“Viva i murales al Corviale di Roma purché siano colorati e condivisi”: reportage dal "Serpentone"
Cosa dicono dal palazzone all’estrema periferia della capitale dove la street art campeggia in mezzo a tanto cemento armato. I pareri in occasione del nuovo murale dipinto da JDL


Roma, estrema periferia sud-occidentale, vicino alla Portuense il mega-palazzone del Corviale domina un colle. È un mastodonte lungo un chilometro soprannominato “Serpentone” anche se è un parallelepipedo, non ha curve sinuose bensì solo rigorose linee rette. Sulla parete nord-est dell’edificio progettato da una squadra coordinata da Mario Fiorentino e costruito dal 1975 al 1984 il 16 febbraio scorso la street artist olandese JDL ha svelato “Icarus”, enorme pittura murale alta 40 metri che raffigura una ragazza in volo nella fascia superiore e in quella inferiore mentre precipita. L’opera si inserisce nello Street Art for Rights Forum Festival che ha commissionato oltre trenta murales nelle periferie romane, ideato e diretto da Giuseppe Casa e curato da Oriana Rizzuto.
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“Icarus”, un’opera impressionante
L’opera è impressionante. I colori vanno dall’azzurro pallido al grigio. Disegnato con grande sapienza, “Icarus” rimanda a un’umanità che vuole librarsi in cielo e ignora i segnali del disastro creati nel pianeta. Il murale ha avuto il patrocinio del Municipio XI e della sua giunta, di comitati e associazioni di quartiere, e pone un interrogativo: il complesso del Corviale, includendo le strutture in cemento armato presso il palazzone, pullula di opere di street art. Più d’una, per inciso, raffigura serpenti alludendo proprio al “serpentone”. Orbene, cosa ne pensano gli abitanti di una periferia dove il centro storico sembra appartenere a un’altra e remota città?
Senza pretendere di essere esaustivi, qui sotto trovate alcune risposte con una premessa: il Corviale viene descritto pregiudizialmente come sinonimo di degrado. Ebbene, senza nulla togliere ai problemi, tutte le persone intervistate convengono che la realtà è più sfaccettata e vitale di quanto spesso la dipingano i media.
Massimiliano Lustri di Piacca: qui serve una manuntenzione settimanale
Massimiliano Lustri è presidente di Piacca, associazione culturale per le arti e mestieri creativi con un magazzino in grado di rendere felice chi ama il modernariato o i trovarobe per film e serie tv (magnifico il flipper anni ’50): “Diamo lavoro a ragazzi che hanno sbagliato facendo i restauratori, traslochi, il montaggio di mobili. I murales? Hanno dato un po’ di vita e colore, altrimenti si vede sempre il grigio, e hanno dato spazio agli artisti per esprimersi in modo rispettoso”. Servono alla vita del quartiere? “C’è stata tanta curiosità, il boom mi pare un po’ finito. Quello nuovo dell’olandese ha un disegno molto bello, ti arriva in faccia se vieni da Casetta Mattei, però quei soldi si potevano spendere per altri murales che non sono costati niente. E poteva avere altri colori per dare più contrasto con il grigio: specie quando piove il cemento con l’acqua si scurisce. E poi è su una autodistruzione. Che ci frega, qui? La riqualificazione del Corviale non la vedi da un disegno: ci sono perdite d’acqua, i ferri escono dal cemento, un palazzo-mostro del genere senza una manutenzione settimanale si rovina, ha tubi arrugginiti. L’Ater (l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale di Roma, ndr) giustamente dice che non ha solo il Corviale e che tanti non pagano come dovrebbero: è vero, però …”.
Dal Piacca Vincenzo manifesta un giudizio sintetico sui murales al Corviale : “È un giudizio positivo, danno un altro aspetto al cemento, mi piacciono”.
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Anna Maria Piccoli: ben disegnato, ma questo Icaro ha troppo grigio
Anna Maria Piccoli è esperta di attività culturali in luoghi non istituzionali, vive vicinissimo al palazzone e qui è di casa. “Ho la sensazione che il murale di Icaro racconti una storia diversa dagli altri del Corviale. I murales più vecchi raccontano di una cittadinanza attiva, di riscatto, di attivismo e allegria, di colori, ci sono opere bellissime, invece questo, con tanto grigio, tiene attaccato il palazzo ai pregiudizi sulla nuova borgata. Rappresenta l’umanità che si autodistrugge. È bellissimo, ben disegnato, ma perché farlo qui?”.
Impegnata su tanti fronti, Anna Maria Piccoli ritiene che gli abitanti del “Serpentone” dovevano essere maggiormente coinvolti nel programmare l’opera di JDL e fa da guida a questo tour con passione, apprezzando che tanti colori ravvivino il grigio del cemento armato con un giudizio che varia da immagine a immagine.

