Dalla banana al Papa: ritratto di Maurizio Cattelan, artista fra burla e tragedia
A luglio l’artista avrà una grossa mostra all’HangarBicocca a Milano. È un comunicatore astuto o un autore profondo? Forse l’uno e l’altro
Sapete chi è Maurizio Cattelan: è uno dei pochi artisti conosciuti a livello planetario ben oltre il circuito degli addetti ai lavori e degli appassionati. Il suo stato di artista viene regolarmente discusso (e pur se smentirà lui un po’ ne soffre) perché si muove in mezzo a una apparente contrapposizione: è un comunicatore dal grande fiuto mediatico oppure un autore con una sua profondità che scova e porta a galla le contraddizioni del nostro tempo? È un furbo provocatore alle cui esche media e pubblico abboccano, oppure è un creatore di immagini spiazzanti e inquietanti della nostra civiltà?
Da Duchamp in poi
Per capacità mediatica lo si può accostare a un Ai Weiwei. Azzardiamo una risposta sull’autore italiano: è sia un comunicatore sia un autore che scova interrogativi spiazzanti. Il discorso è che Cattelan ci interroga sulla nostra storia, sul presente, sul teatro del mondo, pone domande, non dà risposte. Cattelan è astuzia allo stato puro. È astuto quando, in un mondo dove Duchamp ha trasformato un orinatoio in una scultura più di un secolo fa, nel dicembre 2019 vende per 120mila dollari una banana attaccata a una parete con un nastro adesivo alla fiera Art Basel nella sede di Miami e la intitola “Comedian”. Per contrappasso, quando ha installato tre fantocci di bambini impiccati a un albero milanese è in grado di rievocare dittature, impiccagioni e infanzia negata e non lascia dormire sonni tranquilli.
Appuntamento all’Hangar Bicocca
Lo stimolo per dire dell’artista nato a Padova nel 1960 è quanto impaginerà nelle navate di Pirelli HangarBicocca a Milano dal 15 luglio al 20 febbraio 2022 con una mostra che l’artista titola “Breath Ghosts Blind”. L’appuntamento, promette la nota stampa, «porterà all’attenzione del pubblico, attraverso una rappresentazione simbolica del ciclo della vita, una visione della storia collettiva e personale sempre in bilico tra speranza e fallimento, materia e spirito, verità e finzione». I curatori sono Roberta Tenconi e Vicente Todolí e, la fonte è sempre HangarBicocca, affiancando opere storiche con altre inedite la mostra «affronta temi e concetti esistenziali come la fragilità della vita, la memoria e il senso di perdita individuale e comunitario».
Bonami: il dito medio davanti alla Borsa di Milano è ambiguo
A Milano l’autore ha eretto un monumento. Beffardo quanto volete, eppure è un monumento: è la scultura L.O.V.E (2010) in Piazza XXIV Maggio davanti alla Borsa, con il dito medio svettante verso il cielo. Uno dei critici più vicini all’artista tanto da averne scritto una sorta di biografia, Francesco Bonami, in una conferenza ha individuato bene l’ambiguità dell’opera e quindi la sua forza: non si capisce se prende per i fondelli chi nella Borsa fa quattrini a palate alla faccia dei normali cittadini oppure se mostra l’indifferenza degli speculatori verso la gran parte del genere umano che si arrabatta per arrivare decentemente alla fine del mese: «Gioca sull’ambiguità del messaggio: la mano mostra il dito allo spettatori o alla borsa affari?», domanda Bonami al pubblico della GAM di Torino nel novembre 2015 in un appuntamento di storia dell’arte della Fondazione Torino Musei. Sberleffo e tragedia sono due lati della stessa medaglia, di sicuro della stessa persona.
Dal Male di Hitler a Woytila steso da un meteorite
Non si può disconoscere come Cattelan sappia creare opere che inquietano nel profondo. Incutono persino timore. Il suo “Him” è un Hitler piccolo, inginocchiato, in preghiera e guardandolo non si può non pensare al male, anzi al Male totalizzante con la m maiuscola di cui è capace l’uomo, non si può non pensare ai campi di sterminio. Vista da vicino, la scultura disturba profondamente.
Figlio della cultura pop creata sessanta anni fa che sfrutta immagini di persone famose, Cattelan non esita ad atterrare Papa Woytila sotto una pietra-meteorite ricordandoci la fragilità umana e il peso delle fatiche per gli altri adottando un titolo evocativo, “La nona ora”. E in una sua installazione del 2007 con rimandi alla cultura barocca intrisa di morte stende nove salme sotto il lenzuolo in una sequenza in puro marmo di Carrara stese sul pavimento. Già: la tragedia e lo sberleffo sono la cifra sua e, probabilmente, della vita stessa.