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Mrs England e il Noir inglese della brughiera

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Mrs England e il Noir inglese della brughiera

“Rimasi impietrita e la donna mi guardò con un’aria così sorpresa e impaurita che mi venne il dubbio di aver sbagliato casa. ‘Mrs England?’ dissi, mentre lei continuava a guardarmi come se fossi un fantasma”.

A buon intenditor poche parole, e queste righe fanno capire al volo che molti guai attendono Ruby May, bambinaia londinese, assunta per accudire i quattro figli di un’agiata famiglia dello Yorkshire.

Mrs England

Mrs England, scritto da Stacey Halls nel 2021, evoca le suggestive atmosfere di tanta letteratura anglosassone otto-novecentesca, si avvale di un intreccio avvincente e prodiga senza risparmio gli stereotipi del genere: la ricca dimora isolata nel paesaggio piovoso, la servitù inappuntabile ma vagamente ostile, i personaggi reticenti, solo all’apparenza amabili. E poi le mezze-verità, le mezze-bugie, le cose dette e non dette, quel senso di pericolo indistinto, incombente…

Nella vicenda, anno 1904, la giovane Ruby è accolta affabilmente dal cortese padrone di casa, Charles England, e stabilisce ben presto un buon rapporto affettivo con i piccoli Saul, Decca, Millie e Charley. La nursery è confortevole, il lavoro piacevole, le passeggiate si alternano al tè in giardino. Tutto sembra andare per il meglio… ma perché le viene chiesto di chiudersi a chiave nella sua stanza la sera? Perché non le arriva la posta dai suoi parenti di Londra? Perché Lilian England si disinteressa dei figli e il fabbro Tommy Sheldrake le invia missive furtivamente?

Una serie di enigmi avvolgono gli England

Questi ed altri enigmi indefinibili avvolgono gli England e opprimono Ruby che, di suo, quanto a misteri, non si fa mancare nulla: infatti ha un agghiacciante passato da nascondere e una colpevole passione da domare (“Ero a un palmo da lui, turbata dal suo respiro che mi muoveva i capelli, dal suo torace possente”). E mentre la suspense cresce lentamente, gli eventi assumono i toni dell’incubo (…mi parve di sognare, mentre guardavo ammutolita quell’uomo grande e grosso che si avvicinava sempre più”), e il finale sorprendente scocca tra l’accumularsi delle falsità (“E’ sempre la solita storia, distorci le cose, e cerchi di farmi passare per pazza”).

I grandi classici del noir inglese: Gaslight

Mrs England discende dritta dritta da grandi classici inglesi, primo fra tutti Gaslight (1938) di Patrick Hamilton, pièce teatrale poi adattata nell’indimenticabile film Angoscia diretto nel 1944 da George Cukor.

Dal titolo deriva il termine gaslighting che, in psicologia, indica la manipolazione di un soggetto con sottili finzioni al fine di disorientarlo e farlo dubitare delle sue capacità percettive. E come dimenticare la magistrale interpretazione di Ingrid Bergman e Charles Boyer? La vecchia casa vittoriana, lui che le nascondeva gli oggetti, con quegli occhi lampeggianti e il sorrisetto crudele… lei terrificata da cose inspiegabili, i passi felpati in soffitta, l’improvviso affievolirsi delle lampade, e convinta a poco a poco di essere l’unica ad avvertirle…

Wilkie Collins e La donna in bianco

Tra gli altri ‘antenati’ di Mrs England notiamo anche La donna in bianco di Wilkie Collins (1859): trama serrata, tenebrosa, dove l’eccezionale scrittore mescola scambi di persona e ospedali psichiatrici, creando un personaggio formidabile – il mellifluo e pericolosissimo Conte Fosco, guarda caso è italiano, come è tipico dell’immaginario collettivo inglese che evidentemente ci collega sempre ai Borgia o giù di lì – e sviluppando con Anne-Laura il tema del doppio, doppelganger, molto sfruttato in età vittoriana (leggi anche qui).