Sofia Sebastianelli e Maria Rocco: i murales raccontano la periferia
Tra cemento, vetrate e sprazzi di pitture a pochi metri dal Piacca in un ufficio ha sede il Laboratorio di città Corviale, centro di rigenerazione urbana in un programma di ricerca del dipartimento di architettura dell’università di Roma 3. È un presidio fisso con persone piene di idee. Da qui parlano coralmente due delle ricercatrici del centro, Sofia Sebastianelli e Maria Rocco: “Al Corviale i murales rappresentano un tentativo di raccontare la periferia in modo diverso. L’oggetto architettonico è un simbolo purtroppo degli errori del modernismo delle periferie romane dove si concentra il disagio e in questo senso le persone sono contente di vedere il colore; raccontare storie nuove può essere positivo ma forse il Corviale avrebbe bisogno di altre cose: c’è una carenza di manutenzione ordinaria ma questo attiene all’Ater, non al mondo dell’arte”.
Ancora: nei murales occorre valutare “la qualità del disegno, non è trascurabile. Qui hanno realizzato bei murales anche street artist noti come Sfhir che ha dipinto quello del bambino col serpente, ci sono ben tre comunità di artisti artigiani radicati nel quartiere. Invece gli artisti chiamati dagli abitanti a decorare la galleria al piano terra del quarto lotto hanno coperto la segnaletica originale e non ci pare un’azione ben fatta”.
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Alessandro Fornaci, street artist del Corviale: gli abitanti devono poter partecipare
Interviene Alessandro Fornaci, street artist lui stesso, del Corviale, autore di un ritratto toccante (da completare) vicino alla zona della “bisca” a piano terra del palazzone: raffigura il volto di un giovane uomo vissuto dagli occhi buoni: “Sullo sfondo vogliamo inserire una prospettiva del Corviale. Ritrae un ragazzo purtroppo morto che aveva problemi dipendenze, faceva avanti e indietro dalla galera, anche se legato allo spaccio era molto generoso: portava sempre la spesa o soldi ai poveracci. Gli amici e la famiglia mi hanno chiesto il ritratto, ho usato una foto di Aldo Feroce che abita qui a Casetta Mattei”.
Sui murales al Corviale cosa dice? “Auspico sempre una partecipazione degli abitanti, compresi i bambini, nella scelta dei soggetti. Li divido in tre famiglie. La prima è quella dei murales fatti da professionisti, selezionati, che vengono da fuori come Sfhir, l’autore del murale con il ragazzo e il serpente. Questi progetti hanno finanziamenti e hanno realizzato opere di impatto ottimo che migliorano l’aspetto della struttura. La seconda famiglia invece è di autori che tengono più a mettere la loro firma, ad autocelebrarsi, a utilizzare i punti più caratteristici e spesso rovinano delle strutture senza avere contatti con gli abitanti. Nella cavea hanno avuto carta bianca anche autori meno capaci facendo una ammucchiata. La terza famiglia, nella quale mi inserisco, vede invece intervenire persone che vivono nella zona o che si rapportano con la gente. Si tratta di dare un sospiro di felicità a spazi abbandonati, mal gestiti o riempiti da sbombolettate o bestemmie. È importante chiedere agli abitanti la gente perché il desiderio di essere partecipi c’è. In sintesi: i murales fanno ben ma dipende dall’intento. La riqualificazione va fatta specialmente nell’animo di chi vive qui perché ci si sente marchiati dalla incuranza o dallo stigma di vivere nel palazzo”.
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Aisling Pallotta: bellissimo il nuovo murale, ma non lo hanno condiviso con noi
L’ultima parola spetta ad Aisling Pallotta (nome irlandese che più o meno si pronuncia Aishling, con madre irlandese e padre marchigiano): abita nel palazzone, è molto impegnata nelle attività del quartiere e del “Serpentone”, è vicepresidente di EudeCoop, prima Cooperativa di comunità urbana del Lazio costituitasi a dicembre. “Trovo il nuovo murales bellissimo, mastodontico, a me piace, però non è stato condiviso né partecipato”. Anche Aisling Pallotta rileva come la vasta presenza del grigio nell’opera di JDL manifesti una distanza: “Sono fiera di vivere nel palazzo, mi batto per migliorarlo”. Siccome “la maggior parte qui non sopporta il grigio del cemento armato, ‘Icarus’ poteva essere una botta di colore, invece che abbia tanto grigio vuol dire che non ti sei interfacciato con le persone del luogo. È il problema del Corviale: le istituzioni portano una cosa fatta, non ti chiedono in un modo un po’ da colonialista cosa ti serve e devi dire grazie”.
In generale come valuta i murales del quartiere? “Servono, sono uno stimolo mentale. Un conto è vedere un muro grigio, un conto è guardare un’immagine: ci ragioni sopra volente o nolente, è un allenamento al confronto. Quando un’opera non è condivisa lo si capisce perché viene rovinata. A parte le scritte ‘ti amo’ o ‘ti odio’, ‘forza Roma’ o ‘forza Lazio’, anche le scritte ti portano in un mondo. Come alcuni lavori sulla calligrafia fatti qua dai Pittori anonimi del Trullo che collaborano con i Poeti anonimi del trullo. Lasciare un segno è una necessità umana, l’avevano anche i primitivi con i loro graffiti”.