David LaChapelle si racconta: “Fotografo l’amore per tutti, la gioia, le celebrità con tanta fede”

Intervista al fotografo americano che ama i colori squillanti per una mostra alla galleria Deodato di Milano: “Nei primi anni ’80 gli amici e il mio fidanzato morivano per una malattia misteriosa. Da quel caos nacque l’urgenza di rappresentare un mondo nuovo”

Il glamour e tanta fede. La convinzione che esista l’amore divino e che sia per tutti senza distinzioni di generi o gusti sessuali. Il ricordo terribile di una malattia misteriosa che nei primi anni '80 iniziò a falcidiare amici e il fidanzato ed era l’Aids. Un moto costante di gioia per la bellezza del genere umano da rappresentare con colori vividi, squillanti. Fotografare persone famose come Naomi Campbell, Britney Spears o Stevie Wonders sapendo che si fidano di chi è dietro l’obiettivo. David LaChapelle è una personalità sfaccettata e si racconta in questa intervista in occasione di “Poems and Fevers”, poesie e febbre, titolo efficace per la mostra alla galleria Deodato arte di Milano dal 17 novembre al 17 dicembre curata da Gianni Mercurio.

Il fotografo nato nel 1963 ad Hartford, nel Connecticut, iniziò lavorando per la rivista Interview di Andy Warhol, artista che in questa intervista inserisce tra le sue fonti di ispirazioni insieme a Michelangelo, Sebastiano del Piombo, David Hockney, Georgia O’ Keefe e a fotografi come Richard Avedon e Nan Goldin.   

LaChapelle impagina situazioni volutamente eccessive, glamour, come fossero fotogrammi di un film fantasioso e torna a Milano dopo aver esposto da aprile a settembre al museo Museo delle Culture - Mudec con la corposa mostra “I Believe in Miracles”. La galleria Deodato Arte ha sedi a Milano, Roma, Porto Cervo, Chia, Pietrasanta, Courmayeur, Bruxelles e St. Moritz, dal 2010 si concentra sulla contemporaneità e, come logico, mette le foto in vendita.

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Mr. LaChapelle, le sue opere sono spesso ispirati a capolavori dell’arte come la Venere di Botticelli o gli affreschi Michelangelo nella Cappalla Sistina. In che modo il Rinascimento italiano ha influenzato il modo con cui rappresenta scene e persone?

Le opere figurative dal Rinascimento italiano hanno una grande espressività. Due che mi vengono in mente sono la Pietà e lo Schiavo morente di Michelangelo. Per me la fotografia è raccontare storie, pertanto è essenziale usare figure e comporre la forma e l’espressione di ogni personaggio. Nel Rinascimento troviamo una grande attenzione ai dettagli degli occhi, delle mani, dei piedi. Come vediamo anche l’uso delle gradazioni e delle proporzioni. Nelle mie foto lavoro molto su quei medesimi dettagli.

Quali pittori e fotografi l’hanno maggiormente influenzata?

Michelangelo e Sebastiano del Piombo naturalmente, specialmente nei termini con cui interpretano l’immaginario cattolico. Per quanto riguarda paesaggi e illuminazione, mi ispirano molto Vermeer e Odilon Redon. Quando ci spostiamo ai pittori del XX secolo, mi affascinano gli stati d’animo creati da Edward Hopper, la gioia di David Hockney e la solitudine di Georgia O’Keefe. Mi ha influenzato molto anche il glamour tabù delle serigrafie di Andy Warhol e la sua celebrazione della cultura pop. Nel corso del mio lavoro ho reso omaggio a tutti questi pittori o mi sono ispirato a loro. In termini di fotografia, Richard Avedon è una delle mie influenze più forti. Ammiro anche Nan Golden e il suo libro “The Ballad of Sexual Independency” mi impressionò molto.

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Una delle caratteristiche principali del suo lavoro è impiegare colori iper-saturati: come mai?

Non affronto la fotografia da una posizione tecnica, pertanto l’idea di colori “saturati” mi è nuova. Mi rendo conto che nel software dell’editing fotografico esiste una configurazione chiamata “saturazione” che in effetti cambia il colore. Per decadi nella camera oscura ho scelto manualmente la tavolozza del colore. Quando iniziai, molto di quanto si vedeva nella fotografia era in bianco e nero. Era l’epoca del grunge. Volevo imboccare una direzione diversa e usare colori che riflettessero la gioia. Per me il colore è così importante, cerco perfino di chiudere gli occhi e immaginare colori che non sono stati mai visti. Di recente un curatore mi ha detto di aver notato che lavoro con una tavolozza cromatica più morbida, il che ha senso perché molto del mio nuovo lavoro è più intimo e personale invece che audace vibrante.

