Vita e drammi delle pittrici, Melania Mazzucco: “L’arte rivendica un posto per loro nella storia”

Parla la scrittrice che con il libro "Self-Portrait" ha composto una corona di ritratti di artiste in lotta contro i pregiudizi. "I loro dipinti ci dicono di cosa siamo capaci noi donne", dice in un incontro pubblico.

Non è stata una distrazione: nella civiltà occidentale troppe artiste sono rimaste ai margini, oppure ignorate, semplicemente perché donne, non per altri motivi. La parità, anche da noi, è troppo lontana, basti pensare agli stipendi spesso diversi a parità di incarico. Accade anche nella cultura. Ci rinfresca infatti la memoria Melania Mazzucco, narratrice che sa avvincere con le sue narrazioni sull’arte, avendo da poco pubblicato un libro ricco di storie rivelatrici e appassionanti, “Self-Portrait. Il museo del mondo delle donne” (Einaudi, 248 pagine, 30 euro).

“È l’arte che rivendica un posto per loro nella storia”

Dalla bolognese secentesca Elisabetta Sirani alla nostra contemporanea Giosetta Fioroni, la romanziera già premio Strega con Vita conosce bene la materia artistica e ha composto una corona di ritratti scegliendo un’opera emblematica per ogni pittrice. “È l’arte stessa che rivendica un posto per loro nella storia”, afferma nel video di Tiscali Cultura girato in una presentazione pubblica al museo Pecci di Prato dove l’ha intervistata il direttore Stefano Collicelli Cagol. “Il diritto delle donne all’istruzione viene negata in molte parti del mondo, quando i diritti vengono ‘concessi’ possono essere anche tolti”, ricorda l’autrice.   

Self portrait, le pittrici raccontate da Melania Mazzucco

“Elisabetta Sirani dal '600 ci dice di cosa siamo capaci noi donne” 

Self-Portrait”, osserva Melania Mazzucco davanti alle donne e agli uomini venuti ad ascoltarla, è nato con la radio-televisione svizzera-italiana, rientra nel suo personale “Museo del mondo” di cui scrive da quando iniziò una serie di articoli su Repubblica. Apre il volume “Porzia che si ferisce alla coscia” dipinta dalla bolognese Elisabetta Sirani nel 1664: “Per me è il manifesto del libro e di tutte le artiste. Raffigura il momento in cui Porzia si ferisce per dimostrare al marito Bruto di esser degna di partecipare alla lotta politica. Nelle sue ‘Vite’ Plutarco fa un discorso potente: lei dice a Bruto ‘non sono la tua concubina, sono la tua sposa, e ti dimostro che ho la forza morale per sopportare la tua vita’. Dietro la pittrice dipinge le ancelle che fanno i lavori femminili, il ricamo, i merletti. Elisabetta Sirani ci dice che noi donne siamo capaci anche di questo e firma il quadro come a rivendicare la dignità della propria arte. Sognava di viaggiare, invece fu reclusa in casa dal padre. Quest’opera vale per tutte le altre”.

Berthe Morisot, il quadro sulla sorellanza  

Il libro è scandito da capitoli tematici sulle fasi della vita: dalla nascita e l’infanzia alla vecchiaia passa per l’adolescenza, la giovinezza, l’erotismo, la gravidanza, l’aborto e via dicendo. La scrittrice al Pecci cita “La culla” carica di affetto dell’impressionista Berthe Moriset del 1872, oggi al Museo d’Orsay: “È un quadro intimo e domestico […], trasmette un’impressione di immediatezza e autenticità – scrive a pagina 20 – È dipinto infatti dal vero, poiché la donna accanto alla culla è Edma Morisot, sorella maggiore della pittrice e pittrice a sua volta. Questo è anche un quadro dolce e malinconico sulla sorellanza”.
“Le due sorelle crescono insieme – ricorda al microfono Melania Mazzucco – Manet dirà ‘peccato siano donne’ perché sono brave pittrici. La sorella si sposa, fa una bambina e smette. Berthe troverà un compagno e marito che non l’avrebbe distolta all’arte”.

Giulia Lama, l’erotismo che gli uomini non volevano vedere 

Ogni pagina intreccia la biografia alle opere. Un ampio capitolo sul lavoro, rimarca l’intervistatore in sala Collicelli Cagol, fa intendere bene come per le donne sia stato difficile “aggiornarsi, accedere agli strumenti a disposizione degli uomini”.  “Quasi tutte le pittrici scelte sono figlie d’arte, di pittori, solo grazie a questo sono riuscite ad avere una formazione”, risponde Melania Mazzucco e cita Giulia Lama, pittrice veneziana del ‘700 di cui ha selezionato nel capitolo sull’erotismo uno stupefacente e sensuale nudo femminile a carboncino e gessetto bianco: “Lottò tutta la via coi pregiudizi dell’ambiente artistico – scrive a pagina 67 la narratrice – i critici accademici la stroncavano come falsa, artificiosa e grossolana e i pittori la perseguitavano. Verbo forte, ma usato da un testimone oculare, l’abate Antonio Conti, che nel marzo del 1728 visitò il suo studio, vide i suoi quadri in lavorazione, e – unico tra i suoi contemporanei – ebbe per lei parole di vero apprezzamento”.
“È un disegno bellissimo ma non è stato visto – racconta al pubblico pratese nell’incontro – Giulia Lama è sola, irrisa perché vuole dipingere pale d’altare, le si rimprovera di essere brutta, vive facendo la merlettaia”.

Carol Rama, l'acquerello sovversivo 

A proposito di erotismo l’autrice a pagina 117 scrive di un acquerello del 1941 di Carol Rama: “è la stanza di un manicomio femminile. Così come la sogna una donna che sa di esservi attesa, se sarà chiamata a rispondere dei suoi pensieri sovversivi e scostumati dalla legge”. “Fa parte di una serie di acquerelli che Carol Rama non espose mai e furono riscoperti da Lea Vergine. La mostra che doveva esporlo fu chiusa per oscenità prima di aprire – rammenta in pubblico la scrittrice -  Nel 1941 offre un’immagine sovversiva della sessualizzazione, la donna viene mutilata, ha manifestato un modo di essere donna che la società essere donna che la società non è pronta ad accettare. È il più provocatorio dei quadri del libro”.
Un libro, varrà aggiungere, che è anche un appassionante compagno di viaggio perché invoglia a vedere le opere di queste autrici, tanto che siano molto note come Artemisia Gentileschi, Frida Kahlo o Georgia O’Keeffe, o che abbiano nomi meno noti, non meno validi.