Roma rilegge il mito di Fidia e definisce i fregi del Partenone finiti a Londra “un saccheggio”
I Musei Capitolini raccontano con una mostra l’importanza dello scultore e “direttore artistico” del tempio di Atene e, nei pannelli, intervengono sulla disputa dei fregi al British Museum richiesti dalla Grecia

Chi era Fidia? Perché dovrebbe appassionarci uno scultore vissuto nell’Atene del V secolo a.C. del quale neanche una opera di sua mano è arrivata a noi? Ci interessa perché fu un mito, creò un modello seguito per secoli e, con una terminologia odierna, fu il “direttore artistico” del Partenone, il tempio sulla città greca dedicato alla dea Atena e momento di svolta per l’intera civiltà figurativa occidentale. Quanto sia viva la sua lezione ce lo ricorda infatti la battaglia diplomatica intrapresa da anni dalla Grecia, intenzionata a riavere dalla Gran Bretagna i numerosi componenti del fregio del tempio ateniese portati a Londra da Lord Elgin a inizio ‘800 ed esposti al British Museum da due secoli.
A Villa Scaffarelli sculture, disegni, modelli e un’animazione
Chi fosse l’artista e quale sia stato il suo enorme lascito culturale lo sintetizza con efficacia “Fidia”, una mostra a Villa Caffarelli dei Musei Capitolini a Roma fino al 5 maggio. La rassegna comprende un centinaio di pezzi tra reperti, dipinti, libri, disegni, in originale o riprodotti. Una raffigurazione riproduce la meraviglia della colossale statua di Zeus creata da Fidia e dalla sua officina.
Nel percorso non sottovalutate l’installazione animata e interrativa con proiezione in 3D dell’Acropoli e del Partenone stesso: rende l’idea di come apparisse il tempio a diverse ore del giorno e della notte, non assediato dalla città come è nella modernità, come doveva apparire al suo interno dove tra le colonne appariva la strabiliante e forse per noi anche inquietante statua di Fidia dedicata alla dea rivestita di un oro sfavillante. Dello scultore è rimasto ben poco, dicevamo. Così l’esposizione documenta alcuni pezzi a testimonianza: il fondo di una brocchetta di Fidia su cui è inciso il suo nome, com’era usanza, e un presunto ritratto del I secolo d.C.

La contesa sui marmi del Partenone al British Museum
Il tempio fu voluto dal saggio Pericle a capo della democrazia ateniese in onore della dea protettrice della città per celebrare la vittoria sui rivali persiani con un’azione tanto estetica quanto politica. Poiché entra in gioco la politica, trattando del Partenone e delle sue sculture più d’uno di voi starà certo pensando ai marmi del fregio trasportati a Londra da a Lord Elgin, al British Museum e alla campagna per riaverli della Grecia. Il fregio conservato a Londra è infatti il capitolo più eclatante nell’ampio e controverso catalogo delle opere di cui oggi giorno i paesi d’origine chiedono la restituzione.
La Grecia a distanza di due secoli li rivuole perché, sostiene, il nobile inglese comprò molti pezzi del fregio, in più casi provocando danni, è vero, ma li comprò dal potere ottomano dal quale la terra di Aristotele era allora dominata, nessuna autorità greca vendette alcunché al Lord. Il luogo adeguato dove esporli dal 2009 c’è: è il notevole Museo dell’Acropoli con vista sul colle con il tempio medesimo.
“Il Partenone sotto assedio”
Ordunque: la mostra promossa da Roma Capitale, assessorato alla Cultura, Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali, curata dal sovrintendente Claudio Parisi Presicce e organizzata da Zètema Progetto Cultura, affronta la spinosa battaglia sulla restituzione o svicola? La risposta è: pur senza farne una bandiera o il titolo, prende posizione in almeno un paio di casi. Vediamoli.
Il pannello numero 9 “Il Partenone sotto assedio” ricorda l’ “epocale trasferimento a Londra di buona parte della decorazione scultorea promosso da Thomas Bruce, VII Conte di Elgin (1766-1841)” e mette in chiaro: “Al saccheggio di quegli anni assistette, tra gli altri, l’architetto inglese Robert Smirke (1780-1867), che così commentò l’accaduto: «Fui particolarmente turbato quando vidi la distruzione compiuta per prelevare i bassorilievi sulle mura del fregio. Ogni pietra cadendo schiantò al suolo col suo enorme peso, con un rumore sordo, profondo: sembrava il gemito convulso dello spirito offeso del tempio»”.
Uno spirito “offeso” da un “saccheggio”
Uno spirito “offeso” da atti distruttivi e da un “saccheggio”. Riprendere quelle parole ha un significato preciso. Chi ha sostenuto in passato l’accuratezza dello smontaggio di Lord Elgin è stato smentito da un architetto suo conterraneo, un inglese.
Nel pannello 11 dal titolo “I marmi erranti” il testo ricorda come all’inizio dell’800 non esistesse un diritto internazionale che impediva di smembrare i monumenti. Il testo prosegue ramentando che due frammenti del fregio del Partenone esposti ora a Villa Caffarelli furono portati a Vienna dopo un bombardamento delle forze veneziane nel 1687, un secolo dopo altri marmi finirono in Francia e si trovano oggi al Louvre, mentre “altri scampoli partenonici” arrivati nella nostra penisola sono stati riconsegnati ad Atene: si tratta di un frammento dal Museo Salinas di Palermo, restituito nel 2022, e di tre frammenti dei Musei Vaticani, riconsegnati nel 2023. Il messaggio è: quei pezzi possono tornare a casa, basta volerlo.
Hitchens: “Inalterate le ragioni per restituire le statue ad Atene”
Gli inglesi stessi sono tutt’altro che uniti nel voler lasciare i pezzi del fregio al British. A conclusione del suo saggio pubblicato in Gran Bretagna nel 1987 e tradotto da noi nel 2009 per l’editore Fazi “I marmi del Partenone. Le ragioni della loro restituzione”, Christopher Hitchens scriveva: “Seppure l’ultimo greco fosse scomparso insieme alla sua lingua, la simmetria greca rimarrebbe comunque un dono unico alla cultura mondiale, e le ragioni per restituire le statue al loro luogo originario resterebbero inalterate”.
Ben prima che il Museo dell’Acropoli venisse progettato il vivace polemista chiosava: “Con un semplice gesto di generosità parlamentare, gli inglesi potrebbero diventare i cofondatori del nuovo Partenone, e i protagonisti della rinascita dell’Acropoli”. Hitchens è, rimarchiamolo, inglese. La difesa a oltranza del British Museum e del suo governo è sempre più fragile.
Un’informazione pratica per la mostra: i biglietti si acquistano alla biglietteria dei Capitolini affacciati su piazza del Campidoglio, Villa Caffarelli è sul retro del palazzo.
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Si riaccende la contesa tra Atene e Londra sui fregi del Partenone: l’articolo