Nevina Satta, quando dalla raccolta di Favole di Libertà di Gramsci alla Sirenetta di Disney il passo è quasi breve
La Sardegna è diventata terra di produzione dove si girano lungometraggi, serie e tutto quel che è legato al mondo dell'audiovisivo in tutte le sue declinazioni. Grande importanza è stata data al settore dell'animazione con un laboratorio permanente nella stessa Manifattura; ed in ultimo la realizzazione del remake della Sirenetta disneyana in terra sarda, fortemente voluta e promossa dalla fondazione
Nevina è un nome molto diffuso nell'entroterra sardo legato a Santa Maria della neve, il principale luogo di culto cattolico di Nuoro, nonché Cattedrale della diocesi. Quando Antonio Gramsci traduce dal russo la favola di Biancaneve che confluisce nella raccolta “Favole di libertà”, il nome Nevina identifica Biancaneve. Sarà per questo che nel giro di dieci anni il passaggio dall'universo favolistico gramsciano a quello della Sirenetta Disneyana è stato quasi consequenziale. Nonostante siano due “concetti” completamente diversi come due gocce d'acqua per dirla con la poetessa Wisława Szymborska. E dietro questo salto lavora alacremente con una squadra che è una orchestra di tanti elementi, Nevina Satta, direttrice della Fondazione Sardegna Film Commission.
Il cinema in Sardegna vantava fino a qualche anno fa una tradizione discontinua legata soprattutto a produzioni sporadiche legate ad una certa “tradizione”, a scenari mozzafiato, ma pur sempre un cinema inteso come industria produttiva di importazione.
Qualcosa è cambiato in questo decennio, ed è legato indiscutibilmente alla figura della ridefinizione della FSFC dopo la vittoria del concorso da parte della stessa Nevina Satta (prima era Sportello Film Commission) che ha permesso all'isola di far emergere i suoi talenti artistici, di creare una filiera di maestranze sia nel campo creativo, che produttivo che tecnico, di riportare in auge e a la Maddalena il Premio Solinas, e di essere presente in tutte la manifestazioni artistiche (festival premi) e di mercato sia produttivo che distributivo.
La Sardegna è diventata terra di produzione dove si girano lungometraggi, series, e tutto quel che è legato al mondo dell'audiovisivo in tutte le sue declinazioni. Grande importanza è stata data al settore dell'animazione con un laboratorio permanente nella stessa Manifattura (sede operativa della FSFC); ed in ultimo la realizzazione del remake della Sirenetta disneyana in terra sarda, fortemente voluta e promossa dalla fondazione. Ci sono tanti nomi che concorrono al raggiungimento di questi risultati, Nevina è sicuramente sul Podio. La incontriamo oggi in perenne movimento fra gli studi della Manifattura, appena rientrata da Los Angeles e San Diego.
Nevina tu hai una formazione teatrale, in primis quando ti è stato utile questo know how legato al mondo della scena?
Quando sono rientrata in Sardegna ero consapevole che avrei ritrovato una grande tradizione del racconto orale, attratta dalle storie provenienti da generazioni diverse caratterizzate comunque da un forte senso di appartenenza che è stato ribadito anche nella letteratura sarda più recente, una appartenenza che ha in sé una dicotomia in equilibrio fra amore e odio, che ha in questa contraddizione anche una sorta di attrazione inevitabile.
Ecco questo ha avuto un effetto calamita per me che vengo dal teatro, il teatro è “uno sporcarsi le mani” ed essere al contempo orientati ad una visione di una grande utopia e di grande internazionalizzazione dei processi produttivi da un lato, e dall'altra invece un dover mettere i chiodi per “stendere” il red carpet. Quindi la base artigianale è la base su cui ragionare sul fare e sul trasformare una idea. Il teatro ha numeri diversi da quelli del cinema, ma ti insegna a ragionare su un atto progettuale condiviso anche a ridosso di esperienza magari di bassa visibilità ma di grande impatto a sostegno di una comunità che ha bisogno di essere contemporaneamente stimolata, nutrita e valorizzata.
