Da Marilyn alle donne col velo e alla ragazza tra sguardi e fischi: quando la fotografia è donna

Torino ospita una mostra su Eve Arnold a Camera e accoglie a breve una monografica su Ruth Orkin ai Musei reali: due autrici che hanno catturato il senso del mondo grazie a intraprendenza e a uno sguardo molto originale  

Da una simpaticissima Marilyn Monroe ritratta con complicità nel deserto del Nevada ai giovanissimi lavoratori e lavoratrici in campi di patate o in fabbrica con Eve Arnold; da Lauren Bacall alla ragazza americana cui uomini italiani indirizzano sguardi e fischi alla vita metropolitana con Ruth Orkin: in questa stagione Torino ospita due fotografe di primio piano del ‘900 capaci di illuminare molti aspetti dell’esistenza, di dive e divi, del lavoro e della quotidianità.

Su Eve Arnold il Centro italiano per la fotografia Camera offre la mostra fino al 4 giugno “L’opera 1950-1980. Un inno all’emancipazione femminile”. Circa 170 le immagini. A cura di Monica Poggi, la rassegna è organizzata con l’agenzia Magnum Photos nella quale la fotografa entrò nel 1951, prima donna insieme a Inge Morath. Raccoglie invece 156 scatti “Ruth Orkin. Una nuova scoperta”, che si tiene dal 17 marzo al 16 luglio nelle Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino: curata da Anne Morin, organizzata da diChroma, è prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali e il patrocinio del Comune.

Vite parallele

I loro percorsi scorrono paralleli. Eve Arnold nacque a Filadelfia nel 1912 e morì alla soglia del cent’anni a Londra nel 2012. Ruth Orkin nacque a Boston nel 1921, crebbe a Hollywood dove la madre Mary Ruby era un’attrice del cinema muto, morì nel 1985 a New York. Erano dunque nate entrambi in grandi città degli Stati Uniti orientali; erano ebree; si sono fatte strada in un panorama professionale maschile grazie alla capacità di raccontare storie d’America e del mondo; entrambe potevano ritrarre le star senza timore; sapevano inquadrare l’attimo fuggente (come quando la Orkin immortala un uomo mentre si lancia da un palazzo sul fiume Hudson a New York); sapevano cogliere la fatica del lavoro e lo sfruttamento, come la ragazza affranta nel bar di un bordello nella Cuba degli anni ’50 o le lavoratrici in fabbrica ritratte dalla Arnold, oppure la gioia dei bambini mentre giocano per strada della Orkin; in altre parole, sapevano guardare le persone. 

Eve Arnold, tra Marlene e i lavoratori

Il centro Camera avverte di proporre anche foto mai esposte di Eve Arnold. Peccato che l’agenzia Magnum autorizzi a pubblicarne solo quattro perché qualche immagine in più darebbe miglior conto della mostra ma tanto in rete potete trovare un ampio repertorio. Indimenticabili sono i suoi ritratti di Marilyn Monroe mentre legge un romanzo complesso quale l’ “Ulysses” di James Joyce, mentre è sul set del film “Gli spostati” in Nevada, mentre ride tra le lenzuola. “Metaforicamente parlando il suo lavoro cade a metà fra le gambe di Marlene Dietrich (che infatti ritrasse, ndr) e la vita amara dei lavoratori migranti nei campi di patate”, disse Robert Capa con una citazione ripresa dalla mostra torinese e che incornicia bene la sua capacità di affrontare condizioni sociali agli antipodi.

Se il centro torinese diretto da Walter Guadagnini non trascura i ritratti di stelle quali Joan Crawford, hanno spazio i servizi sulla comunità afroamericana: dal leader delle Pantere nere Malcolm X alle sfilate di moda ad Harlem, a New York, snobbate dai bianchi, con foto che i giornali americani rifiuteranno mentre nel 1951 le accetterà il londinese “Picture Post”. Tra bambine, studentesse, reparti di maternità negli ospedali (lei perse un figlio nel 1959) Eve Arnold firmerà reportage  oggi di attualità terribile, come quelli sulle donne con velo in Medio oriente e le afghane che, nel 1979, pur con il velo potevano studiare a scuola.
Catalogo pubblicato dalla nuova casa editrice Dario Cimorelli editore.

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Ruth Orkin, American Girl in Florence, Italy, 1951, vintage print. Alla mostra ai Musei reali di Torino “Ruth Orkin. Una nuova scoperta”

Ruth Orkin, storie di star e di vita

Passando ai Musei reali diretti da Enrica Pagella, nella nota stampa Anne Morin mette in chiaro il valore della fotografa: “Mi è sempre sembrato che Ruth Orkin non abbia ricevuto il riconoscimento che merita  Voleva essere una regista ed, essendo un mondo cinematografico maschile, ha dovuto trovare il suo posto altrove. Non ha rinunciato al suo sogno, ma lo ha affrontato in modo diverso, creando un linguaggio singolare, estremamente ricco e nuovo attraverso la fotografia. Il suo lavoro riguarda le immagini, il cinema, le storie e, in definitiva, la vita. Ha reinventato un altro tipo di fotografia.”

Dopo aver ricevuto in regalo una Univex da 39 centesimi, Ruth Orkin si dedicò alla fotografia, senza dimenticare il cinema: accanto a ritratti di Marlon Brando, Orson Welles, Vittorio De Sica, Woody Allen, per non dire di Robert Capa, Albert Einstein, la fotoreporter raccontava storie, passaggi, movimenti sociali. Così, dopo aver riversato in un diario fotografico con didascalie un viaggio in bici che nel 1939 da Los Angeles la portò a New York dove andò a vivere, la fotografa si tuffò letteralmente per le strade straripanti di vita e contraddizioni della Grande Mela, tra giochi di bambine, signore che sfamano gatti e poliziotti che sorvegliano un materasso abbandonato. Viveva in mezzo alle persone e si avverte una curiosità instancabile.

Non si fermerà alla metropoli dei grattacieli. In viaggio a Venezia, Roma e Firenze, nella città del giglio Ruth Orkin ritrarrà la studentessa Nina Lee Craig cui chiese di camminare in una strada attorniata da uomini dall’atteggiamento eloquente. Quello scatto resterà emblematico dei costumi degli uomini, in particolare degli italiani, farà storia e può dire moltissimo anche sull’oggi. In precedenza la prima monografica italiana sulla fotografa si è tenuta al Museo Civico di Bassano del Grappa dal dicembre 2021 al 2 maggio 2022.
Catalogo Skira.

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