Quando un quartiere popolare dialoga con artisti e musicisti: ecco cosa succede al Giambellino di Milano
Un confronto tra abitanti e artisti è un'esperienza speciale. L’antropologa Marta Meroni descrive il progetto dell'associazione Milano Mediterranea in occasione del “Twiza Fest”

Nel quartiere popolare del Giambellino di Milano gli abitanti e un’associazione hanno scelto progetti d’artista e hanno dialogato su temi come l’identità di genere, la propria identità, la vita quotidiana del territorio. È accaduto con l’associazione Milano Mediterranea e un progetto fondato sul confronto, sul dialogo, su esperienze condivise insieme ai residenti: non è qualcosa piovuto dall’alto. Gli esiti benefici di questi incontri ravvicinati di vario tipo si possono misurare sabato 26 e domenica 27 giugno al “Twiza Fest”, manifestazione che conclude un anno di incontri, laboratori, arte metropolitana, produzione culturale con la crew di Milano Mediterranea. “Twiza”, avvertono gli organizzatori, viene dal berbero e significa “fare insieme” (per info e ingressi clicca qui).
Un quartiere misto e vitale
Il quartiere del Giambellino nel sesto Municipio di Milano, a sud-ovest dal centro, conta 31.600 abitanti di cui il 26,25% di origine straniera, stando a quanto ha attestato un rapporto sulle periferie del gruppo G124 2015 formato da quattro architetti e due tutor che ha lavorato nel quartiere Giambellino-Lorenteggio. Qui la crew ha creato programmi di “condivisione e co-progettazione” cui hanno partecipato come residenza d’artista il duo dei Mombao, Giorgia Ohnaesian Nardin, Emigrania.
L’antropologa Marta Meroni: “Artisti scelti insieme ai residenti”
L’antropologa culturale Marta Meroni descrive l’esperienza compiuta: “Il festival è l’occasione per raccontare cosa ha fatto Milano Mediterannea al Giambellino, per restituire al quartiere il lavoro fatto con gli artisti coinvolti e con i giovani”. Cosa hanno realizzato, tanto per fare qualche esempio? “Abbiamo costituito un comitato di quartiere tramite passaparola oppure coinvolgendo chi fa volontariato per realizzare una programmazione culturale insieme a chi vive il territorio”, risponde l’esperta. “Con loro abbiamo aperto una call per raccogliere progetti di artisti preferibilmente dal bacino mediterraneo, non necessariamente italiani o europei, perché l’associazione ha un approccio decoloniale all’arte. Abbiamo ricevuto una cinquantina di progetti, potevamo finanziare tre residenze artistiche e con il comitato di quartiere ne abbiamo scelti tre: di Emigrania, di Giorgia Ohanesian Nardin, di Mombao”.
“Abbiamo discusso di vita quotidiana con il comitato di quartiere”
Il metodo di selezione è illuminante: “Con il comitato di quartiere si è discusso sulla vita quotidiana del quartiere, su cosa è urgente trattare, su quali strumenti di espressione potrebbero essere più funzionali per gli abitanti. Al contempo sono state dibattute alcune tematiche. Giorgia Ohanesian Nardin per esempio è una danzatrice attivista italo-armena che attraverso il corpo individua traumi legati all’identità di genere, a stereotipi del corpo, all’oppressione. Diversi giovani del comitato hanno sentito che era molto urgente portare questo tema tra i coetanei nel Giambellino perciò Giorgia Ohanesian Nardin si è confrontata con loro e ha tenuto laboratori gratuiti”. Le residenze d’artista dove si sono tenute? “Non abbiamo uno spazio fisico nel quartiere, gli artisti sono stati ospitati in più luoghi scelti con il comitato”. E il metodo di lavoro? Per esempio Mombao? Il duo milanese, formato da Damon Arabsolgar (sintetizzatori, cantante della band Pashmak) e Anselmo Luisi (batterista e percussionista tra l’altro nelle Luci della Centrale Elettrica), ha prima ritratto più abitanti, poi ha mescolato le immagini in un database. Parallelamente un laboratorio di illuminotecnica e fonica e uno di musica trap, dice Marta Meroni, “hanno permesso un contatto con chi spesso ha meno possibiltà di espressione, per esempio molti adolescenti”.
L’esperta: “Le persone hanno potuto raccontarsi”
Un fatto è centrale: “Si è creata una rete in un quartiere a forte caratterizzazione popolare, molto eterogeneo – osserva l’antropologa – È un territorio con sacche problematiche e allo stesso tempo ha una attivazione sociale molto bella e concreta che avvicina le persone. L’associazione si è inserita in un flusso di lavoro già presente”. Su tutto, “a contatto con questi artisti le persone hanno potuto raccontarsi in modo più libero e meno vincolato rispetto a certe narrazioni dei media, dei politici, di altre persone, hanno avuto uno strumento in più per reimmaginare la realtà quotidiana. È un’opportunità: c’è chi a coglie, c’è chi la svaluta, chi la respinge, e noi non vogliamo annientare il conflitto. Un confronto sano sulle cose della vita era uno degli obiettivi dell’intero progetto”.
Il Twiza Fest conclude un anno di lavoro che è stato un po’ come un inizio, per l’associazione Milano Mediterranea: “Proponiamo un modo di fare arte non relegata a musei o gallerie per intervenire nel mondo – conclude Marta Moreni – è un modo di fare politica, non partitica. Finora siamo molto contenti di come il quartiere del Giambellino ci ha accolto”.