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Ribelli con eleganza, ragazze e ragazzi attirati dal piacere: ecco la Movida spagnola per immagini

Intervista al fotografo Miguel Trillo che ha una mostra di foto a Roma: "Un movimento creativo dove tutto era incentrato sulla musica". Entusiasmo e cultura in libertà grazie anche ad Almodovar. Tra moda, arti, tanta vitalità ma, ricorda, con l'ombra cupa dell'eroina

Stefano Milianidi Stefano Miliani   

“La cultura in libertà è stata vissuta con entusiasmo e questo entusiasmo è stato la Movida”: lo dichiara nell’intervista che segue Miguel Trillo, artista e fotografo che espone al Museo di Roma in Trastevere in piazza S. Egidio una scelta dei suoi scatti su quella esplosione di creatività che è stata la Movida spagnola tra i secondi anni ’70 e gli anni ’80.

Con oltre 60 scatti, Trillo immortala ribelli con eleganza, ragazze e ragazzi attirati dal piacere e, al contempo, dalla volontà di rompere schemi culturali, estetici, come testimonia il fotografo stesso. Protagonisti erano personaggi spesso notturni, inquieti, esuberanti, in luoghi dove la gioia di vivere e l’inquietudine si manifestavano attraverso tanta musica, moda, arti varie a Madrid e nelle altre città. Con l’ombra però dell’eroina, come ricorda Trillo stesso, fino al diffondersi dell’Aids che affievolirà quello spirito vitale collettivo. Il fotografo ha saputo catturare e vivere appieno quello spirito in cui, racconta, ha avuto “un ruolo molto importante” il regista Pedro Almodóvar: “Il successo internazionale di Almodóvar ha contribuito molto a diffondere la Movida come movimento creativo”. Non ultimo Trillo rivendica di essersi “divertito tanto”. Che può essere una buona ragione per riflettere su quegli anni che hanno lasciato il segno per lo meno in buona parte d’Europa. 

La mostra, curata da Héctor Fouce, è aperta fino al 30 aprile; l’hanno promossa Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e l’Ambasciata di Spagna in Italia; servizi museali di Zètema Progetto Cultura.

Clicca qui per il Museo di Roma in Trastevere

La Movida spagnola dalla fine degli anni ‘70 ai primi anni ‘80 è stato un autentico movimento di contro cultura di risonanza come minimo europea: a suo giudizio nella Spagna post-franchista aveva anche un significato politico e sociale e, se lo aveva, quale?

Al momento del passaggio dalla dittatura alla democrazia, la società spagnola era altamente politicizzata, e ancora di più Madrid, in quanto capitale del governo. Ma questa iper-politicizzazione cominciò a diminuire dopo l’arrivo della libertà e la società si orientò verso il divertimento. La cultura in libertà è stata vissuta con entusiasmo e questo entusiasmo è stato La Movida. La novità de La Movida consisteva nel connettersi rapidamente con ciò che stava accadendo musicalmente nel Regno Unito e negli Stati Uniti; quindi, non c’era la nostalgia di recuperare il passato che non era stato goduto, ma piuttosto di unirsi alla New Wave, che era la colonna sonora della moderna gioventù europea dell’epoca. È significativo che, prima che il termine Movida si generalizzasse, si usasse il termine Nueva Ola Madrileña per indicare il boom musicale successivo alla libertà. Si è riflettuto molto sul vivere nel presente. Il punk aveva già detto No Future. E meno ancora, guardare al passato.

La Movida coinvolgeva più arti, dalla musica alla moda, dalla fotografia al cinema e altre forme espressive: secondo lei era una cultura che voleva rompere schemi sociali consolidati o no?

Non gli schemi sociali in sé, ma gli schemi estetici. Ma ha introdotto nuove abitudini culturali (concerti rock, nuove tribù urbane), è stato un modo per rompere gli schemi di una società dai vecchi costumi, il Paese si è modernizzato più velocemente di quanto si pensasse, non c’era nostalgia di nulla, ma voglia di divertirsi.
Più che staccarsi, quello che volevano era mettersi alla pari con quello che succedeva nel Regno Unito e negli Stati Uniti, come fan, ammiratori, non per competere con la musica proveniente dall’estero, cosa che sarebbe stata impossibile, in quanto mancavano le infrastrutture culturali. Di fronte alla potente industria musicale delle multinazionali, sono nate le etichette indipendenti, dove molti gruppi della Movida hanno registrato. Vengono pubblicate le fanzine, che rompono il monopolio dell’informazione musicale detenuto dalle riviste a grande tiratura. Le stazioni radio FM sono state la chiave per propagare tutto questo desiderio di modernizzazione. Anche se ora, in alcuni settori politici, c’è una revisione critica di quell’eccesso di divertimento ed è stato accusato di frivolezza e di non aver avuto alcun impegno sociale.

Miguel Trillo al lavoro. Foto di © César Espada. Dalla mostra “La movida. Spagna 1980-1990” al Museo di Roma in Trastevere, 2023

Come fotografo cosa la stimolava di più della Movida di Madrid? E quanto si divertiva nel fotografare la Movida, i suoi protagonisti, i locali, la notte?

