Con lei la Treccani ha consacrato la street art, “Parlo di sentimenti e legami”: chi è la mitica Alicè
L’istituto dell’Enciclopedia italiana pubblica un volume sulla street artist romana Alice Pasquini: un riconoscimento ufficiale verso l’arte urbana. Come dice l’autrice a Medici senza frontiere, la sua opera “parla dei sentimenti umani e dei legami”
“La poetica che ritraggo sono piccoli momenti di transizione: non c’è niente di compiuto, è sempre una forma di passaggio. Sono momenti, piccole storie private e personali in uno spazio pubblico”. Chi sintetizza così il proprio lavoro sul suo profilo Instagram è la street artist Alicè, nome d’arte di Alice Pasquini, nell’incontro con la scrittrice Melissa Panarello “Le parole dell’arte” curato dalla Treccani e tenuto nella Sala Cometa alla recente edizione della fiera romana “Più libri più liberi”.
La Treccani per la street artist Alicè
Mentre l’autrice romana ha in cantiere una mostra alla Fondazione Primoli nel centro storico della capitale, alla manifestazione dicembrina della piccola e media editoria l’artista e illustratrice ha partecipato perché l’istituto che pubblica l’Enciclopedia italiana le ha riservato una monografia, “Alicè”. Si tratta di un taccuino-diario di lavoro arricchito da molto altro materiale: oltre a commenti sintetici di Alice Pasquini stessa, nata a Roma nel 1980, il volume comprende un testo critico di Vincenzo Trione, storico dell’arte, critico, professore nonché direttore, insieme a Valeria della Valle, dell’Enciclopedia Treccani dell’arte contemporanea, un testo del critico letterario e scrittore di Emanuele Trevi e un saggio della storica dell’arte Anna Luigia De Simone.
Da Belfast a Civitacampomarano senza trascurare Roma
Se il parterre di autori è una garanzia, la pubblicazione dell’istituto che incarna la cultura scientificamente alta, da anni senza snobismi, indica un fatto semplice e ricco di implicazioni al tempo stesso: si riconosce come la street art sia un capitolo essenziale del vocabolario visivo urbano. Non si tratta di apparati decorativi, di far decorazione: le immagini dipinte danno senso, significato, a luoghi marginali, arricchiscono lo sguardo di chi ci vive e non è poca cosa.
In tutto il mondo perché, come attesta l’artista medesima con le sue immagini su Instagram, lei spesso è salita sui ponteggi per eseguire murales in metropoli e in piccoli paesi e in ogni continente: da Sydney a Buenos Aires, da Hong Kong e Marrakech alla sede privilegiata e a lei più naturale, Roma, per poi muoversi sulla parete grigia di un condominio a Casette d’Ete nel fermano nelle Marche fino a disegnare il poster per il festival del film italiano a Malaga in Spagna.
Sempre in movimento , nell’Irlanda del Nord Alice Pasquini raffigura un uomo e una donna formato extralarge affacciati da una finestra di un vicolo di Belfast, così come interviene nel piccolo paese molisano di Civitacampomarano dove, lo ricorda la scheda online della Treccani, “ha fondato e diretto il festival internazionale di street art Cvtà Street Fest”.
“Afferma la propria identità femminile”
“Le sue opere spaziano da piccoli stencil su arredi urbani a grandi murales, spesso utilizzando materiali di riuso per le commissioni private. La sua ricerca artistica si concentra sulla rappresentazione delle donne in momenti quotidiani, lontano agli stereotipi tradizionali”, riferisce in una nota la Treccani che ha esposto i taccuini originali dal 4 al 20 dicembre scorso nel proprio spazio sull'arte nella sede nella piazza omonima nel centro di Roma. Nel comunicato stampa l'Istituto dell'enciclopedia italiana tiene a rimarcare un aspetto sociale: con la firma di Alicè l’artista “autografa e autentica i propri lavori affermando la propria identità femminile in un panorama espressivo di forte indole maschile”.
Medici senza frontiere: “Lei racconta storie vere di persone”
Benché non siano l’unico motivo, i volti femminili rappresentano un filo conduttore nelle opere dell’artista e illustratrice. La quale, è giusto aggiungere, si cimenta con la figurazione urbana perché mossa anche da una forte spinta umana, dall’attenzione verso le persone, siano donne nella quotidianità o in difficoltà oppure si trovino in situazioni di ingiustizia o di conflitto.
Al riguardo non stupisce il commento su Instagram di Medici senza frontiere riferito alle sue sagome installate al Festival della rivista “Internazionale” del settembre 2024: “Anche la guerra ha delle regole eppure ancora oggi, in tanti conflitti in tutto il mondo, i civili continuano a pagare il prezzo più alto. L'installazione della street artist @alicepasquini ha riempito ed emozionato Piazza Trento e Trieste a Ferrara durante il Festival di Internazionale, raccontando alcune delle storie vere di persone colpite da guerre in 5 diversi contesti in cui lavoriamo”.
“Un abbraccio corale”
“Questa installazione voleva essere una rappresentazione delle persone vere – conferma l’artista nella videointervista all’organizzazione umanitaria – Abbiamo voluto raccontare l’umanità che c’è dietro la guerra. Non sono delle sagome e dei numeri. Questa installazione - commenta ancora lei su Instagram - se viene vista da lontano, è come un abbraccio corale. Questa idea di rappresentazione dell’abbraccio del padre col bambino, della madre con la figlia, di un operatore di Medici e di un paziente, è un po’ quella vicinanza che vogliamo ricordare alle persone reali: dietro queste guerre che ci sembrano a volte così lontane, in realtà ci sono delle storie umane. La street art è un’arte sociale per definizione e quindi coinvolge le persone”.
Alice Pasquini: “La mia arte parla dei sentimenti e dei legami”
Queste parole sintetizzano alla perfezione lo spirito che sostiene Alice Pasquini quando si mette all’opera, sia su un taccuino da disegno come su una scala appoggiata a un muro anonimo e incolore sottraendolo all’anonimato, all’indifferenza, alla marginalità: “Tutta la mia arte parla dei sentimenti umani e dei legami”, dice ancora a Medici senza frontiere. Non sono parole dette tanto per dire: la sua opera ci svela quanta umanità la smuova interiormente.
Le vestigia di Alice alla Fondazione Primoli
Chi è a Roma o ci passa può avere un ulteriore momento di verifica: la Fondazione Primoli dal 23 gennaio al 14 febbraio organizza la mostra “Vestige”, curata da Giulia Tronfera e dal titolo linguisticamente e volutamente desueto. “Collage di figure femminili”, scrive l’Ansa e prosegue: “È una narrazione visiva che intreccia storia e contemporaneità. L’artista dialoga con il patrimonio fotografico custodito nella Fondazione Primoli e lo traduce in un racconto sulle vestigia: nonostante il trascorrere del tempo, il passato continua a parlarci e ci mostra figure femminili in bilico tra oblio e riscoperta. Sono le stesse figure enigmatiche ed eleganti che dialogano con i ritratti scattati da Giuseppe Primoli e impressi su vetro, e documentano nei loro costumi la Roma dell’Ottocento. Come un ponte visivo tra passato e presente”.
Alicè, Treccani editore, a cura di Vincenzo Trione, 448 pagine, 39 euro.
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