"L’incubo dei precari e altri vizi della cultura. Cinque euro lordi: lo squilibrio tra luoghi luccicanti e margine"
Un accurato libro-reportage di Francesco Erbani documenta i mali nella gestione del nostro patrimonio artistico mentre costo dei biglietti e visitatori crescono. Giuli? “Grave come non abbia fronteggiato alcune nomine di direttori di museo”
La gestione del nostro patrimonio artistico è in cattive acque. Molti centri storici di città come Venezia, Firenze, Roma, Napoli, borghi toscani, umbri e pugliesi, con l’overtourism, l’assalto di un turismo eccessivo, si trasformano in parchi a tema per turisti, si svuotano, le attività produttive locali come l’artigianato, gli abitanti, gli artigiani e gli studenti fuori sede devono sloggiare. Nel frattempo i biglietti di numerosi musei-star sono saliti “alle stelle” e nel giugno del 2023 si è registrato un “aumento generalizzato”: al Colosseo, le Terme di Caracalla a Roma, agli Uffizi in gran parte dell’anno l’ingresso costa 25 euro, a Palazzo ducale a Venezia 30. Dichiarato o meno, si è affermato lo “slogan neoliberista meno stato più mercato”. A danno dei cittadini, del tessuto culturale e civile, della stessa democrazia.
Reportage tra i vizi culturali
Quanto riferito lo si desume da quanto scrive Francesco Erbani, giornalista di lungo corso già a Repubblica, in prima fila sul fronte dei beni culturali, nel libro “Lo stato dell’arte. Reportage tra vizi, virtù e gestione politica dei beni culturali” (Manni editore, 208 pagine, 16 euro). Come promette il sottotitolo, con un lavoro minuzioso l’autore compie un lungo reportage sugli ultimi vent’anni fino all’agosto 2024, quando l’ex titolare della cultura Gennaro Sangiuliano era ancora in sella prima che lo travolgesse l’affaire della “non consigliera” Maria Rosaria Boccia.
Lo squilibrio tra luoghi luccicanti e il margine
Erbani parla di squilibrio tra luoghi più luccicanti e un tessuto al margine che non esce da una certa, trascuratezza; scrive della scarsità di investimenti nella cultura, della drammatica carenza di personale nel ministero, ravvisa una “disarticolazione fra musei e territorio”. Il testo si regge su un forte, radicato spirito civile dove la “Venere” del Botticelli non diventa un emblema ridicolo e mal riuscito per richiamare turisti o un quadro da adorare senza vedere quanto un pezzo di storia e di cultura, di pensiero critico.
Precari, sfruttati, “non più invisibili”
Quanto sia uno spirito civico a reggere l’impianto del libro, lo attesta il capitolo “Non più invisibili”. Il giornalista nato a Napoli nel 1957 e residente a Roma riserva infatti molte pagine ai troppi precari della cultura: quanti archeologi, storici dell’arte, architetti e altri con titoli di studio, qualifiche e professionalità riconosciute lavorano come precari? Magari a cinque euro lordi l’ora? Nessuno lo sa. Hanno “compensi miserabili” in “condizioni contrattuali mortificanti” con l’incubo, fondato, di restare precari a vita. Nessuno sa quanti siano, e nonostante le difficoltà “contestano, dialogano, sono propositivi”.
Le proteste di Opera Laboratori e in Val Camonica
Il giornalista ricorda i tanti dipendenti dell’azienda Opera laboratori assegnati ai servizi di più musei che, a Firenze, spalleggiati da Cgil e Uil a luglio 2023 si sono visti costretti a scioperare dimostrando che senza di loro perfino gli Uffizi dovevano chiudere. A Venezia altri precari hanno dovuto manifestare contro i vertici della Biennale durante la mostra di architettura del 2023. Nel dicembre 2022 ha chiuso per cinque giorni quell’affascinante museo nazionale della preistoria della Val Camonica in Lombardia, con le sue incisioni rupestri. Erbani ricapitola i fatti: nella notte del 30 novembre i dodici antropologi e archeologi dipendenti della cooperativa che gestiva il sito hanno ricevuto una mail dalla nuova cooperativa vincitrice dell’appalto, di Avellino, “specializzata in vigilanza presso banche, uffici postali e centri commerciali”. Qual era il messaggio? La nuova cooperativa non licenziava ma, avendo vinto la gara con un ribasso del 33% dei costi, il compenso orario lordo scendeva da 5,87 a 5,37 euro senza possibilità di trattare. Uno schiaffo. I lavoratori hanno incrociato le braccia e vinto.
