La fondatrice del museo Zauli di Faenza: “Fango e opere distrutte e l'aiuto non basta. Ecco cosa serve"
Intervista a Monica Zauli, co-fondatrice del centro d’eccellenza della ceramica d’artista nella città invasa dall’acqua in Romagna: “Abbiamo perso strutture espositive, impianti, cataloghi. Ci aiutano tanti giovani, ma non basta”. Le raccolte fondi


“Cerchiamo di tenere duro, con le nostre energie, è un dramma”. Lo esclama al telefono Monica Zauli mentre da giorni spala fango e cerca di recuperare ceramiche, documenti e quanto può essere salvato del Museo Carlo Zauli di Faenza che ha contribuito a fondare nel 2002 con la sorella Laura e il fratello Matteo. Era lo studio d’arte del padre, ceramista e scultore faentino con commissioni in tutto il mondo, morto in quel 2002 a 75 anni. Finito sott’acqua, l’istituto ha subito pesantissimi danni in una città alluvionata dove l’hanno scampata Palazzo Milzetti e il Museo internazionale delle ceramiche in Faenza-Mic mentre nella casa-museo del ceramista e pittore Guerrino Tramonti (1915-1992) sono rimasti sommersi i depositi nel piano interrato con qualcosa come 1.800 opere e il piano terra con la sezione espositiva di dipinti e disegni apriva al pubblico.
“L’alluvione del 18 maggio ha devastato cantine, piano terra, e giardino, tutti spazi adibiti a esposizioni, eventi e laboratori. Sono state distrutte numerose opere della nostra collezione e si sono danneggiati impianti e strutture. Saranno indispensabili ingenti lavori di restauro specializzato”, ha scritto su Facebook Matteo Zauli in un appello per raccogliere fondi. Gli Zauli senza un aiuto economico non possono farcela: i magazzini sono stati invasi dal fango e dall’acqua, gli scaffali rovesciati, vasi e attrezzature sono compromessi. Descrive la situazione Monica Zauli, architetto che come ricorda in una sua sintetica biografia online dopo aver “progettato architetture e giardini in Italia, Francia e Lussemburgo” è passata “anche al design e a un lavoro esclusivamente artistico”.
Monica Zauli, anzi tutto ci introduce al Museo Carlo Zauli?
È nato nello studio di un grande artista a livello internazionale, Carlo Zauli, che ha fatto la storia della ceramica. Alla sua morte noi tre figli abbiamo fatto sorgere questo museo. Era un luogo molto particolare, nei laboratori storici si lavorava ancora, era rimasto tutto come l’aveva lasciato mio padre ed era il suo fascino. In più ha sale dedicate all’esposizione. Un’altra particolarità è che fin dalla nascita qui si sono create le prime residenze d’artista dove gli artisti vengono, risiedono e producono loro opere in ceramica. Quasi sempre si tratta di artisti che non hanno mai lavorato con la ceramica e che qui sperimentano. La bellezza e del museo consisteva anche nella memoria del vecchio studio Zauli per rendere vivo il suo lavoro ed essere nello stesso tempo un luogo di contemporaneità grazie alle residenze di artisti da tutto il mondo.
Fino a che punto è arrivata l’acqua da voi?
Nessuno pensava che potesse mai arrivare qui, nel pieno centro storico di Faenza. Tutti si erano premurati di mettere in salvo chi e cosa era vicino al fiume, zone già toccate dalla prima alluvione del 3 maggio, ma nessuno immaginava che potesse arrivare in questo distretto. È un dramma.

Quali effetti ha avuto?
Si è allagato il seminterrato, l’acqua è arrivata al primo piano, molte opere si sono rotte, alcune irrimediabilmente e non sono restaurabili, altre sì. La cosa incredibile è che lavoriamo con l’argilla, quindi con la terra: il fango e l’acqua si sono mescolate alle terre storiche di cui avevamo una collezione in polvere in sacchi che si sono aperti creando una miscela vischiosa dalla quale è difficilissimo reperire frammenti delle opere rotte. In più adesso con il caldo l’acqua evapora, la fanghiglia resta, si solidifica e quindi probabilmente dovremo reimmettere acqua per scioglierla. Sono operazioni immani. È un grande dispiacere aver perso un luogo di memoria conosciuto, amato anche dalla comunità faentina e da quella regionale, molto frequentato anche per le residenze d’artista.
