vedere, non abbiamo ancora badato all’estetica.” la frase suscitò alcune risate, a partire dal rappresentante “Ma volevamo farvi vedere almeno un pezzo della nostra I.A. che abbiamo denominato Dalì.”.
A queste parole, seguirono degli applausi Quindi continuò: “Bene, adesso lascio la parola alla direttrice Ferret, prego.” L’uomo concluse così il suo discorso, lasciando spazio alla donna.
“Non ho molto da dire, se non ringraziarvi per il supporto che avete dato.” esordì lei “Ma il tempo per le parole è finito, direi di iniziare subito l’asta.” disse tornando subito a sedersi.
Al suo posto arrivò il banditore. L’uomo però non ebbe nemmeno tempo di aprire bocca. Non appena ci provò, una tremenda esplosione fece piombare il caos nella galleria. Avvenne tutto in un battito di ciglia. Dal giorno alla notte, buona parte dei presenti si ritrovarono feriti, o schiacciati dai detriti. Gli applausi che, fino a poco tempo prima, riempivano la stanza avevano lasciato spazio a urla disperate.
L’inferno era tutto intorno. Le fiamme si propagavano, avevano ormai consumato i quadri e si stavano pericolosamente avvicinando ai superstiti. Questa era la scena che un programma televisivo aveva scelto di mandare in onda durante il dibattito.
“Come ben sapete, il gruppo terroristico RealArt ha poco dopo rivendicato tale attacco.” esordì il conduttore dopo aver mostrato il filmato “Questa organizzazione è contraria a qualsiasi tipo di arte creata tramite intelligenze artificiali o androidi. E oggi abbiamo con noi in studio l’unico suo “sostenitore moderato”, per così dire. Benvenuto, signor Meyer.”.
“Salve a tutti.” replicò l’ospite, che ricevette un’accoglienza tiepida dal pubblico in studio. Gli applausi non furono molti, e qualcuno azzardò anche dei fischi.
“Credo che ormai lei sia abituato ad una reazione del genere.” ripartì il presentatore “Ma la prego, ci dica come mai ha deciso di svelare apertamente il suo sostegno a tale gruppo.”.
“È molto semplice.” esordì Meyer “Perché abbiamo una visione comune. Entrambi, sia io che questa organizzazione, concordiamo sul fatto che l’arte debba rimanere ad esclusivo appannaggio degli umani.”.
“Ma è proprio questo che volevo chiederle. Come mai insistete tanto su questo punto? Ormai le I.A. e le macchine hanno sostituito l’uomo anche nel lavoro manuale. Qual è la differenza?” fu la domanda seguente dell’uomo.
“Guardi, credo che in molti, lei compreso, siano consapevoli della differenza.” ribadì l’ospite “Per fare l’esempio del mondo del lavoro, un lavoratore può sempre fare altro o, in alternativa, modificare le sue competenze per continuare la sua mansione in modo diverso. Molti lo hanno fatto diventando tecnici dei robot che hanno compiti specifici.”.
“Quindi lei vuole dire che invece gli artisti non possono essere sostituiti perché sono migliori, o valgono di più dei semplici lavoratori?” a dire queste parole fu una donna, l’unica presente in studio.
“Sapevo che prima o poi avrebbe risposto lei.” si intromise il conduttore “Ma ecco la nostra seconda ospite della serata, la signora Guzman, rappresentante di una nota compagnia di sviluppo I.A. ed androidi.”.
Questa volta l’annuncio creò solo applausi da parte del pubblico. Non solo per la notorietà della donna, ma anche per ciò che aveva detto. “No, non intendo questo.” fu la risposta di Meyer “Gli artisti non sono migliori di nessuno, ma è l’arte ad essere diversa. Noi non possiamo delegare, dobbiamo essere in prima linea quando creiamo, perché dobbiamo dare sfogo a qualcosa che abbiamo dentro. Dobbiamo esprimerci. Dobbiamo porre il nostro marchio sul mondo, la nostra volontà. E le macchine non hanno volontà!”.
“E questo giustificherebbe atrocità come quella appena commessa dai suoi amici?” lo incalzò Guzman.
“No, per niente, io non li ho mai giustificati.” contrattaccò l’uomo “Infatti è risaputo che io non concordi su tutto ciò che quelli della RealArt sostengono. Un esempio su tutti, io non sono contrario al fatto che gli artisti, soprattutto disabili, utilizzino gli androidi come supporto per creare la loro arte.”.
“Allora non sarà forse che in realtà lei e i suoi amici avete solo paura di perdere soldi?” la donna lanciò una nuova accusa “Anche perché è noto che le opere delle I.A. e degli androidi siano molto remunerative.”.
“Non posso di certo parlare a nome di tutti, perché alcuni potrebbero nascondere le loro vere intenzioni.” rispose Meyer “Ma sia io che la quasi totalità degli attivisti, non siamo così interessati ai soldi. Siamo più preoccupati della situazione a livello concettuale.”.
“In effetti questa è una cosa che ha sempre dichiarato.” tornò a dire il presentatore “Tanto più che non c’è stata una modifica sostanziale nelle vendite dei suoi romanzi.”.
