L'arte distrutta: dal terremoto da Aleppo in Siria a Gazantiep in Turchia. Un primo triste bilancio
L'antica cittadella della città siriana, il castello nel sito turco, i monumenti colpiti in altri siti: cosa sappiamo per adesso del disastro sul patrimonio culturale. Esperti a Palmira. Unesco e Italia si dicono pronti a intervenire

In Siria e in Turchia la priorità adesso è salvare bambini, donne, uomini, dare riparo, cibo, conforto, agli scampati, curare i feriti, fornire ai soccorritori tutti i mezzi adeguati, superare i ritardi nei soccorsi al di là della strenua volontà dei soccorritori. Tuttavia se non ora dopo si dovrà parlare del patrimonio culturale, cosa è andato distrutto, come e cosa recuperare. Area curda compresa, non dimentichiamolo.
Adesso è presto, tuttavia i cumuli grigi di macerie e le foto spettrali della fortezza di Gazantiep semidistrutta già ci parlano di più mondi da restaurare. Perché significano il futuro di chi lì vive, perché dobbiamo tenere a mente la storia: in quelle terre hanno vissuto antiche civiltà come gli ittiti, gli assiri, i persiani, i greci, ci sono passati i romani, gli apostoli della cristianità, è fiorito l’islam, hanno costruito castelli i crociati. Qui l’oriente e l’occidente si sono incontrati, anche combattuti, spesso mescolati. Basti pensare a quel crogiuolo di influssi di Palmira in territorio siriano, non a caso odiata dai fondamentalisti dell’Isis: esperti sono al lavoro per valutare quanti e quali danni ha riportato l’antico sito.
Tentiamo qua di ricapitolare cosa è stato danneggiato ricordando che le notizie arrivano ancora a frammenti, lo scenario evolve e il numero terribile di 20mila vittime è destinato ancora a crescere. Il bilancio sul patrimonio culturale è allora quanto mai sommario e incompleto. Il direttore generale dell’Unesco Audrey Azoulay ha garantito l’assistenza dell’organismo delle Nazione Unite dopo aver espresso le sue condoglianze a familiari e cari delle vittime. Il ministro della Cultura italiano, Gennaro Sangiuliano, ha promesso aiuti su Twitter: “Ora occorre salvare le persone e aiutare le popolazioni, poi daremo una mano a ricostruire il patrimonio artistico e le chiese”. Il nostro Paese, ricordiamo, è tra i più attrezzati ad affrontare l’emergenza di un patrimonio culturale terremotato.

In Siria
Iniziamo dal territorio siriano, già martoriato dal 2012 dalla guerra civile e tuttora sotto il giogo della dittatura di Assad.
Nella città settentrionale l’antica cittadella di Aleppo è un sito Unesco e fu costruita per lo più nel XII e XIII secolo dal Saladino che combatté contro i crociati, ma porta i segni di un passato più lontano, delle civiltà greca, romana, bizantina fino alla cultura ottomana. Una stratificazione che la rende una delle città abitate da più tempo senza interruzione, con i suoi mercati, i caravanserragli, le moschee, i bagni pubblici, ma la guerra, l’aveva trasfigurata già prima di questo 6 febbraio.
Il Direttorato generale delle antichità e dei musei ha comunicato che nella cittadella parti del mulino ottomano sono collassate, che sezioni delle mura difensive si sono spaccate e sono crollate; è franata parte della cupola del minareto della moschea di Ayyubid, sono danneggiati gli ingressi al forte e alla torre di Mamluk, sarebbe rovinata al suolo una torre occidentale, risulterebbero danneggiati colpiti molti edifici del suk.
A Baniyas, sul mare, città portuale, risultano danneggiati l’antico castello di Al-Marqab, le fortificazioni, una torre crollata. A poca distanza, ha subito danni seri la fortezza crociata di Margat. Vicino al castello di Qadmus una rupe rocciosa è crollata su edifici residenziali.
In Turchia
Ha fatto il giro del mondo la foto del castello semi distrutto sopra Gaziantep, nella Turchia sud-orientale, vicino all’epicentro del primo sisma. Il monumento fu luogo di avvistamento degli ittiti, di cui forse reca tracce, e ha il corpo principale eretto dai romani nel II-III secolo d.C.. Nei secoli ha subito più interventi e rimaneggiamenti. Fu rinforzato in epoca bizantina dall’imperatore romano d’Oriente Giustiniano nel VI secolo d.C, hanno apportato modifiche le dinastie dei Mamelucchi, dei Dulqadiridi, degli Ottomani e, ancora, nel XV secolo. Alcuni bastioni nei tratti sud, est e sud-orientali del monumento sono ridotti in macerie, ha riportato l’agenzia di Stato turca Anadolu. Anche la cupola e una parete dell’antica moschea di Sirvani, non lontana dal castello di Gazantiep, sarebbe in gran parte rovinata.
A Iskenderun, o Alessandretta, sul mare, è andata distrutta la cattedrale cattolica ottocentesca dell’Annunciazione. A Diyarbakir, nell'interno, sono collassate varie parti della fortezza. Nella zona forti sono i timori per lo stato di musei come quelli di Zeugma e di Hatay, per siti Unesco come Göbekli Tepe, il Monte Nemrut o Nemrut Dagi, con in vetta la tomba santuario del I secolo d.C. con statue colossali volta dal re Antioco I di Commagene, il Tumulo di Arslantepe. A Malatya, nell’Anatolia Orientale, risulta è gravemente danneggiata l’ottocentesca moschea Yeni Camii, vale a dire la Moschea nuova.
Purtroppo è un bilancio destinato a salire. Accade sempre, con i terremoti, in questo caso più che altrove anche per la difficoltà dei soccorritori a operare sul posto con i due regimi dittatoriali, quello di Erdogan e quello di Assad, accusati da più parti di disorganizzazione, mancanza di coordinamento; come riporta il quotidiano Avvenire il 9 febbraio, i due autocrati vengono accusati perfino di indirizzare gli aiuti in base ai propri fini politici (i curdi avrebbero molto da dire, al riguardo). Un terremoto in zone dove l'informazione non può essere libera rende tutto più difficile. Restituire le case, gli ospedali, le scuole, e gli edifici culturali dovrà diventare una priorità politica e di umanità anche per noi europei.