Da Sotheby's e Christie's a Bowie e Chatwin: il racconto del misterioso mondo delle aste
Intervista a Wanda Rotelli, autrice di un gustoso libro sulle aste dalla metà del '700 all'era di internet: "Oggi è un mondo sempre più aperto alle donne". E ricorda quando Bowie creò la vendita di un artista mai esistito


Quanti di noi sapevano che David Bowie, insieme allo scrittore William Boyd, nel 2011 inventò un’asta su un artista sfortunato, incompreso, tale Nat Tate? Non lo conoscete? Per forza. La rockstar e il narratore crearono dal nulla la vendita perché l’artista non era mai esistito appioppandogli un nome e un cognome che alludevano alla National Gallery di Londra e alla Tate: buggerarono genialmente il sistema mediatico dell’arte anche a scopo di beneficenza. Ricorda l’episodio, perché significativo, Wanda Rotelli Tarpino in un libro ricco di storie saporite che, a quanto ci consta, non ha eguali neppure nel panorama internazionale: “Lo spettacolo dell’asta. Dalla vendita delle collezioni del Chevalier d’Éon (1792) alle aste del Duca bianco (2016)” (Officina Libraria, 256 pp. ill. in b/n, Roma 2022, € 22).
Battitori d’asta geniali, patrimoni di personaggi celebri come l’eredità Kennedy, personaggi bizzarri: Wanda Rotelli sa raccontare la storia delle aste nata nel secondo ‘700 inglese e l’umanità che gravita in questo mondo dall’interno, oltre che dai libri e dalla documentazione, perché dopo aver lavorato per Finarte è stata per lungo tempo la colonna portante della comunicazione di Sotheby’s Italia. Possiamo dire peraltro che ha saputo fare benissimo e con intelligenza il proprio mestiere. Adesso che ha concluso quel ciclo ha potuto scrivere queste pagine dove Christie’s e Sotheby’s occupano gran parte della scena. E ricorda per esempio che da giovane Bruce Chatwin lavorò da Sotheby’s a Londra e che, nel pur breve passaggio, lo scrittore-viaggiatore lasciò la sua impronta ispirando comunicati stampa ricchi di dettagli narrativi.
“È una pubblicazione che non esisteva – confessa l’autrice Wanda Rotelli a Tiscali Cultura per dire perché ha scritto il libro – Da decenni cercavo un racconto su come si è evoluto il modo di fare asta e di comunicarla in oltre 250 anni, ma non trovavo nulla nella pur sterminata bibliografia nel mondo anglosassone”.
Rotelli, cominciamo dal titolo: perché scrive “spettacolo”?
Perché l’aspetto teatrale dell’asta è fondamentale, è l’invenzione di James Christie a metà ‘700 e poi rivoluzionata da Peter Wilson negli anni ’50 del ‘900. Anche oggi che le aste si fanno principalmente online quando si tratta di capolavori o di stime elevate o con caratteristiche di importanza storica si riutilizza l’aspetto teatrale dell’asta: un battitore officia la vendita, è un palcoscenico. Un’asta è sempre un punto di domanda: anche se preparata nei minimi dettagli conoscendo i compratori, i mercanti, i collezionisti, le opere, c’è sempre l’imponderabile e l’imponderabilità è segnata solo dal martello: quando batte, il prezzo è concluso e informa tutto il mondo. James Christie 250 anni fa trasformò la sala d’aste da luogo buio per mercanti a una casa aperta per collezionisti e aristocratici, a un salotto. Fu un grande rivoluzionario. L’altro è stato Peter Wilson di Sotheby’s negli anni ’50 del secolo scorso che ha inventato un nuovo modo di fare aste: utilizzava la televisione, teneva contatti con Hollywood, avvicinava i protagonisti dei media, la sala diventava luogo di relazioni sociali e di performance con tutti i crismi dello spettacolo serale. L’ultima e terza rivoluzione è internet.
Che persone gravitano nel mondo delle aste?
È un mondo fatto principalmente di mercanti e di collezionisti, i due pilastri del mercato. Poi ci sono le istituzioni, i curiosi, i giovani collezionisti, i consulenti di collezionisti, è un mondo variegatissimo e, da quando, si è iniziato a battere aste dal vivo ma connesse a internet, è più internazionale.
Lei ricostruisce anche la vicenda dell’asta inventata da Bowie e dallo scrittore William Boyd, vero autore dell’opera venduta, insieme a Christie’s a Londra. La rockstar peraltro era un collezionista lui stesso, conosceva i meccanismi dell’arte.