Molte delle sue immagini fondono temi religiosi in un mondo di fantasia. Quale ruolo ha la religione (e quale religione) nella sua opera?

Per tutta la vita ho sempre avuto una fede forte. La fede era un tema profondo nel mio lavoro degli inizi e ho reintrodotto i temi della fede nella religione nelle mie opere più recenti. Da giovane fotografo mi ero appena trasferito a New York quando incontrai il mio primo ragazzo. Io avevo 19 anni, lui 21. Abbiamo vissuto insieme per tre anni e nel 1984 morì improvvisamente per una nuova misteriosa malattia. In breve tempo, molti dei miei amici in città morivano per quella malattia. Ricordo di aver chiesto a Dio “perché sta accadendo questo?” Sentivo lo smarrimento tutt’intorno e mi convinsi che io stesso non avrei superato i 24 anni. Da quel caos emerse l’urgenza di creare e di rispondere alla domanda “Dove va l’anima?” Iniziai a lavorare nella camera oscura dove pitturavo a mano i negativi delle immagini che rappresentavo usando amici, amanti, ballerini e le persone intorno a me per rappresentare angeli, santi, martiri e amici in un “mondo nuovo”. Sentivo che mi guidava qualcosa oltre me stesso e mi convinsi che la fede mi era assolutamente necessaria per continuare a vivere e lavorare.

 

David LaChapelle, Rebirth Of Venus, Hawaii, 2009 © David LaChapelle

 

Lei ha fotografato persone molto famose come Naomi Campbell, Michael Jackson, Britney Spears o Leonardo DiCaprio e tanti altri. Il comportamento o il lavoro cambiano quando ha davanti a sé una pop star? Avverte maggiore responsabilità?

Lavorare con persone molto note di sicuro può aggiungere pressione in qualsiasi ambiente di lavoro. Come in qualunque  professione, da ogni esperienza di lavoro diversa con personalità differenti ne consegue un’esperienza unica. Negli anni sono diventato più sicuro delle mie opinioni. Sono più consapevole della responsabilità della mia opera d’arte per la natura di quanto influisce in connessione con le celebrità. Sono alquanto saldo sul tipo di foto che creo adesso (niente violenza gratuita, nulla di oscuro o che celebri il male). Sono fortunato perché molti dei miei soggetti famosi come Stevie Wonder, Kim Kardashian e Ye si sono fidati di me nel collocarli in scenari ispirati alla Bibbia.

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Ritiene che il nostro pianeta sia sul punto di un’apocalisse o, almeno, sull’orlo di un precipizio? Pensa che siamo consapevoli di quanto sta accadendo intorno a noi? Queste domande insorgono dal guardare alla sua serie “After the Deluge”, “Dopo il diluvio”.

Durante le interviste alla stampa per la mia mostra attuale a New York “Make Believe” mi sono ritrovato a parlare in profondità sullo stato del mondo su argomenti come il clima e la guerra. Cosa intendo fare adesso è mostrare la magnificenza dell’umanità, la fragilità della natura e la promessa della fede attraverso scenari vari. In “Deluge” (2007), una raffigurazione contemporanea di un’enorme alluvione, si vedono estranei aiutarsi l’un con l’altro per raggiungere un terreno più alto. Nella serie “New World I” immagino un paradiso utopico dove tutto è perdonato, nell’ultima serie “Sculpture Garden” do risalto alla bellezza della natura tramite immagini molto dettagliate di fiori vivaci.

Lei espone frequentemente in Italia. L’attuale governo italiano, di destra, ha parlamentari fortemente omofobici o che ritengono che una famiglia debba essere formata solo da un uomo, una donna e dei figli. Negli Stati Uniti molti libri vengono banditi dalle biblioteche perché alcune organizzazioni li contestano e dicono che non promuovono valori “tradizionali”. Cosa ne pensa?

Ci sono molte voci e argomentazioni nel mondo e sembra che nessuno ascolti l’altro. Ritengo di esprimere meglio cosa penso attraverso le mie opere d’arte. In tutta la mia carriera ho abbracciato e celebrato tante persone e idee diverse e sono grato del fatto che l’umanità sia così unica. Sono un grande fan del compianto predicatore Carl Bean Jr. dalla Unity Fellowship Church di Los Angeles: scrisse una canzone, “Born This Way”, che successivamente ispirò una canzone con lo stesso titolo di Lady Gaga. Nella sua chiesa uno stendardo recitava “Dio è amore e l’amore è per tutti”. Ho usato questo slogan in uno stendardo sul fondo di un’immagine che ho creato con Lana Del Rey.