“Femminicidio” è un termine che suona sgradevole all’orecchio, prima ancora di comprenderne il significato. Ma purtroppo è un termine necessario per indicare gli omicidi di donne il cui movente prende origine proprio dalla loro condizione di donne.Una categoria di crimini che, almeno in Italia, sembra poco interessata dal calo generale degli omicidi registrato negli ultimi decenni. L’Istat certifica che dal 1992 a oggi gli omicidi con vittime maschili si sono ridotti di una percentuale pari a circa l’83%, mentre quelli con vittime femminili non più del 25%.Inoltre, si mantiene costante il rapporto per cui la maggior parte degli uomini viene uccisa da sconosciuti, mentre la maggior parte delle donne viene uccisa da un partner o da un ex partner.Benché l’Italia resti agli ultimi posti di questa orrenda classifica, rispetto agli altri paesi europei, il fatto che questa situazione non riesca a smuoversi è preoccupante.
Il Messico
Tra i paesi che stanno messi peggio, c’è il Messico, Paese in cui il femminicidio appare addirittura in aumento. Con fenomeni agghiaccianti come quello di Ciudad Juarez, vicino al confine con gli USA, in cui migliaia di giovani donne sono state sequestrate, torturate e uccise per ragioni probabilmente legate al fatto che, come lavoratrici nell’industria manifatturiera, vengono viste come “concorrenza sleale” dagli uomini. I datori di lavoro infatti preferiscono assumere loro perché le pagano di meno.Una realtà del genere non può esistere senza una radicata complicità della società civile, che investe le famiglie e le istituzioni, con particolare riferimento alla polizia e alla magistratura, visto che la stragrande maggioranza di questi femminicidi resta impunita.
Un libro non-fiction
È in questo contesto che va inquadrato L’invincibile estate di Liliana, il libro non-fiction della professoressa universitaria e scrittrice messicana Cristina Rivera Garza che si è sorprendentemente rivelato uno dei bestseller del 2023 ed è arrivato anche in Italia, grazie alle Edizioni Sur.La Rivera Garza ricostruisce un femminicidio che potremmo definire tipico, e non lo sceglie a caso, ma ne sceglie uno che può narrare dall’interno. La vittima è sua sorella minore Liliana, studentessa di Architettura, uccisa a 21 anni nella notte tra il 15 e il 16 luglio 1990 in un appartamento di Città del Messico, dal proprio ex ragazzo, Ángel González Rojas.
A trent’anni di distanza
Per narrare questa vicenda, l’autrice ha potuto attingere non solo ai ricordi di molti testimoni ma anche a una messe di documenti scritti dalla sorella che, in tempi ante-cellulari e ante-social, era abituata a tenere diari, scrivere lettere e redigere annotazioni di ogni genere, senza mai distruggere nulla. Al punto che la sua vita negli anni precedenti il delitto può essere ricostruita quasi giorno per giorno.
L’unica difficoltà, per Cristina Rivera Garza, è stata quella di prendere le distanze dal proprio dolore mai completamente elaborato e dal senso di colpa che, come documentato da diversi studi, accompagna sempre l’esistenza dei superstiti. Questi, infatti, si rimproverano di non aver protetto abbastanza le vittime.Non a caso, prima di trovare la forza di mettere mano al libro, ha dovuto aspettare trent’anni. Fortunatamente, essendo quasi tutti i testimoni molto giovani all’epoca dei fatti, non ha avuto grandi problemi a rintracciarli e a raccogliere i loro contributi.
L’invincibile estate di Liliana
L’invincibile estate di Liliana è in gran parte una collazione di testimonianze, alternate alla narrazione dello stato d’animo dell’autrice man mano che prendevano forma la decisione di scrivere il libro e poi la sua redazione.A me sembra che le parti personali rallentino e rendano un po’ più pesante la narrazione, ma si tratta di un’opinione e non mi aspetto che sia condivisa da ogni lettrice/lettore. Anche perché capisco che in certe circostanze non è possibile prendere oggettivamente le distanze dalla materia che si sta trattando, come se si stesse scrivendo un normale true crime. Anzi, riconosco all’autrice di essere davvero lucida e professionale quando integra le sue considerazioni, citando dati tratti da studi e conclusioni di specialisti.