Dall’associazione “Mi riconosci?” alle colpe degli enti pubblici
Erbani loda la costante battaglia per lavori giustamente retribuiti e tutele condotta dall’associazione nata nel 2015 “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”. Un fatto balza agli occhi al cronista: calano i dipendenti mentre cresce “drammaticamente” il precariato, il “lavoro povero e sfruttato”. Il cronista ricorda come parlare pubblicamente di condizioni umilianti comporti il serio rischio per un precario di restare a casa e nel paragrafo “guai a chi parla” riprende la causa avviata al tribunale di Roma dall’archeologo Niccolò Daviddi contro la società Archeo Domus. “È un mondo del lavoro senza rappresentanza, diviso contrattualmente in tanti comparti, ma una colpa enorme ricade sulle amministrazioni pubbliche”, afferma il sindacalista a lungo responsabile del settore per la Cgil e da poco in pensione Claudio Meloni (non è parente della premier).
“Le criticità sono diventate una patologia”
Erbani ha scritto “Lo stato dell’arte” su proposta dell’associazione Silvia Dell’Orso”, riferisce l’autore a Tiscali Cultura ricordando nel libro stesso la benemerita azione della storica dell’arte, saggista e giornalista scomparsa nel 2009 ad appena 53 anni. Con spirito battagliero Dell’Orso nel 2002 pubblicò un libro fondamentale, Altro che musei. “Prima era materia tra addetti ai lavori, i beni culturali si affacciavano allora nel dibattito pubblico e politico – ricorda il giornalista -. Ho accettato l’invito per fotografare l’esistente con gli strumenti del cronista”. E cosa ha visto, scattando questa “fotografia” fatta di fatti e di storie? “Che nei beni culturali, nonostante abbiano assunto un notevole rilievo mediatico e politico, le criticità si sono accresciute, sono diventate una forma di patologia”.
Riforme che riformano altre riforme. Ed è caos
Senza trascurare lo stato comatoso, per carenze di fonti e personale, di biblioteche e archivi statali, il racconto affronta i temi cruciali. Il giornalista critica la mania delle continue riforme riorganizzatrici del ministero in cui i titolari del ministero si affannano a riformare le precedenti riforme dei predecessori. Indica errori dell’ex Dario Franceschini, Pd, fino alla riorganizzazione di quest’anno firmata Sangiuliano di Fratelli d’Italia. Sullo stato di riorganizzazione permanente, con caos conseguente, anche quando ravvisa elementi positivi Erbani picchia duro con parole garbate.
Il ministro Giuli? Per il momento Erbani lo boccia
In un libro dove ogni pagina ha un numero, una notizia, una storia, trasuda passione e cura meticolosa dei dati, è rimasto fuori il ministro Alessandro Giuli. Inevitabilmente, il testo è andato in stampa ad agosto. “Giuli ha sicuramente una dimensione culturale diversa rispetto a Sangiuliano – riconosce Erbani - Ciò non vuol dire che sia un vantaggio in assoluto perché non si può non tener conto che ha un profilo più marcato nell’orientamento ideologico. Per il momento non si possono valutare le sue performance, tuttavia mi ha colpito come ha gestito il passaggio di alcuni direttori di musei: per bandire il concorso per un nuovo direttore servono mesi, è gravissimo lasciare senza direttore musei di rilievo come, per esempio, l’Archeologico di Napoli che già da un anno è diretto ‘ad interim’ dal direttore generale dei musei Massimo Osanna. Giuli avrebbe dovuto tenere sotto controllo e fronteggiare al meglio la situazione, invece non ha fatto nulla”.
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