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La storia di un uomo buono che cade più volte ma non s’indurisce mai del tutto: e di come... si vince il Pulitzer

Meritatamente vincitore del premio Pulitzer 2023, oltre che del Women’s Prize for Fiction, il romanzo di Barbara Kingsolver è una lettura appassionante, profonda e delicata al tempo stesso.

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La storia di un uomo buono che cade più volte ma non s’indurisce mai del tutto: e di come... si...

Ho sempre pensato che il marchio distintivo di un capolavoro letterario sia la sua capacità di essere trasposto in qualsiasi tempo e luogo rimanendo tanto attuale quanto fedele a sé stesso. Accade per William Shakespeare, Jane Austen, i classici greci e latini e per pochissimi altri testi.

Charles Dickens è una miniera

Mi ha sempre stupito che a mancare all’appello fosse Charles Dickens, uno degli autori più geniali, sensibili e francamente attuali della storia della letteratura. Per qualche motivo le sue opere, con l’eccezione di Canto di Natale, non sono mai state ambientate in un secolo o luogo altro dall’Inghilterra dell’Ottocento. Eppure le dinamiche interpersonali e sociali di cui tratta, pur essendo estremamente specifiche e strettamente legate alla sua contemporaneità, appaiono universali tanto nel tempo quanto nello spazio.

Ogni suo romanzo è una miniera di situazioni drammatiche viste attraverso la lente dell’ironia, talvolta amara talvolta benevola, e di scene buffe venate di malinconia.

Continua è la denuncia dell’assurdo classismo di una società che colpevolizza la povertà e tende a schiacciare ogni tentativo di uscirne, spesso ricorrendo all’inespugnabile fortezza della burocrazia e dei tribunali (vedi Casa Desolata o La piccola Dorrit). Cosa può esserci di più universale?

Demon Copperhead

Ecco però che dal cuore degli Stati Uniti, all’ombra dei Monti Appalachi, arriva l’adattamento definitivo. Primo, perché in forma letteraria. Secondo, perché traccia un parallelo perfetto tra l’Inghilterra del XIX secolo e gli Stati Uniti tra fine XX e inizi XXI secolo. Terzo, perché togliendo il filtro delle crinoline libera finalmente Dickens dal limite storico e lo trasporta nel presente.

Demon Copperhead è un romanzo che sarebbe meraviglioso già di per sé, ma che aggiunge un ulteriore livello qualitativo grazie al mantello dell’adattamento di cui si riveste. Meritatamente vincitore del premio Pulitzer 2023, oltre che del Women’s Prize for Fiction, il romanzo di Barbara Kingsolver è una lettura appassionante, profonda e delicata al tempo stesso.

La voce di Demon è limpida, ironica, dolceamara, piena di quella affettuosa malinconia che si prova quando si riguarda a un passato che ci ha fatto soffrire ma in cui si era giovani e pertanto perdonabili nella nostra ingenuità.

Ispirato a David Copperfield

Come il David Copperfield a cui si ispira anche Demon è prova che, come nel detto inglese, serve un villaggio per crescere una persona. In trasparenza alla moltitudine di personaggi che lo circonda si possono ritrovare quelli del romanzo di Dickens, ma sono tutti così ben descritti da essere unici. Lo stesso Demon diventa un vecchio amico già dopo poche pagine, segno del talento indiscutibile della Kingsolver. L’autrice si diverte a mischiare un po’ le carte, a giocare con i nomi. Ma è un divertissement che non ostacola la godibilità del romanzo a chi non ha mai letto Dickens. Anzi, magari porterà qualcuno ad avvicinarcisi a lui senza farsi spaventare dalle lampade ad olio e i fumi di Londra.

La piaga degli Appalachi

Demon Copperhead nasce da una ragazza madre tossicodipendente, sola al mondo, nel nulla degli Appalachi. La gente di quelle parti Demon la descrive brillantemente:

“Montanari, gente di campagna e delle fattorie, noi non ci siamo mai, da nessuna parte. È un dato di fatto, siamo invisibili. Arrivi al punto che cerchi di fare più rumore possibile solo per vedere se sei ancora vivo”.

Diventato ben presto orfano, Demon è quindi doppiamente invisibile e non a caso il suo supereroe preferito è Wolverine, il rinnegato fra i supereroi emarginati dalla società, gli X-Men.

Catapultato nelle maglie dei servizi sociali e del sistema degli affidamenti, Demon finalmente trova una via d’uscita presentandosi dalla nonna che non ha mai conosciuto e che farà da tramite per l’unico affido stabile della sua vita, quello al Coach Winfield e a sua figlia Angus. Una famiglia anch’essa malmessa, con il coach mezzo alcolizzato e Angus che rifugge fieramente ogni stereotipo sulle adolescenti, isolata ma forse anche per questo unica presenza stabile e sempre accogliente nella vita di Demon.

Questa traballante ripresa di Demon, con il vento che pare finalmente girare a suo favore, viene interrotta da quella che è diventata, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, la piaga degli Appalachi: la dipendenza dagli oppioidi. In quella terra dimenticata di agricoltura povera e miniere, la promessa di una cura per le inevitabili conseguenze del duro lavoro quotidiano è stata abbacinante e feroce.

Barbara Kingsolver descrive alla perfezione l’inevitabilità di questa spirale. La quotidianità squallida e la dolcezza degli affetti, così forti perché nati nelle difficoltà, brutalizzati dalla dipendenza.

La povertà degli Appalachi è la stessa della Londra dell’800

La povertà degli Appalachi è la stessa che affolla le viuzze della Londra dell’800. La condizione fragile degli orfani è immutata, la facilità con cui le brave persone ingenue possono cadere non ha confini.

“La loro fetta della torta americana era andata a male. […] Bastava una piccola spinta per rotolare giù dal burrone”.

In questa precarietà Demon si muove con incrollabile purezza e disincanto, un animo buono che cade ripetutamente ma che non s’indurisce mai del tutto. La scrittura della Kingsolver è altrettanto viva e palpitante, diretta e poetica insieme, ironica e acuta, dotata di quella stessa compassione che è forse il tratto più autentico della scrittura di Dickens. Compassione di cui questo mondo sempre più diviso ha infinitamente bisogno e che Demon Copperhead ci regala in abbondanza.

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