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Festivalfilosofia: saper pensare per star bene e sperare

di Ansa   
Festivalfilosofia: saper pensare per star bene e sperare

(di Paolo Petroni) (ANSA) - ROMA, 13 SET - Si sente dire che la filosofia non serve a molto, che è un'attività teorica, lontana dalla realtà della gente, specie in un mondo dove prevale il sapere scientifico ma assieme ognuno ritiene di poter intervenire su qualsiasi tema a prescindere dalla competenza. C'è da 24 anni il Festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo, che si è aperto oggi e si concluderà domenica, a dimostrare invece che la filosofia serve e serve a riuscire a star bene, con se stessi e con gli altri, imparando a ragionare, porsi domande, capire. Lo attestano le migliaia di presenze alle lezioni magistrali (53 questa edizione), che seguono con attenzione anche quelle più difficili e impegnative. L'Oms, l' Organizzazione Mondiale della Sanità, ci ricorda Elisabetta Lalumera, docente di Filosofia e teoria dei linguaggi all'Università di Bologna, afferma che l'esser in salute è un completo benessere psicologico, spirituale e sociale, della psiche quindi (che è il tema di questo Festival) e non solo un'assenza di malattie. E' proprio partendo da questo obiettivo, spesso difficile da raggiungere - dice - tra i tanti incidenti fisici o sofferenze per amore o per il proprio aspetto, che bisogna, oltre a prevenire le malattie, lavorare su noi stessi, con fiducia e speranza, perché è solo con la speranza che c'è un futuro migliore. E il punto di partenza è sempre il socratico ''conosci te stesso'', come ci ricorda Luigina Mortari, professoressa di pedagogia sociale all'università di Verona.

Alla base c'è appunto la filosofia, ''la capacità di pensare in modo articolato, perché pensare non è solo calcolare, come dicono alcuni, ma nemmeno provare solo delle emozioni, come credono altri, ma un'amalgama di fattori'', come dice Maurizio Ferraris, docente di Filosofia teoretica all'università di Torino. C'è la sensibilità, quella capace di sentire la nostra parte più intima e assieme di capire gli altri, così che determina il nostro essere nel mondo, che è coscienza, ricordo, piacere e dispiacere - per Ferraris - assieme al darsi dei fini, degli obiettivi così che il corso della vita, dall'inizio alla fine, abbia un percorso e un senso. Per questo è utile la ragione, la razionalità che analizza le motivazioni, ed è il coronamento della volontà, della decisione di aver preso una direzione. E nella complementarietà tra ragione e volontà che si nasconde la forza di reagire e proseguire anche quando appunto la prima sembra dirci che c'è poco da sperare, che tutte le strade appaiono chiuse, mentre la seconda ci dice che un giorno tutta quella negatività sarà risolta e dimenticata. Per Stefano Micali, docente di Fenomenologia e antropologia filosofica all'università di Lovanio, allora è utile tenere un diario, cercare di raccontarsi nei momenti critici, proprio per poi potersi rileggere e essere testimoni di se stessi, osservarsi come a uno specchio, con una certa distanza, per rendersi conto, perché l'angoscia è una paura non concreta, relativa a un pericolo reale, ma si rapporta al nulla e ha come suo elemento sostanziale l'immaginazione, da cui derivano però manifestazioni vere, fisiche (palpitazioni, mancanza di respiro ecc) che a loro volta alimentano l'angoscia in una specie di circuito chiuso. Bisogna ricordarsi che sono ancora validi i basilari termini del compito terapeutico, come sottolinea la psicoanalista Simona Argentieri, ovvero: ''rendere consci gli impulsi inconsci; smascherare le resistenze; chiarire che non è possibile vivere secondo il principio di piacere/dispiacere, ma è necessario, per vivere il meglio, tenere conto del principio di realtà''. ''In questo mondo - spiega Vito Mancuso, docente al master di Meditazione e neuroscienze dell'università di Udine - dove tutto si muove secondo necessità e si agisce secondo istinto o calcolo, l'essere umano si dimostra capace di mettere in moto un fenomeno inatteso, inconcepibile, eppure reale che mostra alla ragione l'esistenza di un'altra dimensione basata su un desiderio di bene e armonia, capace di guardare avanti con speranza''. ''Ecco dunque che cosa significa pensare - conclude Ferraris - sentire, aspirare, volere, ragionare, darsi dei fini e soprattutto disperarsi e poi sperare, che è la forza degli esseri umani''. A questo proposito Mancuso cita il filosofo Ernest Bloch, per il quale ''lo sperare è superiore all'aver paura: non è passivo come questo sentimento né, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L'effetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli''. E lo dice anche in relazione alle grandi domande dell'esistenza (Chi siamo? Da dove veniamo? Cosa ci aspetta? ecc.) che rischiano di farci vacillare il terreno sotto i piedi, di precipitare in un'angoscia che si combatte solo col lavoro della speranza, ''che non è rinunciatario, ma desiderio e volontà di sapere e riuscire''. (ANSA). .

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