Roma apre il nuovo parco e riscopre un'antica mappa della città: lo stupefacente puzzle della "Forma Urbis"
Il Comune apre il Parco archeologico del Celio e il Museo della “Forma Urbis”, dove sovrappone sotto una lastra di vetro una pianta del III secolo d.C. alla riproduzione della mappa di Nolli del 1748. Le foto
Pronti a stupirvi? Nella zona settentrionale colle del Celio con vista a distanza del Colosseo Roma ha un nuovo parco archeologico, aperto a tutti senza biglietto d’ingresso, con cippi, pezzi di colonne, timpani, epigrafi provenienti dall’ex Antiquarium comunale. Più spettacolare però è, nel parco stesso, il neonato museo della “Forma Urbis” (con biglietto d'ingresso) nella palazzina dell’ex palestra Gil ristrutturata: qui la Sovrintendenza capitolina ai beni culturali (distinta da quella statale di Roma che si scrive con la p, soprintendenza) con l’assessorato alla cultura di Roma Capitale e servizi forniti da Zètema Progetto Cultura espone di nuovo dopo 85 anni la sua “Forma Urbis”. Di cosa si tratta? È una mappa marmorea della città incisa tra il 203 e il 211 d.C. sotto l’imperatore Settimio Severo che, stando alle ipotesi più fondate, aveva funzioni celebrative più che amministrative anche perché esposta in verticale ad almeno quattro metri dal suolo. Una collocazione scomoda, se fosse servita a scopi amministrativi.
La “Forma Urbis” sovrapposta alla riproduzione della mappa del 1748
Non si vedeva più dal 1939. La soluzione, azzeccata per noi pubblico del XXI secolo, è quella di aver sovrapposto la “Forma Urbis” alla riproduzione gigante della “Mappa Nolli”, la prima pianta della città eterna eseguita con rilievi scientifici e pubblicata nel 1748 da Giovanni Battista Nolli.
I pezzi di marmo e la riproduzione sono sotto una lastra di vetro in un salone e su cui si passeggia tranquillamente. Così si può scoprire a quale zona corrispondono le tracce delle fondazioni di case e iscrizioni dell’antica Roma rispetto, tanto per dire, a un’ansa del Tevere o al Colosseo. Sembra un puzzle gigante. Mancano purtroppo molti pezzi. “Dell’originale abbiamo un 10% di cui esponiamo il 75%, stiamo studiando gli altri frammenti per ricollocarli, questo è l’avvio di un processo lungo che è anche di ricerca scientifica”, avvisa il sovrintendente. Sembrerà scontato dirlo tuttavia i pezzi di marmo sopra la riproduzione della pianta settecentesca invitano a un viaggio nel tempo e nell’urbanistica di una città fatta a strati e grazie a un documento di marmo senza eguali nel pianeta.
Il parco con museo aprono al pubblico da venerdì 12 gennaio e lo hanno presentato alla stampa il sindaco Roberto Gualtieri, il sovrintendente Claudio Parisi Presicce affiancati dall’assessore alla cultura Miguel Gotor. Il primo cittadino ha rimarcato come questa area del Celio fosse diventata una sorta di “buco nero”, come l’intero intervento faccia parte del “programma di riqualificazione del Centro archeologico monumentale (CArMe) voluto da Roma Capitale”, sia dunque parte di un “processo” complessivo, non un capitolo isolato.
Costo complessivo dell’operazione? Cinque milioni attinti dai fondi per il Giubileo, risponde Gualtieri: “Entro il 2025-26 il progetto sarà completato”. Il parco del Celio con museo, rimarca infatti il Comune “si inserisce in una più ampia trasformazione del colle del Celio e dell’intero Centro archeologico monumentale”, incluso il recupero in corso dell’ex Antiquarium abbandonato da quasi un secolo. “Nel giardino specialmente con le epigrafi, cippi e steli restituiamo e raccontiamo la vita quotidiana delle persone – interviene Parisi Presicce – Sono squarci di vita minuta”. Il parco, che nella sistemazione di alcune colonne e reperti fantasticando un po' può ricordare certi dipinti di Alberto Savinio, a ieri non aveva pannelli esplicativi: dalla sovrintendenza chiariscono che sono in via di allestimento e che verrà installata una app per la quale ci vorrà più tempo. Il parco apre alle 7 del mattino e adesso rimane aperto fino alle 17.30, con l’ora solare aprirà fino alle 20.
Riprendiamo il discorso dalla “Forma Urbis” perché lo merita. Non l’avete in mente pur se abitate a Roma? Nulla di sorprendente. Presicce ricorda che i pezzi furono esposti dal 1903 e il 1924 nel giardino del Palazzo dei Conservatori, poi fino al 1939 alcuni nuclei erano in mostra nell’Antiquarium del Celio, chiuso quell'anno per i dissesti causati dai lavori della metropolitana. Da allora hanno giaciuto in magazzini. A disposizione degli studiosi, certo, ma non dei cittadini.
Una mappa di marmo enorme
Questa mappa di marmo era enorme: “Era incisa su 150 lastre di marmo applicate alla parete con perni di ferro e occupava uno spazio di circa 18 metri per 13”, pari quindi a una superficie di 234 metri quadri. L’imperatore la volle sulla parete di un’aula nel Foro della Pace poi “inglobata dal complesso dei Santi. Cosma e Damiano nell’area del Foro Romano”, ricorda la sovrintendenza.
Come gran parte delle testimonianze della romanità, la mappa scomparve finché nel Rinascimento affamato di antichità torno alla luce nel 1562. “Molti frammenti andarono perduti, alcuni sono stati fortunosamente ritrovati nel corso del tempo, oggi resta circa un decimo del totale della pianta originale, dal 1742 è parte delle collezioni dei Musei Capitolini”, ricordano gli organizzatori. Frammenti di un passato che si riaffaccia al nostro presente.
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