Sì, era un collezionista curiosissimo e un editore, non solo un grande musicista. Aveva un Tintoretto che è stato esposto in una mostra a Palazzo Ducale nel 2019-20. Nel 2011 con William Boyd creò l’asta finta di un personaggio mai esistito utilizzando gli strumenti del marketing d’arte: i due hanno prodotto un’opera sopravvissuta a una produzione interrotta da un finto suicidio, hanno creato una scheda di catalogo con le provenienze, hanno riprodotto tutti i passaggi per farne un oggetto di desiderio.
Qual era il senso dell’operazione?
Un po’ era una burla del sistema. Poi c’era il romanzo di Boyd. E quanto realizzato dalla vendita, sulle settemila sterline, è andato in beneficenza. I due avevano sintetizzato i criteri di promozione di un’opera, hanno costruito un personaggio. Io ho trovato affinità tra Bowie e il Chevalier d’Eon, figura della seconda metà del ‘700.
Come ricorda nel libro, Christie’s e Sotheby’s vendono anche fossili di dinosauro e altre bizzarrie, non solo arte. È nella loro natura?
Sì. Sotheby’s nasce come casa d’aste per biblioteche nel 1744 e la molteplicità di temi è antichissima, tutta la storia delle aste è costellata di episodi che esulano dall’arte ma entrano nel collezionismo. Adesso le due case e Phillips stanno molto attente al mondo del lusso, alla moda, al vintage, agli orologi …

A pagina 165 scrive che la concentrazione di ricchezze genera diseguaglianza e che le mega gallerie prevalgono eccessivamente rispetto alle piccole e medie gallerie che fanno ricerca.
Se andiamo alla Fiera di Basilea, per parlare della prima fiera di arte contemporanea al mondo, le grandi gallerie sono cinque, danno la strada e hanno quotazioni milionarie. Invece andrebbe mantenuta la diversità, il collezionismo è fatto anche dalla ricerca di medie e piccole gallerie che fanno scoperte e investono in artisti sconosciuti. Ma è sempre più difficile perché i costi sono pesanti. Sicuramente internet può aiutare.
L’asta in cui ha provato più tensione?
Quando iniziai con Sotheby’s nei primi anni ‘90 a un’asta dell’eredità Corsini a Firenze: fu divertente ma anche difficile perché avevo gli occhi dei colleghi internazionali addosso. Arrivarono i corrispondenti inglesi e americani, è stato il mio primo momento di lavoro internazionale, venivo da sette anni di comunicazione per Finarte dove mi rivolgevo a un mondo italiano.
Oggi si partecipa per telefono e virtualmente si può vedere nei dettagli un’opera. Le aste sono miste, livestream come scrive nel libro. Il rito perde qualcosa?
No. Dopo mesi di silenzio per il covid e aste solo su internet, nel giugno 2020 Sotheby’s ha inventato il sistema ibrido con la teatralità e la fisicità dell’asta e il collegamento e in sala a Londra c’erano 20 persone. C’è il battitore, ha il martello in mano, ci sono gli ingredienti della teatralità, in più l’invenzione è stata allestire tre grandi schermi sui quali vengono proiettate le immagini degli esperti da New York, Hong Kong e Parigi al telefono con i collezionisti. Credo che questa formula non verrà abbandonata più, è un ulteriore passaggio.
Ha visto il film del 2012 “La migliore offerta” di Giuseppe Tornatore con uno strepitoso Geoffrey Rush impersona battitore d’aste?
È un film fatto molto bene, accurato, pre-Covid, quindi prima dei livestream, dà molta attenzione ai rituali del battitore anche se la traduzione italiana di auctioneer è riduttiva: l’auctioneer è il regista dell’asta, è un esperto che con gli assistenti lavora per sei mesi per cercare il meglio, conosce i collezionisti, i venditori, i mercanti. Il film è costruito molto sull’auctioneer, attento anche alla scarpe, ai vestiti. Quando in un’asta batti milioni dollari l’elettricità è nell’aria e si concentra sulla figura dell’auctioneer. Occorre gestualità, il 100% si ottiene quando il grande esperto ha anche capacità teatrali, sa officiare un rito. Ma se vogliamo dare un’altra annotazione va detto che è un mondo sempre più aperto alle donne. Helena Newman di Sotheby’s batte le aste di classe A, è esperta di impressionisti e arte moderna a Londra, quando iniziai nel 1985 credo ci fossero una o due donne soltanto, in Italia.