Adrian Paci: “La mia arte non è solo sui rifugiati, è su tutte le persone”
Parla l’artista di origine albanese e dal 2000 in pianta stabile in Italia dal simposio tenuto a Tortolì “Contemporanea. Sculptures and Places”: “L’arte è un fatto pubblico, non privato”
Nella sequenza di foto che accompagna questo articolo compare l’immagine di un gruppo di africani ammassato sulla scala di un aereo in un aeroporto assolato e con un dettaglio sconcertante: in cima a quella scala non c’è alcun aereo, si apre il vuoto. È un’opera toccante ed emblematica, adottata spesso da più media per esemplificare la condizione dei migranti, di Adrian Paci, poliedrico artista di origine albanese di 53 anni che dal 2000 vive stabilmente a Milano ed è di fatto anche italiano. “Quell’opera non è collegata solo ai rifugiati. Ognuno di noi ha vissuto l’esperienza di andare da qualche parte senza sapere dove, senza conoscere la meta”, chiosa lui. Da un lato quell’immagine è altamente simbolica della condizione dei migranti della nostra era alle porte dell’Europa, da un altro lato Paci ha ragione: chi non l’ha provata mai, quell’esperienza, quella sensazione?
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Adrian Paci, dall'Albania a Tortolì
Professionisti e nuove leve in un simposio dal clima amicale
L’autore commenta così il suo lavoro in un dialogo con il curatore e critico Martin Engler al simposio internazionale di Contemporanea “Sculptures and Places”, tenuto nel Teatro San Francesco di Tortolì, nell’Ogliastra in Sardegna, da sabato 24 a lunedì 26 settembre. Organizzata dalla Fondazione di Sardegna insieme ad AR/S - Arte Condivisa in Sardegna, e con il Comune di Tortolì e Uniss, l’Università di Sassari, la tre giorni sull’arte è stata curata da Giuliana Altea e Antonella Camarda dell’ateneo sassarese e ne va registrata subito una particolarità non così frequente in appuntamenti simili: lo ha seguito un vivace e attento gruppo di giovani curatori, critici, artisti in via di formazione selezionato tramite una “call” e ciò ha certo contribuito a creare un benefico clima informale di confronti e scambi di idee tra le professioniste e i professionisti del settore e chi si affaccia con forze nuove in questi territori. Il mangiare tutti insieme senza formalità nei locali dell’ex Bloccheria Falchi ha aiutato. Una impostazione lungimirante per un’iniziativa che merita di proseguire in futuro.
Clicca qui per il sito “Contemporanea” a Tortolì
Adrian Paci: “L’arte è una questione pubblica, non privata”
“Credo che l’arte sia una questione pubblica, non privata, nasce da esigenze che vanno oltre il singolo. Ma non basta mettersi in uno spazio pubblico e diventa arte pubblica, deve succedere un’attivazione altrimenti diventa un aborto, un fallimento”, osserva Adrian Paci nella video intervista che trovate insieme a questo articolo.
Autore di sculture, pittura, video e installazione, sul palcoscenico Adrian Paci alle spalle vede scorrere una foto tra edifici dai quali svetta una scritta al neon rossa: “We apologize for the discontent and stress that this may have caused you”, ovvero “Ci scusiamo per lo scontento e lo stress che questo può averti/avervi causato”. Cosa significa? “Una zona di Atene abitata dalla borghesia è diventata una zona di immigrati e di tensioni – racconta l’artista cresciuto venuto in Italia una prima volta negli anni ’90 – ed ero stato invitato a fare un’opera, Volevo raccogliere storie”. Qualcuno gli ha riferito quella frase, lui l’ha ripresa e le ha dato una forma visibile soprattutto quando il neon si staglia nel buio della notte o nella luce fioca del tramonto o dell’alba. “È un gesto di scuse ma chi è quel ‘noi’? Cosa vuol dire ‘noi’? Chi è quel ‘te’? Cosa vuol dire? L’opera inizia da una tensione e la mantiene, la prosegue”, chiosa l’autore stesso: “Nelle mie opere non parto solo da me stesso ma da un contesto che è un fatto collettivo, non privato”. Così ricorda la sua, di esperienza: “In Italia ho avuto subito l’etichetta di immigrato. Non l’ho negata ma mi stava stretta. Ho cercato di lavorare in uno spazio dove l’identità c’è ma non è definita e non vuole definirsi, è uno stato di attesa, non un raggiungimento”.
Clicca qui per l’intervista a Franco Carta su “Contemporanea. Sculptures and Places”
“Devo molto all’Italia e qui ho fatto l'esperienza dello straniero venuto dall'Albania”
Il passato in Albania, la vita in Italia, come ognuno di noi è Paci si sente immerso nella storia. Una foto ricorda lo sbarco di ventimila albanesi a Brindisi nel 1991 che cambiò la percezione degli italiani sull’immigrazione, mostrò che da paesi storicamente di emigrati diventavamo meta di immigrati. “Devo molto all’Italia – ricorda l’autore cresciuto oltre Adriatico quando a Tirana era sotto la dittatura socialista di Enver Halil Hoxha - Sono cresciuto disegnando gli occhi del David, copiando Leonardo, guardando il cinema italiano. Qui ho fatto l’esperienza di essere straniero, ho provato la tensione di un albanese arrivato a Milano dove i manifesti della Lega dicevano ‘Un voto in più alla Lega, un albanese in meno a Milano’ ”.
"Un artista è chiamato ad agire, ma non voglio un ruolo paternalistico"
Si sente quindi un artista politico? “Uso con precauzione le parole ‘artista politico’ – continua – Come ogni cittadino anche un artista è chiamato ad agire. Ma non voglio un ruolo dichiarativo, paternalistico. L’artista rischia di considerare gli spettatori come un suo ‘statement’, una dichiarazione, mentre io non amo considerare il pubblico come qualcuno che riceve una dichiarazione. Invece il mio lavoro deve contenere un’apertura che il pubblico attiva, deve essere privo di una dimensione dichiarativa. L’incontro deve produrre stupore ed essere carico di tensione”.
Una casa di Tirana diventa luogo di incontri
Con le sue creazioni Adrian Paci riesce in effetti spesso a disorientare e stupire. Valga una sorta di mini-chiesa in cemento aperta da tre lati, con un albero all’interno, montata in un prato in una zona nuova e periferica di Milano. Oppure un intervento compiuto sette anni fa sulla una facciata di una vecchia casa di Tirana in una zona dove le vecchie case venivano distrutte per far posto a nuovi edifici. Grazie anche alla sua opera, quello spazio è diventato anche “luogo di incontri”, luogo di una comunità. Niente approcci didascalici o paternalistici, l’agire artistico di Paci lo conferma, quanto uno scambio con le persone. L’esito artistico si fa più forte. O “intenso”, per riprendere un suo termine. Le ragazze e ragazzi applaudono convinti.