Testimonianze dirette
Invece le testimonianze dirette sono di una freschezza e un’immediatezza tali che viene facile divorarle, soprattutto perché ci restituiscono, ricordo per ricordo, scena per scena, com’era Liliana da viva. Una ragazza con tante qualità: eccellente studentessa, donna indipendente e autonoma, intellettuale dai vasti interessi, atleta disciplinata, amica fidata. Si direbbe quasi perfetta, se non fosse che la sua condotta, nel campo sentimentale, appare spesso incoerente o incomprensibile. Ma, dopo la sua fine, scopriamo perché: Liliana non era libera di vivere la sua vita privata.
Aveva avuto, negli ultimi anni delle scuole superiori, una storia con un compagno, Ángel González Rojas. La fine della scuola aveva scavato un solco tra le loro vite perché Ángel non era riuscito a entrare in nessuna università ed era rimasto al paese a lavorare nell’impresa di famiglia. Questo non gli impediva di recarsi, ogni volta che aveva un attimo libero, a trovare quella che considerava la sua ragazza – sua e di nessun altro – anche quando lei non sembrava avere la minima voglia di incontrarlo.
La minaccia di un gesto estremo
Diverse testimonianze indicano che certamente Ángel maltrattava Liliana quando c’erano dei disaccordi tra loro e che questi maltrattamenti ebbero un’escalation che, considerata a posteriori, mostra chiaramente come la ragazza fosse in pericolo di vita pur non rendendosene minimamente conto.Appare infatti chiaro che Liliana era convinta di potersi liberare dell’asfissiante presenza di Ángel quando avesse voluto. Ma non se ne liberava perché lui le aveva fatto credere di essere pronto a un gesto estremo se l’avesse persa definitivamente. Nel suo candore, Liliana interpretava questo atteggiamento come una volontà suicida, mentre invece era una volontà omicida.
Ángel non pensò mai di suicidarsi, nemmeno subito dopo aver commesso il delitto. Appartiene infatti a quella categoria di assassini che si considerano assolutamente legittimati a compiere il loro atto criminale. Una notte, dopo aver spiato Liliana che aveva trascorso un’intera giornata a studiare a casa con un ragazzo, aspettò che quest’ultimo fosse andato via. Poi, facendosi aiutare da un tossico cui aveva dato dei soldi, salì nell’appartamento da una finestra. La sorprese mentre stava preparandosi ad andare a letto, forse ebbe una discussione con lei (ma nessuno sentì nulla), forse le usò violenza (su questo punto i referti sono poco chiari) e sicuramente la soffocò, per poi abbandonarla sul letto. Cancellò le proprie tracce e infine fuggì e andò a crearsi un alibi.
Non si è mai resa conto del rischio che correva
In quel 1990, le idee sulla violenza domestica erano ancora molto vaghe e confuse. Nessuno aveva ancora studiato seriamente il fenomeno e Liliana, come tutte, ignorò fino all’ultimo il rischio che correva. Sembra certo che l’escalation di comportamenti persecutori culminata nell’assassinio abbia avuto origine dalla decisione di Liliana di chiudere la porta sul passato e aprirne una sul futuro, cercando finalmente di costruire una storia felice e gratificante con un altro ragazzo. Quello con cui trascorse il suo ultimo giorno di vita.
Gli studi al riguardo indicano infatti che una donna è maggiormente a rischio di finire uccisa dal partner nei tre mesi successivi a qualche evento che segna una sorta di cesura nel loro rapporto, perché o termina il rapporto o diventa inefficace la manipolazione psicologica su cui si regge.
Quello che ogni giovane donna dovrebbe sapere
Questo libro andrebbe letto da ogni giovane donna perché c’è tanto da imparare.Diverse pagine sono dedicate alla sconfortante assenza delle istituzioni, che perdura ancora oggi. I familiari di Liliana dovettero corrompere i poliziotti per evitare che questi lasciassero subito perdere le indagini.Il fascicolo del procedimento è stato difficilissimo da reperire anche per la sorella, nonostante l’assistenza di un’avvocatessa. Non si capiva che fine avesse fatto e comunque le è pervenuto con non poche lacune.Tutto questo aggiunge una dimensione di ulteriore sconforto a una realtà già cupa. Non solo le vittime finiscono spesso colpevolizzate da una cultura retrograda, ma può succedere perfino di peggio, ossia che spariscano letteralmente, nel senso di non essere più ritrovate, ma anche nel senso che sparisce ogni traccia del loro passaggio, come se non fossero mai esistite.