Incursioni degli attivisti di Ultima Generazione? Fanno bene e sono rispettosi: la protesta per l'ambiente è seria e non violenta
Intervista a Lella Mazzoli, sociologa della comunicazione di Urbino che valuta con favore le azioni davanti a Botticelli, Giotto e altri capolavori nei musei: "Gli attivisti di Ultima generazione hanno ragione e sanno comunicare con efficacia"


“Gli attivisti di Ultima generazione agli Uffizi, agli Scrovegni, ai Musei Vaticani, a Milano, non fanno nulla di violento, tanto meno contro l’arte, anzi sono piuttosto pacifisti. Considero seria la loro protesta su un argomento molto importante che riguarda le nuove generazioni e chi seguirà”. Lo sostiene Lella Mazzoli: professore di sociologia della comunicazione e comunicazione d’impresa all’università “Carlo Bo” di Urbino, è studiosa assai attenta alla natura dei messaggi mediatici, alla forma che diventa sostanza, alla cultura come strumento vivo di una collettività. Non a caso insieme al giornalista Rai Giorgio Zanchini Lella Mazzoli organizza da anni un “Festival del giornalismo culturale” nella città del Duca di Montefeltro e di Raffaello. Ma di questo si darà cenno dopo.
Intanto riepiloghiamo le tappe che finora hanno visto intervenire gli attivisti, in forma sempre pacifica: il 22 luglio erano agli Uffizi davanti alla “Primavera” di Botticelli; il 30 del mese scorso si sono schierati intorno alla scultura “Forme Uniche della Continuità nello Spazio” di Boccioni al Museo del ‘900 di Milano; il 18 agosto erano ai Musei Vaticani davanti al gruppo scultoreo del Laocoonte, il 21 hanno si sono palesati nella Cappella degli Scrovegni affrescata da Giotto a Padova.
Non guasterà rimarcare che gli attivisti italiani, in parallelo ad azioni in altre parti della Terra, inviano messaggi precisi, non solo richieste d’attenzione, perché il conto alla rovescia per gran parte della vita nel pianeta forse è già scattato. “Stop alla riapertura delle centrali a carbone e alle nuove trivellazioni”, “attivare immediatamente 20GW di rinnovabili”, hanno scritto quando hanno attirato l’attenzione davanti al Laocoonte.
Mazzoli, come valuta gli interventi dell’associazione abbinati a capolavori dell’arte?
Mi sembra una protesta seria su un argomento molto importante che riguarda forse più loro che noi come adulti e in particolare riguarderà chi li seguirà. Non fanno nulla di violento, tanto meno contro l’arte, anzi sono piuttosto pacifisti, e utilizzano l’arte per comunicare un tema che non è d’arte ma vi è legato: l’ambiente, lo spreco energetico, dovrebbe riguardare soprattutto il mondo cultura. Utilizzano quindi l’arte per aver visibilità e in senso corretto, impiegando una modalità che colpisce, che fa vedere le cose: hanno ragione.
Peraltro fanno in modo di non provocare alcun danno alle opere e pagano il biglietto d’ingresso.
Assolutamente sì. Pagano il biglietto anche perché è l’unico modo per entrare, non vogliono azioni violente, hanno un’attenzione quasi maniacale a non provocare danni. Lo hanno dimostrato alla Cappella degli Scrovegni quando sono stati portati fuori a forza: sono stati ben attenti a non tirare calci o oggetti in modo che larte venga salvaguardata, vogliono tutelarla, sanno utilizzare strategicamente l’arte per tutelare l’ambiente in cui viviamo.

Gli attivisti fanno appello al governo italiano però l’ambiente non è in cima all’agenda dei partiti nell’attuale competizione elettorale, o non è concretamente ai primi punti del dibattito.
Invece dovrebbe essere al primo o al secondo posto . Loro sono l’ultima generazione che può godersi l’ambiente e se il tema non viene inserito ai primi tre posti nella scala di importanza dei politici le generazioni future avranno davvero gravissimi e seri problemi a convivere con la realtà, con la natura, con il mondo del lavoro, delle professioni, dell’arte. Temo problemi gravi per la prossima generazione, quella che nasce in questo momento.
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Tecnicamente come valuta l’efficacia del loro messaggio?
Come sempre quando si trova un canale che viene ripreso da tutti i media mainstream e sui social vuol dire che il processo di comunicazione ha funzionato e funziona mantenendo questo status. È chiaro, può esserci il rischio che questo modello possa degenerare: bisogna che questi ragazzi stiano attenti a eventuali infiltrati o violenti che entrino nei musei e facciano azioni molto diverse dalle loro. Però il loro modello è efficace, raggiunge un pubblico molto ampio e molto “popular”, stimola la sensibilità su tema così importante.
In qualche modo l’argomento tocca anche il vostro festival del giornalismo culturale, quest’anno in calendario dal 7 al 9 ottobre nel magnifico Palazzo Ducale di Urbino?
Quest’anno affrontiamo l’evoluzione tecnologica nell’informazione e un panel è dedicato all’arte e alla tecnologia. A Urbino festeggiamo i 600 anni dalla nascita di Federico da Montefeltro (il duca della città vissuto dal 1422 al 1482, ndr), un uomo illuminato che innovò moltissimo la cultura. Lo si vede dagli spazi del Palazzo ducale, dalle opere nel suo studiolo: la tecnologia aveva un ruolo importante nell’arte e nella concezione della vita. Vorremmo discutere se la nostra tecnologia è a favore della vita e della crescita intellettuale: se la mettiamo al servizio dell’ambiente avremmo raggiunto un obiettivo straordinario, ne parleremo.
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