Un ulteriore volume attinente? Di sicuro Il segreto di Lady Audley che Mary Elizabeth Braddon scrive nel 1862 facendo venire un colpo ai benpensanti sudditi di Queen Victoria: notiziona! le donne non sono tutte imbranate, le mogli non sono tutte zuccherose, le madri non sono tutte sante, al contrario, brigano e ingannano, e diventano pure bigame all’occorrenza. Casa, dolce casa nel poetico verdeggiare degli shires? No di certo, se c’è in giro una femmina determinata che mette fuori gioco omaccioni ben piantati per salvaguardare le sue ricchezze.

La tempestosa Cornovaglia di Daphne du Maurier

Da Braddon-choc a Daphne du Maurier il passo è breve. E Stacey Halls, la du Maurier, deve averla avuta ben presente stendendo Mrs England: di sicuro la du Maurier di Rebecca (1938) – quei lugubri saloni di Manderley, quella tetra governante Danvers con la sua ossessione per la padrona defunta, a metà strada tra una pazza necrofila e un’omosessuale sottintesa (leggi anche qui) – ma soprattutto la du Maurier di Mia cugina Rachele (1951), libro ugualmente godibilissimo, se non addirittura superiore.

Da Rebecca a Mia cugina Rachele

La superba narrazione, tutta doppiezze e dilemmi nella tempestosa Cornovaglia, s’incentra su un interrogativo angoscioso: chi è davvero Rachele? Piacente, brillante, arguta, ha sposato il ricco Ambrose per amore o per calcolo? È una maliarda furba e calcolatrice? (“Raggiungimi più presto che puoi, in nome di Dio. È riuscita a finirmi, Rachele, il mio tormento”), oppure è una vittima involontaria? (“Vi sono donne… ottime sotto ogni aspetto, ma che, senza loro colpa, sono apportatrici di sciagura. Tutto ciò che toccano diventa tragedia”).

Dal romanzo fu tratto l’omonimo film (1952) con Olivia de Havilland e Richard Burton (il ruolo segnò l’esordio hollywoodiano dell’aitante gallese fruttandogli una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista), e un remake nel 2017, Rachel, con Rachel Weisz e Sam Claflin.

Nel libro e sullo schermo Rachele prepara innumerevoli tisane… benefiche o venefiche? Non si sa, ma è d’obbligo il rimando al mitico Alfred Hitchcock e alla scena madre de Il sospetto (1941) quando Cary Grant sale le scale con volto impenetrabile portando una misteriosa bevanda per Joan Fontaine… L’inquadratura non presenta altro, ma mette i brividi.

E poi naturalmente c’è Jane Eyre

C’è poi ancora un must da cui Mrs England attinge a piene mani, ed è naturalmente il capolavoro di Charlotte Bronte, Jane Eyre (1847): qui c’è un’istitutrice, lì c’è una bambinaia. Qui c’è il byronic hero Mr. Rochester, lì il byronic hero Mr. England. Qui abbiamo la notte con l’incendio inspiegabile, lì la notte con l’inspiegabile fuga di gas. Poi qui c’è un aspirante bigamo, lì c’è una bigama effettiva. Qui la folle Bertha Mason è nascosta in soffitta, lì Arthur May è internato nel manicomio criminale… e via di questo passo, a testimoniare l’intramontabile successo del libro della Bronte e la sua incrollabile presa sul pubblico che ha generato prequel, sequel e perfino spin-off.

Vedi Il caso Jane Eyre del 2001, surreale, in cui l’inglese Jasper Fforde immagina che il malvagio Acheron minacci Jane e che la detective letteraria Thursday Next “entri” nel romanzo e corra in suo aiuto insieme a Mr. Rochester. Senza contare la bellezza di 25 trasposizioni cinematografiche e televisive, partendo da una pellicola del cinema muto del 1910 fino a quella del 2011, e passando per la bellissima versione che ne diede Franco Zeffirelli nel 1996 con Charlotte Gainsbourg e William Hurt.

Insomma, noi ci caschiamo con tutte le scarpe in queste pagine squisitamente british dove aleggia una vaga e sommessa apprensione. Nel novel e nel romance gli inglesi ci sanno fare, non ci piove. Questione di DNA. E infatti, diceva il grande umorista Jerome K. Jerome, due inglesi, la notte di Natale, davanti al caminetto, subito si terrorizzano a vicenda con paurose storie di fantasmi e sono felicissimi, divertendosi un mondo.

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