Il cinema è fra le tante definizioni per me il risultato sincretico di equilibri e disequilibri fra Arte Artigianato Industria ed Evoluzione tecnologica, Storie è urgente raccontare... in che direzione stiamo andando in Sardegna.
Sicuramente è un momento di alleanza fra istituzioni e privati; siamo arrivati nel 2012 con una terra di nuovo molto divisa, segmentata fra piccoli feudi costretti ad inventarsi tutto del mestiere, contaminando anche processi creativi emergenziali come normali, oggi si è compreso che la forza viene dalla condivisione e dalla collaborazione, e questo credo sia un risultato di governance della Sardegna Film Commission; sono state messe da parte delle acredini ataviche o dei conflitti che nascevano spesso da personalità che non avevano avuto occasione mai di conoscersi sul campo comune della progettazione, molte entità erano immerse in una logica feudale, si lavorava quasi per status quo, secondo egocentrismi determinati più dalla necessità che non dalla volontà di creare confini e conflitti. Credo che da questo punto di vista un approccio più femminile alla collaborazione e all'accoglienza ha creato le condizioni migliori per un ritorno più ampio di ragazzi e ragazze che come me erano stati all'Estero e sono ritornati per lavorare insieme, e dall'altra parte abbiamo con grande umiltà accettato che non esistessero istituzioni perfette né municipali, né regionali, né nazionali e che al contrario nell'imperfezione e nella possibilità di miglioramento sussistesse lo spazio del dialogo, parlando al passato, ma potrei usare un presente (storico) come facciamo noi del cinema, è un percorso non concluso ma appena iniziato.
Un tempo eravamo isolato le nuove modalità di lavoro hanno rotto questo isolamento a parer tuo?
Paradossalmente la pandemia ha accelerato quel processo di digitalizzazione che in Sardegna ha visto prima in Grauso con la creazione di Video on Line, e poi in Soru con Tiscali, un momento unico, dove le frontiere digitali sono stati acceleratori di democrazia, l'isola ha sempre avuto in questi decenni di grande innovazione e credo che il cinema con la film commission grazie al potenziamento delle dinamiche di co-produzione come l' Olbia Film network, o lo Skepto, di incontro fra produttori provenienti da tutto il mondo abbia contribuito al radicamento di questi processi orientati non più solo alla celebrazione del talento ma alla ricerca del talento e alla ricerca delle migliori condizioni per la condivisioni del progetto.
Lo stesso possiamo dire per tutte le attività fatte in giro per il mondo con delegazioni made in Sardegna sempre più ampie, che avevano al loro interno non solo i registi scelti per le proiezioni ufficiali, ma anche i produttori che avevano ancora in fase embrionale progetti da proporre e da presentare, attivando un percorso di formazione che si sviluppa mercato dopo mercato grazie al confronto con il mondo produttivo.
Ecco da questo punto di vista le barriere sono state superate e i ponti gettati, la conferma arriva anche dai dati che ci dicono che le donne che si occupano in Sardegna di audiovisivo, si siano moltiplicate e che esistono oggi gruppi di produzione che lavorano in aggregati autonomi, dove noi come film commission siamo stati solo degli attivatori e poi hanno proceduto in autonomia, conferma che viene anche dai nostri produttori che vincono anche in altre regioni, e con altre film commission di fondi regionali.
Quali sono le tue più grandi soddisfazioni che hai ottenuto da quando sei rientrata in terra sarda?
Sicuramente quest'anno, la possibilità di celebrare la Sirenetta di Disney come trionfo mondiale, con numeri da capogiro e sold out in tutto il mondo, ha confermato che un lavoro paziente e coraggioso anche con le grandi Major internazionali porta a dei risultati importanti, non solo ad aver rappresentato la Sardegna, ma essere riusciti a condividere il progetto di sostenibilità, a parlare di alghe in un contesto che voleva essere “Posidonia free” o ragionare sulla organicità di un film che almeno nelle intenzioni della Disney, è un film ad altissima inclusione etnica, sociale relazionale, un film che voleva dare voce a chi esiste di qualunque razza, etnia, genere o chiunque sia; questo è un risultato importante arrivato facendo parlare le stesse comunità di Castelasardo Aglientu Santa Teresa di Gallura, e degli altri Comuni coinvolti nella produzione, che all'interno della filiera si è rivelato un ottimo investimento anche come ricaduta economica per la comunità.
