Futurismo, arte e polemiche. C'è attesa a Roma per la mostra degli scandali
Critici e collezionisti storcono il naso, la trasmissione Report solleva dubbi. Sarà un flop o un successo?

L’arte non finisce mai di stupire, nel bene e ultimamente nel male. Quel che è certo è che spesso il chiasso intorno a mostre e musei poco a che vedere con le opere quanto con il fitto sottobosco di curatori, galleristi, critici e talvolta politici. È questo il caso toccato in sorte a “Il Tempo del Futurismo”, grande retrospettiva sulla corrente del Novecento, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, in programma dal 3 dicembre 2024 al 28 febbraio 2025 a cura di Gabriele Simongini.
Un movimento inquieto
Il Futurismo ha sempre portato con sé una vena polemica, oltre alle caratteristiche di rottura insite nei lavori dei suoi rappresentanti e ben illustrate da Tommaso Marinetti nel Manifesto del movimento, si aggiunsero gli atteggiamenti considerati un po’ troppo istrionici e poi, certo, l’essere coinvolti in qualche modo nella propaganda fascista. Oggi una rilettura a freddo di questi elementi potrebbe farci sorridere ma forse, vista l’attuale situazione al governo della Repubblica Italiana, dietro il sorriso si cela un po’ di inquietudine.
Le polemiche
Tante, tantissime polemiche ruotano intorno a questo evento e sono di natura varia. Si parla di grandi assenze nella scelta delle opere da esporre, di privilegi accordati a galleristi vicini ad esponenti del governo, di inadeguatezza dei curatori, di una pessima gestione delle richieste di prestito ai privati, prima contattati e poi in larga parte liquidati con un semplice messaggio. A fronte poi delle 650 opere previste e diventate poi la metà i costi sembrano essere lievitati. In molti hanno esternato i loro dubbi sul reale valore di questa mostra e prospettato che potrebbe trattarsi di un grande flop. Il rischio che l’evento sia ricordato più per voci di corridoio, articoli al vetriolo e servizi televisivi che portano l’attenzione su eventuali conflitti d’interesse è in effetti alto.

Facciamo ordine
Il primo dubbio sollevato è per il co-curatore della mostra Alberto Dambruoso, prima coinvolto nella gestione dei prestiti delle opere e dopo un anno e mezzo invitato a fare un passo indietro per via di voci definite irriguardose nei suoi confronti ma non meglio specificate. Lo stesso curatore Simongini ha dovuto chiarire le motivazioni della scelta operata prima dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano, e confermata dall’attuale Alessandro Giuli, che lo vede alla guida della mostra. Ci sono poi i tagli definiti selvaggi delle opere, non certo in senso letterale, ma l’esclusione di tanti pezzi, compresi quelli richiesti ai privati poi rifiutati per presunti aggiustamenti al budget, ha fatto inarcare più di un sopracciglio. Si teme ci siano notevoli carenze nel restituire l’immaginario completo del Futurismo per via di assenze definite fondamentali da molti critici. Entra nella polemica anche il gallerista Fabrizio Russo, accusato di esser stato scelto come mediatore con i privati per poter promuovere la sua galleria. Intervistato da Art Tribune Russo ha dichiarato: “La Galleria non trae alcun profitto dall’attività di prestito per conto di suoi collezionisti, facendo solamente da tramite tra le istituzioni e gli stessi per motivi di privacy”. Il servizio televisivo mandato in onda da Report alimenta il fuoco sottolineando come le lunghe mani della politica potrebbero avere irrimediabilmente inquinato l’evento. Intervistato da Giorgio Mottola, nel servizio andato in onda qualche giorno fa, lo storico dell'arte Fabio Benzi, tra i maggiori esperti di Futurismo al mondo, ha dichiarato: "Erano d'accordo su tutto, c'era un lunghissimo protocollo che era stato intrapreso e concordato. Cioè, erano d'accordo su tutti gli spostamenti, i costi, eccetera, ma poi c'è stato un veto totale da parte del ministro Sangiuliano che sulla mostra sul Futurismo ha deciso tutto e non l'ha fatto mai neanche Mussolini. Poi ho saputo che sarebbero andati a parlare con il ministro e c'è stato un veto totale da parte di Sangiuliano in persona il quale avrebbe detto "Questa mostra la dobbiamo fare noi", “Noi chi?” gli chiede Mottola. "Era la mostra di un italiano...Quindi non so noi chi. Forse quelli della sua parte politica, immagino". “Noi di destra?”. "Forse noi di destra" risponde lo storico dell'arte.
Insomma il polverone sollevato su più fronti assesta parecchi colpi alla macchina organizzativa. Se sarà un successo o un flop ce lo dirà solo il tempo. In tanti chiedono di rimandare l’inaugurazione a data da destinarsi per far placare i veleni e risolvere le molte questioni in sospeso ma per ora sembra che i lavori continueranno senza interruzioni.
