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La casa sul Nilo

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La casa sul Nilo

Eppure oggi che ho avuto il privilegio di visitare molti paesi, non sono mai stata all’ombra delle piramidi. Tanto però è bastato a risvegliare sogni e fascinazioni antiche. Così, nel riprendere gli studi sulla civiltà egizia, mi sono ritrovata fra le mani anche il romanzo di Denise Pardo, La casa sul Nilo, pubblicato da Neri Pozza nel 2022.

Come spesso capita, almeno a me, si parte da un punto per poi arrivare a un altro che poco c’entra con quello di partenza. Fatto sta che, iniziata la lettura di questo libro eccezionale che ha rintuzzato la mia curiosità e il desiderio giovanile di vedere Il Cairo, ho scoperto una parte di storia dell’Egitto che si studia pochissimo qui in Europa, cioè quella dei primi decenni del Novecento, prima dell’ascesa di Nasser. E relativamente a questo periodo, l’opera della Pardo è una vera miniera d’oro.

L’autrice è nata al Cairo nel 1954, da una famiglia di ebrei sefarditi da parte di padre: cioè discendenti dagli ebrei che, dopo la diaspora, si rifugiarono in Spagna fino a che ne furono cacciati nel 1492. Da parte di madre invece erano ashkenaziti, cioè discendenti dagli ebrei stabilitisi nell’area germanica dopo la diaspora. Denise Pardo ci racconta senza malinconie, ma con nostalgia, della sua infanzia in una capitale cosmopolita, dove la tolleranza era la parola d’ordine e fondamento degli innumerevoli stimoli culturali che contraddistinguevano l’Egitto di quell’epoca.

La casa sul Nilo

La casa sul Nilo è un romanzo autobiografico in cui la giornalista ci parla di un periodo che va dal 1948 al 1961, quando l’Egitto era famoso, non solo per la Sfinge e i faraoni, ma anche per essere un crocevia in cui inglesi, francesi, arabi, russi e italiani potevano convivere in pace e armonia, godendo di un’atmosfera e di una opportunità di scambio culturale straordinario e raffinato.

Il libro si apre con un’anticipazione dei fatti che avverranno in futuro e, saltando il periodo cruciale della narrazione, arriva a quello successivo in cui Denise si ritrova a Roma, nel 1961, quando la sua famiglia è costretta a trasferirvisi per sfuggire ai pericoli derivanti dal regime di Nasser.

Dopo questa introduzione in cui comprendiamo le difficoltà di Denise e dei suoi familiari ad adattarsi ad una vita completamente nuova e diversa dalla precedente per abitudini e cultura, il racconto torna indietro allo sfavillio degli anni egiziani e ci fa conoscere la storia di sua madre e suo padre, divisi nel passato dalla persecuzione nazista.

Il Cairo: feste, caffè e balli fino a tarda notte

Ci si addentra nello sfolgorio di un presente fatto di feste, caffè, balli fino a tarda notte in pacifica convivenza e frequentazione con persone di religione, tradizioni e lingue apparentemente inconciliabili. La stessa cosa che, in piccolo, si verificava in casa loro dove parlavano inglese, francese e arabo, mentre la nonna e la mamma parlavano yiddish, la lingua degli ebrei ashkenaziti.

Pur essendo caratterialmente opposti e frutti di due culture diverse, la sefardita e l’ashkenazita, papà e Bobe [la nonna materna] e quindi la mamma che era stata educata nello stesso modo, trovarono un’affinità perfetta sull’argomento. Nessuno era bigotto e davvero praticante […] Ma la via di mezzo indispensabile, il punto d’incontro per tutti inattaccabile era che bisognava credere in Dio ed essere buoni, onesti e altruisti, questo era sufficiente a chiudere la questione.La mentalità della nostra famiglia non esprimeva qualcosa di speciale, incarnava lo spirito e la libertà di quei tempi in quel Paese, in quella città, o meglio, in quella fetta di città e comunità. Era abituale che la vigilia di Natale Fanny, Leila, Vicky e tutte le compagne di scuola ebree e musulmane aspettassero le amiche cattoliche fuori dalla chiesa per festeggiare insieme.

Purtroppo questo quadro idilliaco, fatto di amicizie altolocate e stimolanti, si interrompe bruscamente a partire da un particolare e tremendo evento: la bomba ai Grandi Magazzini Cicurel, ordita dal movimento dei Fratelli Musulmani. Un ordine radicale che lottava contro il colonialismo inglese ed europeo in generale. Tutto questo in un Egitto che si impoveriva mentre il re Faruq, uno degli uomini più ricchi al mondo, ostentava una sfacciata ricchezza e spendeva i suoi milioni nei casinò europei.

Hafez è l’uomo che lega questa famiglia alle vicissitudini politiche in corso. Hafez, che si innamora di una carissima amica di Fanny, la madre di Denise, si unisce all’astro nascente della politica egiziana: Nasser. Proprio colui che condurrà l’Egitto nel lento ma inesorabile cambiamento di rotta che lo trasformerà da luogo magico in territorio pericolosissimo per gli “stranieri”.

Nasser che detestava gli inglesi e pensava che tutti i problemi derivassero da loro, voleva ridare l’Egitto agli egiziani, togliendolo agli usurpatori.

La presa di potere di Nasser

Quindi nel 1952, arrivò inesorabile il sabato nero: il 26 gennaio iniziarono i disordini che portarono alla fine della monarchia. Seguì il 23 luglio, il golpe dei Liberi Ufficiali guidato da Naguib e Nasser. Faruk venne deposto, l’Egitto uscì dalla tutela britannica e venne proclamata la Repubblica. Questo finché nel 1954, Nasser prese tutto il potere nelle sue mani, facendo arrestare Naguib.

In un simile contesto la famiglia di Denise comincia ad aver paura.Spariscono le feste, spariscono le ostentazioni di ricchezza.Così nel 1961, la famiglia Pardo, ormai indesiderata, sarà costretta a lasciare il Paese.Il capitolo finale ci riporta a Roma dove il romanzo si chiude.

Ma prima che il cambiamento politico travolgesse la sua famiglia, Denise Pardo ci ha trasportato in atmosfere favolose, nel sogno meraviglioso e fragile di una capitale che aveva posto per tutti. Era “una magica alchimia di lingue, religioni e colori di pelle”, una città cosmopolita e internazionale, racconta la scrittrice, rispetto alla quale Roma era una città chiusa e provinciale.

La casa sul Nilo è la testimonianza di un tempo in cui al Cairo si poteva essere chiunque – naturalmente se eri benestante – e individui appartenenti a qualunque nazionalità o religione potevano convivere in pace e diventare amici.

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