A questo si aggiunge il trionfo di tutta una nuova generazione di registi e registe, e produttori, e altre Maestranze artistiche che stanno avendo visibilità nazionale e internazionale nei festival.
Talenti che si spostano fra lungometraggi, drammi commedie, ma anche animazione o video games, che stanno ottenendo grandi consensi e risultati, e altri Talenti che pur non essendo nati nell'isola dopo la formazione percepiscano l'isola come la loro terra d'adozione, che portano ad un allargamento del concetto da “un cinema sardo” verso un cinema “made in Sardegna” perché la Sardegna diventi sempre più la casa della creazione audiovisiva, e possa farlo come sta già accadendo sperimentando nuovi modelli produttivi.
Queste sono soddisfazioni, ma ance gli oltre cento animatori che provengono dal progetto NAS (nuova animazione sarda), una squadra di lavoro che si è allargata, il ritorno in casa di artisti dall'estero, che denotano e sono sintomo di un radicamento nell'isola della filiera dell'audiovisivo.
Immagino che riuscire a dirigere un’orchestra come la FSFC ogni tanto porti ad immaginare altri luoghi, altre platee, altri orchestrali, sei tentata ogni tanto, mossa da difficoltà estrinseche ed intrinseche a guardare oltre, e riprendere i fili "laiani" (di Maria Lai) e rilegarti alla Costa Pacifica degli States, dove hai costruito un legame tuttora molto vivo?
In Sardegna, tutti ritornano ma hanno sempre la valigia pronta. Non è più un partire sbattendoti la porta dietro, ma un nutrimento che poi si riporta a casa. Mi piacerebbe che la Sardegna demonizzasse meno chi parte e ritorna, e lo rendesse quasi una possibilità, lo vedo anche dagli artisti come te, voi (parla del teatro dallarmadio) che quando partono poi riportano in casa aria nuova che condividono con la comunità. Vorrei che la Sardegna non fosse un porto di mare ma una casa di approdi di talenti che continuamente “partono e tornano”.
Il mio sogno è che la Sardegna torni ad essere la casa che ospita coloro che dall'estero possono reinvestire nella nostra terra (penso il modello irlandese, e la relazione con i suoi “figli” che tornano in patria dagli States).
Qual è il Film, la serie o il documentario che vorresti fosse girato e che ancora non è stato fatto qui nell'isola?
Rimangono ancora delle grandi mancanze, quando io dieci anni fa feci il primo concorso per dirigere la film commission e creare la fondazione presentai un progetto legato alle “storie” dei grandi personaggi della Sardegna, da allora siamo riusciti a portarne a casa qualcuno come Grazia Deledda, Gramsci, ma trovo paradossale che non siamo ancora riusciti a creare una serie sul modello di Elisabeth, per la nostre Eleonora d'Arborea (ne parlavo qualche giorno fa con Caterina Murino); e che non ci sia ancora un film su Costantino Nivola, che è stato davvero un grande innovatore, o Fancello che hanno avuto il coraggio di riscrivere le arti.
Per tornare ad Eleonora, Bianca Pitzorno ha scritto un bellissimo testo su questa sovrana illuminata, grande statista e femminista ante litteram, partiamo quindi già con una base solida che avrebbe bisogno di essere sviluppata e magari prendere la forma di una sceneggiatura.
Se avessi potuto scegliere di essere un personaggio del cinema di qualsiasi periodo chi saresti voluta essere.
Lo sai, ed è legata alle mie due grandi passioni: il music hall, e l'elemento acqua, io avrei voluto essere Ester William.
n.d.a
Nevina Satta è un mare in piena, anzi di più: è il mar Tirreno sardo (mar di Sardegna) che dialoga con il Pacifico californiano, il sogno impossibile che diventa tangibile, la settima arte che cerca nuovi territori, l'utopia che ha salde radici, che si perdono fra le isolate strade di un' isola che è quasi un continente, come diceva Marcello Serra, che è di fatto grazie a questi anni un continente lo sta diventando come diciamo noi (Io e Antonello Murgia in Rastros e Visus).