Andrea Pazienza, il talento sconfinato di un fumettista andato via troppo presto
Dalle contestazioni del ’77 alle tavole di pura poesia, Bologna dedica una ampia mostra all’artista. Lo racconta il curatore Stefano Piccoli, del festival “Arf!”
Andrea Pazienza era un narratore per immagini dalla fantasia inesauribile, era un autore di fumetti che ha interpretato in appena un decennio sogni, proteste e contraddizioni della generazione in subbuglio del ’77 e i successivi e disincantati anni ‘80, era un artista in grado di impiegare qualunque tecnica per le sue storie. È stato questo, e altro, uno degli autori più inventivi nella storia del fumetto e dell’illustrazione e non solo nel panorama italiano.
Era nato a San Benedetto del Tronto nel 1956 e morì ad appena 32 anni nella sua casa di Montepulciano il 16 giugno 1988: le cause non sono note però resta doveroso rammentare che lottava con la dipendenza da eroina che ha bruciato tanti, in quegli anni. Vuole dare conto della sua arte una corposa mostra a Palazzo Albergati a Bologna dal 7 maggio al 26 settembre: raccoglie oltre cento opere tra tavole originali e dipinti provenienti dagli archivi della moglie, del fratello, della sorella e di altre persone che erano vicine a Pazienza e le accompagnano foto di Enrico Scuro.
Con un viso e un sorriso che, dalle foto, suscita simpatia, l’artista creava personaggi indimenticabili e bizzarri. Nella città delle Due Torri l’artista arrivò nel 1974 iscrivendosi al mitico e vitalissimo Dams, da Bologna decollò il suo lavoro nel 1977 nel clima incandescente delle contestazioni studentesche. Qui parla di Andrea Pazienza il curatore dell’appuntamento bolognese Stefano Piccoli di “ARF! - Festival di storie, segni & disegni”, la manifestazione che ha curato la mostra prodotta e organizzata da Piuma con Arthemisia, con il contributo della Fondazione Terzo Pilastro e il patrocinio del Comune.
Piccoli, qual è la “lezione” artistica che ha lasciato Pazienza?
Direi che era un gran disegnatore. Usava qualsiasi materiale, dal disegno ai pastelli Giotto, dagli acrilici alle matite ai pennarelli: sapeva impiegare qualunque strumento gli mettevi in mano con un grandissimo eclettismo, era illustratore, pittore, fumettista. Il vero peccato è che a 32 anni di distanza alcuni materiali si sono sbiaditi, molte tavole sono invecchiate a causa del materiale rimediato. Era un vero storyteller.
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Andrea Pazienza, un genio dei fumetti in mostra a Bologna
Come si inserisce il suo lavoro negli anni del Movimento studentesco a Bologna?
Era fisicamente a Bologna nel ’77, studiava al Dams, era immerso nel contesto del movimento bolognese. Quando Francesco Lorusso fu ucciso da un carabiniere l’11 marzo del 1977 (il militante di Lotta Continua morì durante proteste in strada, ndr) Pazienza chiamò la redazione della rivista Linus per cambiare l’ultima tavola di un episodio del suo Pentothal già consegnato e per citare l’episodio nel numero di aprile del 1977. Noi esponiamo quella tavola
Aveva uno spirito civile forte?
A posteriori è difficile interpretare il suo pensiero. Faceva agende verdi per GreenPeace o per la Lav ma è difficile ascrivergli un pensiero etico rischiando che non sia il nostro. Da curatore credo che non volesse insegnare la morale a nessuno né dare lezioni o modelli di comportamento: era la sua poetica a parlare. Riusciva a passare dalla storia più efferata di Zanardi fino a tavole di pura poesia dentro Pompeo o a quattro vignette dove un personaggio dice “stella, fiore, notte, tienimi stretta la mano, figliolo, mi sento le gambe molli …” Aveva una poetica molto personale, mai moralizzatrice, parlava per sé stesso, non si è mai fatto portavoce di nessuno. Con Penthotal e Zanardi raccontava la realtà intorno a lui senza dare un giudizio sul mondo. Che fosse ironico, ficcante, divertente, drammatico sono cose ascrivibili alla sua capacità, al suo talento.
A un giovane di oggi cosa può dire Pazienza?
È la mission che noi curatori abbiamo nel riproporlo. Nel 2008 come "Arf!" abbiamo fatto una mostra su Pazienza a Roma, perché era il trentennale della morte. Il 2021 non coincide con nessuna data se non con gli anni passati dall’ultima antologica a Bologna, nel 1997. È cambiata un’intera generazione, un ventenne di oggi del Dams o dell’Accademia di belle arti o dell’università allora non era nemmeno nato. Un fine della mostra è proprio raccontare Pazienza a chi cresce con Zerocalcare e i manga: magari lo conosce come nome ma non ha mai potuto vedere da vicino le tavole originali, i suoi resoconti e racconti. Noi di “Arf” vogliamo sia portare i fumetti dentro i musei, mentre di solito operano in strutture fieristiche, sia parlare con le nuove generazioni: lavoriamo sul doppio binario della memoria storica del grande fumetto italiano e allo stesso tempo con la contemporaneità e Andrea Pazienza è ancora contemporaneo nelle sue storie.