Nel 2015 la 7Brands Inc., (agenzia di traduzione americana) diffonde una infografica in cui presenta la classifica dei libri più tradotti al mondo: al primo posto Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, con 253 traduzioni, segue, con 240 traduzioni, Pinocchio di Carlo Collodi, unico libro italiano in classifica. Per chi è italiano, come me, non una sorpresa. Pinocchio è una fiaba molto conosciuta e anche molto amata, che si presta a numerosi usi e interpretazioni e ci accompagna tutti sin dalla infanzia. Riadattata in innumerevoli modi, dai cartoni animati ai film e alle rappresentazioni teatrali, dai programmi televisivi alla più moderna pubblicità, è raro trovare qualcuno che non sappia descrivere le linee principali della sua storia. Anche se non ha letto il classico testo di Collodi.
Pinocchio nella tradizione
Eppure Le avventure di Pinocchio, scritto alla fine del 1800 (1883), è un testo fortemente figlio del suo tempo. Che riscuota un successo così longevo, quindi, potrebbe stupire. Ambientato presumibilmente ai tempi del Gran Ducato di Toscana, il romanzo, in linea con la letteratura ottocentesca, presenta un mondo spesso triste e crudele a cui un bambino nella rivoluzione industriale doveva assuefarsi per imparare a vivere. Sono gli anni del verismo verghiano (I Malavoglia esce nel 1881), che metteva in campo il lato oscuro dell’esistenza popolana, e Pinocchio altro non è che un’allegoria della società dell’epoca. Un’epoca in cui i bambini avevano doveri da adempiere, tra cui lavorare e contribuire all’economia familiare, prima di diritti da rivendicare. Un romanzo che parla di povertà e difficoltà da superare, in cui l’obbedienza e l’educazione alla bontà assumono un ruolo centrale per la salvezza.
Pinocchio oggi
La società contemporanea è molto cambiata. Alla povertà, acuitasi nel periodo tra le due Guerre, si è sostituito il benessere e al concetto del lavoro infantile si è contrapposto quello della cura della persona. Il rispetto delle caratteristiche individuali dell’infante, merita una attenzione che trascende l’imposizione di regole che mirino solo a mettere il bambino al servizio dell’adulto. Sono ancora valori da perseguire quelli della sincerità, il rispetto per adulti e genitori, l’ascolto. Ma il contesto di riferimento si è decisamente rivoluzionato. Pinocchio continua ad avere cose da dire, ma non è un caso se gli adattamenti a partire dalla seconda metà del secolo scorso, abbiano sempre più puntato l’attenzione sulla crescita del burattino e il suo processo di maturazione, in perfetto stile di romanzo di formazione, trascurando altre parti.
In questo mondo che persegue i principi dell’individualismo e in cui ognuno parla di se stesso, senza necessariamente avere qualcosa da insegnare, Guillermo Del Toro pensa ad un Pinocchio ‘altro’, stravolgendone completamente la narrazione e adattandolo alla sua idea di regia. Uno splendido lavoro in stop motion, pensato e portato avanti per più di 10 anni (consigliamo di vedere lo speciale sulla produzione, disponibile sempre su Netflix) che viene plasmato interamente sulla figura del suo autore. Non un nuovo adattamento del racconto, quindi, ma una storia tutta da esplorare, con un finale aperto e, per certi versi, imprevedibile.
Pinocchio di Guillermo Del Toro
Chi conosce un po’ i lavori di Del Toro sa che i protagonisti delle sue storie spesso hanno a che fare con il Male rappresentato dalla Guerra (La spina del diavolo e Il labirinto del Fauno per esempio, o Hellboy), e ancor più spesso presentano figure borderline, come mostri o freaks. Mostruosità come sinonimo di diversità e ricerca di accettazione (pensiamo a The Shape of Water).Le sue storie sono ambientate sempre in un mondo dove la realtà confina con l’immaginazione e, per questo, possono definirsi favole nere per adulti, intrise di simboli e oggetti fantastici che ci permettono di riflettere sulla realtà in modo metaforico. Per esempio, sul rapporto padre/figlio, altro tema molto ricorrente nella sua produzione cinematografica. La tecnica è sempre la stessa: attingere ad un immaginario collettivo condiviso, per costruire un mondo visionario facilmente interpretabile.
In questo senso, Pinocchio rappresenta, a mio avviso, la sua opera più compiuta. La tecnica dello stop motion, esaltata dalla cura del dettaglio tipica della produzione del regista, ci offre un immaginario estetico di meraviglioso appagamento.L’ambientazione della storia durante la prima Guerra mondiale e gli anni dell’ascesa del fascismo, permette al regista di ribadire la sua posizione di fronte all’obbligo di sottostare a regole non dettate dalla ragione. E offre ai suoi personaggi la possibilità di definirsi in funzione dell’assolutezza del Male.La rielaborazione dei ruoli dei personaggi, compreso lo spostamento del ruolo di protagonista dal burattino al suo creatore, Geppetto, infine, permette all’autore di raccontare parte della sua vita, il rapporto con il padre e l’importanza di essere accettati.
Tutta un’altra storia
Una storia nuova, in cui essere un bambino buono e obbediente non è più un obiettivo, ma farsi accettare per le proprie imperfezioni, peraltro inferte dallo stesso genitore, lo diventa.PICCOLO SPOILER (ma si tratta proprio dell’avvio del film): Pinocchio non è ribelle perché generato da un legno vivo, ribelle a sua volta, come Collodi lo aveva disegnato. Il Pinocchio di Guillermo Del Toro è stravagante e indisciplinato perché imperfetto, essendo stato prodotto da Geppetto che era ubriaco nel momento della creazione. E perfetto non potrà mai diventarlo proprio per questo. A maturare quindi non è lui, durante il racconto, ma proprio il suo creatore che piano piano si renderà conto che le cose vanno valutate in relazione a ciò che sono, e non ciò che vorremmo che fossero.
Scompare la fata turchina, i malvagi cambiano statuto (il male è altrove), Pinocchio di Guillermo Del Toro è una narrazione che ci mostra uno sguardo senza tempo sulla realtà.
Non a caso, il punto di vista della narrazione è dichiaratamente quello di uno dei personaggi della storia, il Grillo Parlante, ridisegnato per l’occorrenza, il quale, aspirando a diventare uno scrittore di successo, accetterà di seguire le vicende del giovane Pinocchio e si trasformerà nella coscienza del protagonista (Geppetto).
Concludendo
Pinocchio segue, a ben vedere, alcune nuove linee di tendenza della narrazione, che abbandonano l’ideale classico del viaggio dell’eroe, per abbracciare in modo più coerente la vita. Una vita in cui, come scrive Alessandro Baricco (2022): “Gli umani vivono di una spettacolare follia amletica […]; in cui le prove non sono ostacoli da superare ma scenari da abitare; in cui nessuno è un individuo ma tutti una parte del tutto; in cui la maggior parte delle esperienze non porta a un incremento del sapere e del potere; […] e in cui gli eventi di una vita non rispettano un ordine né lo generano”.
Quindi, che la favola di Pinocchio vi appassioni, o no, sicuramente è un film da vedere.