Caravaggio, la vita di un genio tra risse, violenze e carcere: ora un film con un regista e un attore che non ti aspetti
I tormenti, il delitto e l'oblio. Michelangelo Merisi, il primo pittore moderno, ha vissuto un'esistenza turbolenta. Dimenticato per 300 anni, oggi è considerato uno degli artisti italiani più geniali e innovativi


Violento, rissoso, più attratto dai bassifondi sudici delle città che dai salotti nobiliari, Michelangelo Merisi detto Caravaggio deve la sua grandissima fama contemporanea a una tesi di laurea: nel 1911 Roberto Longhi, piemontese, discuteva all'Università di Torino la sua tesi proprio su Caravaggio, artista poco noto e relegato fino a quel momento tra i reietti della pittura italiana.
Longhi, poi diventato uno dei critici d'arte più famosi del Novecento, trasformò quello studio in un grande e complesso lavoro di ricerca e nel 1952 pubblicò “Caravaggio”: non è una semplice biografia ma l'opera che ha permesso di riscoprire, dopo trecento anni di oblio, lo straordinario talento di Merisi, annoverato tra gli artisti “maledetti” per la violenza della della sua pittura, il suo stile non convenzionale, la passione per il realismo più brutale anche nella rappresentazione di santi e angeli.
Trecento anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1610 a Porto Ercole a soli 38 anni, grazie agli studi di Roberto Longo il mondo ha dunque scoperto la potenza di un artista che non era più l'ultimo uomo del Rinascimento ma il primo pittore moderno. E il primo a usare il mondo reale come modello.
La pittura del reale
Si racconta che Michelangelo Merisi, nato a Milano il 29 settembre 1571 da genitori originari del paese di Caravaggio, dipingesse riproducendo scene reali come un moderno set cinematografico, e che le vedesse illuminate solo da una luce laterale, che si trattasse di nature morte, gruppi di persone o ritratti. Nei suoi dipinti più celebri, come “La conversione di Paolo”, “La crocifissione di Pietro”, “Giuditta e Oloferne”, “La flagellazione di Cristo”, “Davide con la testa di Golia” la luce non è solo un mezzo ma una rivelazione divina, e le figure sacre, angeli, divinità, personaggi biblici non sono più irraggiungibili nella loro severità ma hanno i volti e le sembianze delle persone comuni. In più di un'occasione Caravaggio dovette rifare quadri che non rispondevano alle richieste del committente, con protagonisti troppo volgari e miseri; e non poteva essere altrimenti dato che i suoi modelli venivano dalla strada, dalle locande, dai bassifondi delle città.
Una vita turbolenta
Proprio per questo dopo la sua morte la straordinaria opera di Caravaggio cadde nell'oblio: cupa, oscura, legata a una visione brutale dell'esistenza, troppo vicina alla realtà. Le sue madonne avevano i volti delle donne del popolo quando non di cortigiane e prostitute (molti riconoscono nella "Madonna dei Palafrenieri" del 1605 il volto di tale Lena Antognetti, cortigiana e amante del pittore); i santi erano vestiti alla maniera moderna con visi scavati dalla vecchiaia e dalla miseria. Impossibile poi dimenticare la vita turbolenta di Merisi, arrestato diverse volte per ingiurie, aggressioni, intemperanze e violenza.
La condanna a morte
E infine l'omicidio: il 28 maggio 1606 uccise Ranuccio Tommasoni durante una rissa, e per questo delitto fu condannato alla decapitazione immediata, a cui si sottrasse fuggendo grazie alla protezione della famiglia Colonna tra Napoli, Malta e la Sicilia. Ma la sua opera risentì profondamente del delitto per cui era stato condannato con teste mozzate dipinte che avevano il suo volto, come in “Davide con la testa di Golia” dipinto nel 1609 per il cardinale Scipione Borghese; o quella firma scritta con lo stesso sangue che sgorga dalla ferita nel quadro “La decollazione di san Giovanni Battista” del 1608 conservata nella cattedrale di San Giovanni a La Valletta, Malta.
Un genio ritrovato
Non stupisce, dunque, che per tre secoli Caravaggio sia stato relegato all'oblio. Già pochi anni dopo la sua morte il pittore francese Nicolas Poussin scriveva che “Era venuto per distruggere la pittura”, e la Chiesa di Roma ebbe una grande parte nell'oscurare il nome di un artista dalla morale non proprio candida. Oggi, grazie alla passione di Roberto Longo e a tanti altri studiosi che hanno contribuito alla riscoperta di Caravaggio, il mondo si è riappropriato del genio caravaggesco: a lui sono dedicate mostre, monografie, saggi, ricerche, documentari, sceneggiati e perfino due fumetti firmati da Milo Manara. A brevissimo vedremo sul grande schermo l'ultima creazione dedicata al Merisi: "L'ombra di Caravaggio", per la regia di Michele Placido, con Riccardo Scamarcio nei panni dell'artista. Il film, nelle sale dal 3 novembre, sarà presentato in anteprima al Festival del Cinema di Roma tra 13 e 23 ottobre.