C’è un parallelo tra la Movida di Madrid e la Dolce Vita romana: i fotografi erano la sua cinghia di trasmissione. Ma a differenza della Dolce Vita, nota per il cinema, la Movida è conosciuta più per la musica e la moda dei giovani di strada, le tribù urbane. Ha più della Swingin’ London degli anni ‘60. L’esistenza di una generazione di grandi nomi della fotografia spagnola legati alla Movida (García-Alix, Pérez-Mínguez, Ouka Leele...) significa che esisteva un livello artistico, non solo nella fotografia, ma anche nella pittura e nel fumetto: Ceesepe, El Hortelano, Pérez-Villalta, Martín Begué ... 
Io mi sono divertito tanto perché eravamo una nuova generazione molto preparata e fotografare la prima generazione giovane che aveva perso la paura di essere ripresa con le immagini mentre si divertiva, è diventato molto importante nel tempo e, per questo motivo, c’è sempre più interesse per il mio archivio di quegli anni.

Clicca qui per il sito di Miguel Trillo

C’è qualche momento o situazione divertente o drammatica che per lei ha avuto un significato speciale? Può raccontarcelo?

C’è una canzone inno del 1980, intitolata "Enamorado de la Moda Juvenil", del gruppo Radio Futura, che riflette la gioia di un giovane vestito all’ultima moda che passeggia per il centro di Madrid. Ma oltre al divertimento e all’edonismo, ci sono stati anche momenti drammatici. Ricordo che nel settembre 1980 al concerto dei Ramones, in un grande spazio all’aperto, ci fu una valanga di pubblico. Ero lì, dietro una recinzione di sicurezza, a scattare foto del concerto con altri fotografi e abbiamo aiutato, insieme al servizio di sicurezza, a rimuovere alcune recinzioni per evitare che le persone delle prime file venissero schiacciate. Ci sono stati feriti, ma pochi, e l’esibizione della band non è stata interrotta. Non c’era ancora molta esperienza sulle misure di sicurezza e sul controllo della folla e degli spettacoli. Per questo motivo, nel 1983 ci fu un incendio per motivi sconosciuti nella discoteca Alcalá 20, un locale del circuito La Movida, in cui morirono 82 giovani. Fortunatamente quel venerdì non c’ero. In seguito, la legislazione sull’intrattenimento divenne più severa e a metà del 1984 la frenesia cominciò a scemare, forse anche perché le persone erano diventate più adulte. Anche la comparsa dell’Aids ha contribuito a controllare la dissolutezza.

In Italia tra gli esponenti della Movida spagnola pensiamo anzi tutto ad Almodóvar e ai suoi film: quale ruolo ha avuto secondo lei il regista nel diffondere lo spirito della Movida spagnola?

Un ruolo molto importante. Nei primi due film di Almodóvar (“Pepi, Luci, Bom...” del 1980 e “Laberinto de Pasiones” del 1982), contemporanei a La Movida, la musica era fondamentale. Anche per promuovere "Laberinto de Pasiones", Almodóvar formò un gruppo musicale, che finì per diventare un duo iconico della Movida: Almodóvar & McNamara (Pedro Almodóvar e Fabio de Miguel). Allora tutto era incentrato sulla musica. La Movida non può essere compresa senza di essa. E il successo internazionale di Almodóvar ha contribuito molto a diffondere la Movida come movimento creativo.

Oggi cosa rimane? Con il termine “movida” in Italia intendiamo il semplice concentrarsi di giovani in un’area urbana piena di locali dove si consuma soprattutto alcool e dove la vita degli abitanti viene messa sotto pressione. A Roma accade in quartieri come Trastevere o esempio, San Lorenzo. Ritiene che sia sopravvissuto qualcosa dello spirito originale?

Movida è una parola che ha trasceso a livello internazionale, come è successo nel XIX secolo con il termine Guerrilla, che è stato utilizzato in altre lingue. Movida era una parola gergale usata per riferirsi a transazioni di droga o a risse e discussioni. Ma ha cambiato significato e ha cominciato a essere usato come sinonimo di divertimento, attività festosa, movimento musicale, uscite notturne. E oggi è una parola che si ricollega a quel periodo degli anni Ottanta.
Ogni generazione porta con sé la propria musica, la propria voglia di divertirsi, e questo ha continuato ad accadere in Spagna, ma in modo naturale, senza la frenesia della prima volta in libertà dopo una terribile guerra civile di tre anni e 40 anni di regime militare. Per i settori delle generazioni successive è rimasto sinonimo di spontaneità, freschezza, spirito di trasgressione e libertà. Ma non bisogna dimenticare che ci furono anche molti decessi dovuti al consumo di eroina, una droga che allora non era così disapprovata come oggi.

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Su quegli anni in Italia potete leggere questi articoli. 

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Stefano Milianidi Stefano Miliani   
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