Quando la luce diventa arte con la star Eliasson. Quell'alieno in piazza Signoria
L'artista scandinavo espone a Palazzo Strozzi le sue opere fondate sulla percezione visiva e, a breve, un lavoro al Castello di Rivoli: ecco come rimandano ad altri artisti. Intanto la città di Firenze propone in piazza e davanti a una chiesa due sculture di Henry Moore
A Firenze si sale al piano nobile di Palazzo Strozzi, classica architettura del primo Rinascimento fondata sulla regolarità delle linee, su spazi dove la ragione è armonia, e ci si immerge in una sensazione curiosa: Olafur Eliasson ha in corso fino al 22 gennaio 2023 la sua mostra personale “Nel tuo tempo” e non vedono oggetto, non si vedono cose, si vede luce.
Nella prima sala il reticolato regolare delle finestre viene proiettato su una parete grazie a dei faretti esterni; in una saletta la luce disegna un sole al tramonto; in una stanza una luce calda e gialla avvolge i presenti. Altrove i sensi vengono sottilmente ingannati con effetti che s’intonano a una cultura di stampo manierista più che a una matrice rinascimentale: uno specchio roteante altera la percezione delle cose in una sala dal caldo colore giallo; in un’altra stanza un semplice ed enorme cerchio e uno specchio alterano la percezione del luogo e di noi stessi; nel cortile dell’edificio di metà ‘400 un’ellisse all’altezza degli archi tratteggia forme cangianti che, a guardarle a lungo, possono far vacillare.
Però non ci sono oggetti, dipinti, sculture: che razza di mostra è? Ed è forse curioso che una rassegna di materia impalabile come questa avvenga in una città che, fino al 31 marzo 2023, colloca due sculture in bronzo, quindi la piena e pura materialità, dello scultore britannico Henry Moore, in due luoghi altamente simbolici: il sagrato di San Miniato al Monte e Piazza Signoria.
Eliasson: “L’esperienza è un mondo che si apre”
Più sotto riportiamo qualche ragguaglio su Moore, adesso torniamo a Eliasson. “L’esperienza è un mondo che si apre a noi, è qualcosa che fai influenzato dalle circostanze e che ci fa vedere il mondo in modo diverso”. Possono aiutare a orientarci le parole pronunciate dall’artista medesimo all’affollata presentazione stampa. Affollata perché questo scandinavo è una star globale da quando, nel 2003, riempì la grande ala della turbina della Tate Modern di Londra con un enorme sole fatto di pura luce, specchi, e due milioni di persone non vollero perdersi quella sensazione, quel momento, quel tempo, quell’esperienza.
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Tra Parmigianino e Bill Viola
Le dimensioni rispetto a Londra sono diverse, va da sé, quello spazio ex industriale è gigantesco, eppure qualche elemento accomuna quel “Weather Project” e queste sale disegnate dalla luce e dalle rifrazioni. Beninteso, se poco fa abbiamo rimarcato la distanza tra un Eliasson e un Henry Moore ciò non significa che lo scandinavo sia slegato alla storia dell’arte. Il grande poliedro multicolore in una sala da un lato richiama un’atmosfera natalizia, dall’altro richiama gli studi di un geniale matematico del ‘400, Luca Pacioli, e gli oggetti che disegnava Paolo Uccello per studiare forme, prospettive, geometrie. Oppure che dire di un cerchio di semisfere appese a un muro dove, guardando a distanza ravvicinata, si vede che ogni sfera proietta una finestra come in uno specchio convesso? Non viene da pensare alle tante superfici specchianti e convesse rappresentate da autori come dal Parmigianino in un autoritratto o da Van Eyck nel doppio ritratto dei coniugi Arnolfini? Oppure, venendo più vicini a noi, in una sala buia cade dal soffitto un vapore acqueo che siamo invitati tranquillamente ad attraversare e in ogni istante e da ogni posizione diversa quel vapore acquista rifrazioni cromatiche differenti. Diventa impossibile non pensare a quei magnifici video di Bill Viola, che proprio a Palazzo Strozzi ha tenuto anni fa una bella personale, dove personaggi vari emergono dal buio in uno schermo d’acqua scrosciante per poi risprofondare in quel buio lontano. La storia, recente e remota, si intreccia anche con installazioni così contemporanee. A questo punto probabilmente avrete un'idea di cosa vedrete per queste stanze.
“Nel tuo tempo” è curata dal direttore della Fondazione di Palazzo Strozzi Arturo Galansino e ideata dallo Studio Olafur Eliasson. Nella Strozzina, ovvero nello spazio seminterrato, l’artista nato a Copenaghen nel 1967 da genitori islandesi presenta tra altri interventi un’opera pensata appositamente e che si vede attraverso un visore: ci si trova in un mondo di forme geometriche in movimento e qualcuno avrà la sensazione di perdere l'equilibrio.
Un’installazione di Eliasson al Castello di Rivoli
Se transitate o vivete dalle parti di Torino, dal 3 novembre al 26 marzo il Castello di Rivoli Museo d’arte contemporanea propone, a cura di Marcella Beccaria, un’installazione di grandi dimensioni nell’intera Manica Lunga dell’edificio del 1630. L’opera è “ispirata dalla lunga indagine di Eliasson sulle condizioni cognitive e culturali della percezione”, informa Rivoli che la descrive come una “esperienza sensoriale” e che ha nella collezione più opere dell’artista. Si torna quindi alla pratica a Palazzo Strozzi: la visita è da intendersi come una esperienza in cui tuffarsi. A questo punto avrete un’idea di cosa vi aspetta. Cavallerescamente l’istituto fiorentino nel comunicato stampa cita l’iniziativa del museo piemontese e così fa Rivoli.
Clicca qui per il sito su Oliasson al Castello di Rivoli
La famiglia di Moore sul sagrato, il suo alieno in piazza Signoria
Concludiamo tornando a Henry Moore, riproposto a cinquant’anni da una sua storica mostra a Forte Belvedere. A San Miniato al Monte appena sopra il piazzale Belvedere è stata collocata la scultura di una famiglia che si direbbe sacra, composta com’è da madre, padre e figlio, il cui bronzo verde si armonizza perfettamente al marmo bianco e verde della facciata romanica della chiesa. L’altra scultura slanciata è una sorta di esile alieno fatto di vuoti e curve in piazza Signoria che si leva verso il cielo e la torre di Palazzo Vecchio in mezzo a frotte di turisti.
Si tratta di un’iniziativa curata da Sebastiano Barassi, Head of Collections and Programmes della Henry Moore Foundation, e da Sergio Risaliti, direttore del fiorentino Museo Novecento, e ha collaborato la Biennale dell’antiquariato di Firenze chiusasi il 2 ottobre scorso.
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di Stefano Miliani