Ci venivano anche le scuole?
Sì, avevamo anche corsi dedicati ai giovani programmati da Sviluppo artigianato (una società cooperativa che opera principalmente nel Nord Italia, ndr) e tanti workshop tenuti da ceramisti.
A una settimana dal disastro potete quantificare i danni?
A livello economico non ancora. Molte opere di grande valore sono perse. In più le strutture espositive sono da rifare. Nell’impianto elettrico è entrato il fango e dobbiamo rifarlo, le attrezzature tecniche del museo si sono rotte. Abbiamo perso libri, cataloghi su mostre di Zauli, su artisti contemporanei. Avevamo stampanti 3D in ceramica che dobbiamo gettare, la cabina di smaltatura è stata sollevata da terra verso il soffitto anche se pesa una tonnellata e riabbassandosi ha poggiato su altri elementi, è una situazione difficile.
Non potete rimettere in sesto il museo a mani nude, vero?
No. Ci aiuta una miriade di giovani, la solidarietà è massima perché il museo è molto amato anche dai più giovani, abbiamo un aiuto manuale però c’è bisogno di programmare un ripristino tecnico con specialisti del restauro.
Passiamo ad alcuni luoghi culturali in città. L’alluvione del 3 maggio aveva danneggiato la Bottega d’arte ceramica Gatti, fondata nel 1928 dallo scultore e ceramista Roberto Gatti compromettendo l’archivio, disegni, carte, libri storici.
L’archivio perso con la prima alluvione conteneva il materiale sulle opere realizzate dalla bottega e su cui lavoravano designer e artisti italiani anche molto conosciuti dagli anni ’70 in poi.
Cosa sa del museo Guerrino Tramonti, anch’esso colpito pesantemente dall’alluvione del 18 maggio?
Lo studio aveva molti dipinti e disegni, stanno cercando di recuperare tutte le opere ma per adesso abbiamo pochi contatti, ognuno deve pensare al proprio istituto, nessuno quasi risponde al telefono perché siamo sempre a spalare fango.
Un’ultima riflessione: più di un meteorologo ha rimarcato in questi giorni che il clima non sta cambiando, che l’emergenza climatica è già tra noi. Solo per ricordare alcuni degli ultimi segnali in Italia: i fiumi straripati l’anno scorso a Senigallia, la prolungata e clamorosa siccità invernale nel nord con il Po in secca, ora la seconda alluvione in Romagna con tanta acqua caduta in due giorni quanta ne cade in almeno sei mesi. Se non ne prendiamo atto è perché rifiutiamo di capire la situazione e non vogliamo che vengano prese misure adeguate.
Abbiamo rotto un equilibrio sempre fragile, anche in questa parte di Romagna. Abbiamo montagne e colline fatte da calanchi di argilla che partono dalla città. Con una pioggia talmente forte l’ultima fascia di argilla montuosa e pedemontuosa a ovest di Faenza si è sciolta in molti declivi e ha portato nel fiume e negli affluenti una massa incredibile di argilla sciolta e fango che si è riversata nella città. Uniamoci il fatto che nella parte di pianura un reticolo di piccoli canali garantisce la meraviglia dei frutteti della Romagna ma la massa d’acqua ha riempito questa rete. Anche a valle la situazione è grave, la campagna è allagata in moltissimi punti. È un cambio climatico causato da noi senza che si siano presi provvedimenti: una miopia molto allargata impedisce di fare qualcosa di veramente concreto. Aggiungerei una riflessione quasi intimistica: fin da epoca romana la fortuna di Faenza è stata generata dalle ceramiche fatte con l’argilla ricavata dai calanchi a monte della città, sono le argille azzurre citate numerose volte da Leonardo nei suoi viaggi. Il paradosso è che l’argilla che aveva generato la ricchezza di Faenza adesso è stata generatrice del disastro: quello che la natura aveva donato se lo è ripreso.
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La Regione Emilia Romagna ha attivato un conto corrente per gli aiuti intestato ad Agenzia Regionale Sic.T. Protezione Civile Emilia Romagna:
Codice Iban: IT69G0200802435000104428964
Causale: “Alluvione Emilia-Romagna”