Tutti pazzi per Banksy, i musei italiani celebrano il misterioso artista inglese
Numeri da record per le mostre italiane dedicate allo street artist di Bristol. Tutte non autorizzate
Qual è il segreto del successo planetario di Banksy? Saranno i messaggi così universalmente immediati che lascia per le strade di tutto il mondo, o il linguaggio diretto a metà tra graffito e fumetto? O c'è anche la componente misteriosa sulla sua identità mai svelata? Di certo tutto questo ha fatto dell'artista di Bristol, età presunta 47 anni, generalità ignote, una delle figure più amate nel panorama artistico mondiale, capace di stupire con incredibili installazioni a sorpresa, di distruggere con le sue mani le sue opere più celebri, di sfidare la legalità con azioni di protesta contro autorità e istituzioni, di creare un patrimonio senza vendere una sola opera originale.
Che sia amatissimo anche in Italia lo dimostra un'esposizione con numeri da record allestita al Castello di Desenzano del Garda, nel Bresciano: "Banksy è chi Banksy fa!", curata da Michele Ciolino e Matteo Vanzan, nei primi trenta giorni di apertura ha registrato oltre cinquemila visite. Domenica si è chiusa pure un'altra antologica dedicata al writer di Bristol, anche questa di grande successo: "Banksy realismo capitalista", al Teatro Margherita di Bari a cura di Stefano Antonelli e Gianluca Marziani, ha contato 33 mila biglietti staccati in due mesi. Mostre simili sono apparse di recente a Parma, al Palazzo Tarasconi ("Building castle in the sky", curata ancora da Antonelli e Marzani insieme a Acoris andipa e Marzia Dall'Acqua), e a Milano, alla Galleria dei Mosaici della Stazione centrale, con "The World of Banksy – The Immersive Experience": ovunque in esposizione serigrafie, immagini, disegni, video e oggetti che raccontano come un graffitaro di periferia si sia trasformato in pochi anni in icona della street art mondiale.
Tra le creazioni più famose "The girl with the balloon" (2004), riproduzione su carta di un graffito realizzato sul London Bridge e poi in diversi paesi, tra cui la Cisgiordania, che secondo un sondaggio commissionato dalla Samsung nel 2017 è l'opera d'arte più amata dagli inglesi; o "Love is in the Air" (2002), anche questa una serigrafia del disegno apparso a Gerusalemme nel 2003 che raffigura un ragazzo dal volto bendato che lancia un mazzo di fiori. E poi c'è "Napalm" (2004), rivisitazione della celebre fotografia scattata nel 1972 durante la guerra in Vietnam che ritrae la bambina in fuga con il corpo ustionato; o "Nola", la bimba con l'ombrello dipinta a New Orleans dopo la devastazione dell'uragano Katrina.
"Se stai pensando di scriverci per atti vandalici, fallo"
Quelle in mostra sono tutte riproduzioni di graffiti realizzati in giro per il mondo, trasformati in maniera più o meno autorizzata in opere di piccolo formato su carta e appartenenti oggi a collezionisti privati: nessuna delle mostre allestite in Italia o nel resto del mondo viene infatti dal patrimonio dell'artista, né Banksy (o un suo rappresentante) è coinvolto direttamente nella cura e nell'allestimento. Lo scrive chiaramente lo staff di Pest Control, la società che amministra le "scartoffie" (così sul sito web) di Banksy: "Banksy non ha niente a che fare con nessuna delle mostre attuali o recenti. Potrebbero essere una schifezza, quindi per favore non venire da noi per un rimborso". E aggiunge: "Se stai pensando di scrivere per chiedere a Banksy di dipingere il tuo salotto o di disegnare il logo della tua azienda, per favore non farlo. Se stai pensando di scrivere perché hai accesso privilegiato a una struttura sicura che ha bisogno di atti vandalici, fallo".
Le uniche forme di controllo dello street artist inglese sono sul merchandising a scopo di lucro, le sue opere sono universali e sfuggono al sistema del mercato dell'arte se non per poche serigrafie autorizzate.
Un mercato che distrugge se stesso
Il suo pensiero attorno al sistema delle aste d'arte è stato affidato a una geniale installazione, "A girl with the balloon", battuta alla Sotheby's di Londra nel 2018 per oltre un milione di sterline: l'opera, poi ribattezzata dallo stesso Banksy "Love is in the bin" (l'amore è nel cestino) è stata parzialmente distrutta da un marchingegno meccanico sistemato dentro la cornice appena il quadro è stato aggiudicato. A raccontarlo proprio il suo creatore su Instagram.
Tra le altre azioni significative, ancora attorno al mercato artistico, c'è "Better out than in", un mese a New York, con un lavoro al giorno nell'ottobre 2013, dove l'artista ha disseminato graffiti, stencil, installazioni fisse e mobili; il 13 ottobre un ambulante ha allestito un banchetto con diverse stampe su carta al prezzo di 60 dollari l'uno. Erano, ovviamente, lavori autentici.
La guerra, il consumismo, la critica contro l'autorità
La polemica contro la mercificazione dell'arte è solo uno dei temi cari a Banksy: fortissima in tutta la sua produzione la critica verso violenze, soprusi, abusi di potere, discriminazioni e ipocrisia con messaggi affidati a donne, uomini, bambini e anche anziani, spesso ad animali, soprattutto ratti e scimmie. Non manca la presa di posizione contro il consumismo sfrenato, la commercializzazione dell'intrattenimento, la pubblicità invadente e subdola che non ascolta le esigenze delle persone e crea bisogni indotti.
"Banksy è chi Banksy fa!"
La mostra a Desenzano del Garda, visitabile fino al 17 luglio, organizzata dal Comune e prodotta dall’agenzia MV Eventi di Vicenza racconta tutto il mondo di Banksy mettendo in evidenza un genio creativo che sfugge a qualsiasi classificazione. Non solo il creativo di Bristol: accanto alle sue vedremo opere di altri illustri protagonisti del panorama della street art internazionale, come Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Obey, Space Invader, Ron English, Anthony Lister, Mason Storm, Mark Dean Veca, Martin Whatson, Donald Baechler, Paul Kostabi, D*Face, KayOne.