“Sì, per l’appunto. Ma sinceramente, anche se fosse, guadagno così tanti soldi che, anche se dovessi vendere di meno, potrei sopravvivere lo stesso.” confermò l’uomo.
“Ciò non cambia il fatto che i suoi amici si stanno macchiando di reati gravissimi.” tornò a insistere la Guzman.
“Appunto, i miei amici, non io. Personalmente non credo che sarei in grado di fare ciò che fanno loro. Sono un tipo troppo tranquillo e contrario alla violenza.” fu la risposta di Meyer.
“Ah, e lei vorrebbe lavarsene le mani così? Sa chi mi ricorda? I nazisti che dicevano di seguire solo gli ordini o i cittadini che, per sopravvivere, non si ribellavano.” proferì la donna.
Per la prima volta, l’uomo si prese un po’ di tempo, prima di aprire la bocca. Pausa che però non fu troppo lunga e diede origine alla seguente risposta “In effetti non ci avevo pensato, anche se non credo sia proprio la stessa cosa.”
Il suo discorso non era però ancora terminato “Vede, io li supporto a livello ideologico, ma non fornisco loro né soldi, né altro, come sanno tutti. Ci sono state indagini. Il punto è questo; io sono l’unico artista di un certo livello che si è espresso a loro favore proprio perché, a mio avviso, ne abbiamo bisogno.”.
“Sta dicendo che abbiamo bisogno di morte e distruzione? È questo che intende?” non appena Guzman espresse tale pensiero, il pubblicò reagì con bisbigli ed espressioni di stupore.
“No, ovviamente. Quello che intendevo era che per gli artisti, creare arte è una cosa seria, è una cosa molto potente. Quindi commettono atti potenti per mandare un messaggio potente.” si spiegò l’uomo.
Nonostante questa nuova elaborazione del pensiero precedente, sia la donna che il pubblico non nascosero il loro disappunto. “Aver perso il lavoro per colpa delle macchine è una cosa seria anche per i lavoratori!” replicò Guzman. Parole che le valsero il sostegno dei presenti che la premiarono con uno scroscio di applausi.
“Non lo metto in dubbio. Ma, ovviamente, questa dell’arte è una cosa seria per noi. Direi che è la stessa cosa, cambia solo la materia a cui diamo importanza. Per noi è l’arte, per loro il lavoro. Proprio per questo io suggerisco sempre di unirci, ma a quanto pare è un’idea che non piace a nessuno.” disse Meyer, facendosi una risata.
“Signori, purtroppo sono costretto ad interrompervi.” si intromise nuovamente il conduttore “Il tempo a nostra disposizione è finito. Salutiamo tutti gli spettatori e ci rivedremo domani, sempre alla solita ora.” concluse.
Una volta terminata la discussione, tutti furono liberi di fare quello che desideravano. Buona parte del pubblico andò via. Guzman rimase ancora qualche tempo a parlare con il presentatore. Meyer invece, decise di lasciare lo studio. Si recò verso il backstage e raggiunse il suo camerino. Prima di andarsene c’era una cosa che doveva prendere.
Non appena raggiunse la stanza però, notò che la porta non era chiusa a chiave, contrariamente a ciò che ricordava. La aprì, ma al suo interno non sembrava esserci nessuno. Iniziò a pensare che, semplicemente, non l’avesse chiusa. Non appena fece i primi passi per raggiungere la sedia, sentì un forte dolore, come un pizzico, all’altezza della spalla destra.
Diede uno sguardo a quella parte del suo corpo. Fu così che notò una ferita da taglio. Qualcuno lo aveva accoltellato. La lama aveva penetrato la carne, aumentando il dolore che provava e macchiando i suoi vestiti di sangue.
Appena si voltò, vide due individui. Entrambi indossavano una maschera. Quello a destra ne aveva una che raffigurava Michelangelo, l’altro invece aveva preso in prestito il volto dello scrittore José Saramago. “Buona… Fortuna…” questa fu l’unica cosa che riuscì a dire, prima di cadere a terra privo di sensi.
“Merda!” esclamò uno dei due “Siamo arrivati tardi! Qui non doveva esserci nessuno!” concluse.
L’altro prese il corpo di Meyer per appoggiarlo su una sedia. Una volta portato a termine il compito, disse “C’è poco da fare, abbiamo avuto problemi con la sicurezza.”. Quindi osservò il suo compare negli occhi e aggiunse “Ma ormai siamo qui, dobbiamo andare avanti con il piano.”
Detto ciò, i due uscirono dal camerino e si recarono proprio nello studio dove si era da poco concluso il dibattito. Inizialmente, visti i pochi rimasti, non vennero notati. Ma non appena si avvicinarono al conduttore e a Guzman, quest’ultima urlò. Reazione che portò i misteriosi individui a sguainare le armi.
“Chiamate la polizia! Presto!” urlò il conduttore.
La donna, in preda al panico, iniziò a correre. Ma le sue gambe non la portarono molto lontano, perché i tizi mascherati spararono una raffica di colpi che la presero in pieno petto. Appena ebbero la certezza che Guzman fosse morta, i due spararono altri colpi in aria ed urlarono “Morte all’I.A.! Lunga vita all’arte! Viva RealArt!” per poi correre via.