Il fashion film? Ha un’origine che non ti aspetti: i misteriosi video degli anni ’60
Il fotografo tedesco naturalizzato americano Erwin Blumenfeld, scomparso nel 1969, ha lasciato un’eredità tanto importante quanto inaspettata. I filmati inediti, artisti visionari e una casa di moda virtuale
Erwin Blumenfeld, fotografo tedesco naturalizzato americano, scomparso nel 1969, ha lasciato un’eredità tanto importante quanto inaspettata. Lavorò nella pubblicità a cavallo tra le due guerre, espose al MoMa e rimase con Vogue fino al 1955 dopo aver collaborato con Harper's Bazaar, Life e Look. Durante la sua carriera ha amato soprattutto la sperimentazione in laboratorio, cimentandosi con sovrapposizioni, solarizzazione, fotomontaggio, distorsione ed esposizione multipla, tecniche all’avanguardia. Oggi sappiamo che la sua eredità artistica comprende anche un ruolo finora sconosciuto: è il padre dei moderni fashion film.
Video
Beauty in Motion
Una scoperta illuminante
Risale al 2005 il ritrovamento, da parte dei due figli Yorick e Henri Blumenfeld, di una serie di brevi filmati mai resi pubblici da Erwin. Inizialmente pensarono a materiale inedito realizzato per Vogue ma si è poi capito che si trattava, invece, di una sperimentazione personale fatta con uno spirito visionario assolutamente pionieristico e per questo mai resa pubblica. Erwin infatti aveva catturato con le sue pellicole un aspetto che non tutti sono in grado di leggere nella moda, e cioè l’arte che la anima e la muove, il potenziale comunicativo enorme che rende un abito vivo e vibrante. Ecco quindi che i filmati ritrovati mostrano immagini degne della migliore produzione surrealista: vestiti che si decompongono, modelle evanescenti moltiplicate in effetto specchio, distorsioni visive, stravolgimenti temporali. Il risultato è pura innovazione, in netto anticipo rispetto all’attuale successo dei fashion film. Soprattutto, questo suo lavoro, è una testimonianza della capacità di questo artista di interpretare la moda con uno sguardo nuovo e originale. Le pellicole, riversate in digitale, sono state raccolte in un’antologia intitolata “Beauty in Motion” da SHOWstudio, centro di produzione di video di moda che fa capo a Nick Knight, regista di molti clip con artisti del calibro di Björk e Lady Gaga e, tra i tanti traguardi, anche l’onore di fotografare la famiglia reale inglese. Nel campo della moda ha da subito lavorato con i marchi più celebri: Alexander McQueen, Audi, Calvin Klein, Christian Dior, Shiatzy Chen, Lancôme, Mercedes-Benz, Swarovski. Ha curato il catalogo dello stilista giapponese Yohji Yamamoto in collaborazione con il celebre disegnatore Peter Saville ed è stato il primo ad intuire, nel 1998, come il linguaggio visivo della moda potesse evolvere attraverso internet. In questo modo anche lui, coem Erwin, è stato capace di guardare oltre e ipotizzare il futuro.
Di necessità virtù
La pandemia da Covid19 ha costretto le case di moda affermate e anche i brand emergenti a ripensare le sfilate in chiave virtuale, stanziando budget consistenti per la regia e la realizzazione di passerelle digitali che permettessero di mostrare le nuove collezioni in modo protetto e sicuro. Il lavoro che Erwin Blumenfeld ha svolto, precursore di questa possibilità, ha suggerito un percorso che fosse in grado di restituire al pubblico l’abito come oggetto d’arte. Tantissimi stilisti hanno scelto di seguire questa strada, alimentando la magia della moda con prodotti artistici di grande livello, come Antonio Marras e Dior, che hanno colto, forse anche per loro stessa natura, il senso immaginifico degli abiti e del loro potere narrante, misurandosi con produzioni impegnative e molto evocative.
In un’epoca in cui la digitalizzazione sta erodendo la percezione della realtà per offrire qualcosa di alternativo, il potenziale della tecnologia ha permesso che nascesse anche la prima casa di moda totalmente virtuale: The Fabricant. Fondatori del progetto, nel 2018, sono Amber Slooten, Kerry Murphy e Adriana Hoppenbrouwer. Si tratta di una piattaforma che offre soluzioni digitali all’industria della moda, come ad esempio la possibilità di realizzare i prototipi delle creazioni in versione virtuale, con notevole risparmio economico dei materiali tessili e anche una maggiore sostenibilità e rispetto per l’ambiente. Per questo progetto si è parlato anche di democratizzazione della moda per il fatto che il taglio agli ingenti costi di produzione dovuti ai tanti passaggi per la realizzazione di un abito consentono, e in futuro consentiranno sempre di più, anche ai designer più giovani di avere un futuro nel fashion.
Chissà se nella sua lucida capacità di ideare qualcosa di avanguardistico Erwin Blumenfeld immaginò che avrebbe mostrato una strada alle generazioni successive, diventando simbolo di un remoto futuro che noi chiamiamo presente.